TIM perde il ricorso in tribunale, la privacy è salva

Una recente sentenza del Tribunale di Milano dà ragione al Garante della Privacy, rigettando la richiesta di TIM sul caso del "recupero clienti".

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a cura di Dario D'Elia

TIM aveva provato a farsi assolvere dall'obbligo di il rispettare un provvedimento del Garante della Privacy, ma il Tribunale di Milano la scorsa settimana le ha dato torto.In pratica l'ex-monopolista nel 2015 aveva attuato una campagna di "recupero clienti"  tramite la società di telemarketing Sentel, violando di fatto la privacy di circa 2 milioni di ex utenti di telefonia fissa. Per altro entro il 30 maggio 2017 potrebbe giungere la sanzione del Garante.

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Il problema è che "nell'anno 2015 l'intera base dati di 'clienti cessati e non consensati' ha formato oggetto, di una campagna di marketing al fine di verificare la possibilità di recuperare il consenso all'attività di marketing", come si legge nel provvedimento di allora del Garante. Insomma, TIM supponeva che la richiesta di "consenso" per effettuare nuove proposte future non aggirasse le norme.

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Si trattava di un database di 2.000.000 di unità che "ha prodotto contatti utili per circa 400.000 soggetti, all'esito della quale è stato acquisito il consenso per il 70% dei soggetti contattati". Il tutto anche se da stime interne "circa il 50% delle numerazioni presenti nella base dati (oggetto di contatto) sarebbe risultata inesistente".

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Alla fine il Garante impose a TIM di interrompere ogni attività. L'operatore fece sapere di aver avviato da inizio 2016 un nuovo sistema di controllo interno e un piano di azione per migliorare la qualità del telemarketing.

Ad ogni modo TIM decise di rivolgersi alla giustizia ordinaria poiché sosteneva che la richiesta di consenso per eventuali chiamate commerciali - dopo la disdetta - non poteva essere considerata telemarketing. Il giudice però ha ribadito il principio dell'esplicito consenso: senza di questo gli ex clienti non possono essere contattati.

L'unica eccezione è rappresentata dalla presenza degli utenti nell'elenco telefonico pubblico, ma come l'indagine ha confermato TIM nel 2015 si affidò a un suo registro interno da 5 milioni - di cui solo 3 milioni avevano dato consenso alle chiamate pubblicitarie.