"Togliamo tutti i videogiochi e abbiamo risolto tutti i problemi delle famiglie"

La settimana scorsa un 13enne dopo 12 ore di gioco si è barricato in bagno. La mamma ha chiamato la Polizia. Lo psicoterapeuta Nicolò Terminio spiega le criticità di questa vicenda.

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a cura di Dario D'Elia

"Allora togliamo tutti i videogiochi e abbiamo risolto tutti i problemi delle famiglie", ironizza il dottor Nicolò Terminio, psicoterapeuta e specialista nel settore delle dipendenze e relazioni famigliari. La battuta nasce dall'ennesimo bailamme mediatico generato da un recente fatto di cronaca.

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La settimana scorsa un tredicenne di Milano, dopo una sessione di gioco con Playstation 4 di ben 12 ore ha reagito malamente all'esasperazione della mamma. La requisizione della console ha generato un tale stress emotivo che l'ha portato a barricarsi in bagno. La mamma dopo più tentativi di dialogo e fondamentalmente il timore che la situazione potesse volgere al peggio ha deciso di chiamare la Polizia. Gli agenti, giunti sul posto, sono riusciti a farlo uscire e dopo una dura reprimenda ristabilire un'apparente normalità.

"Mi colpisce il fatto che non si sia fatto cenno alla figura del papà. È la difficoltà delle famiglie di introdurre la figura paterna. Si ha bisogno di una supplenza esterna per dare un vincolo", sottolinea Terminio.

La vicenda milanese è emblematica di una criticità che si sta manifestando in un crescente numero di famiglie: il rapporto con la tecnologia e i videogiochi. In verità, come spiega lo psicoterapeuta, sarebbe un errore considerare l'oggetto di una passione il vero problema. "Il videogioco si fa espressione di un problema di contesto famigliare", sottolinea. "Il gioco come qualsiasi altra cosa, ad esempio cibo o droga, non è l'elemento che causa il problema".

Spesso si parla di dipendenze concentrandosi solo sugli "oggetti" che le provocano, dimenticando che sono sintomi di un disagio più o meno lontano e profondo. Terminio spiega che nel videogioco, come qualsiasi altra passione, è "l'esperienza totale e totalizzante" l'elemento di criticità.

Nicolò Terminio
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"Il problema non è la tecnologia, ma qualsiasi tipo di esperienza che ti vincola e ti rende sordo al richiamo di un vincolo", dice Terminio. "La cosa importante è rendere le persone capaci di coinvolgersi profondamente, come possono con i videogiochi, mantenendo la prospettiva critica sul proprio coinvolgimento. L'educazione è questa".

Il consiglio dello psicoterapeuta è di introdurre dei limiti in casa, in modo che il rapporto con l'oggetto preveda sempre una figura terza che vigili. "Piano piano il ragazzino interiorizza e un giorno sarà in grado da solo di far scattare quel sorvegliante interiore che ristabilisce equilibri".

"All'interno delle famiglie contemporanee si fa fatica a introdurre un limite e quando succede è talmente traumatico perchè il soggetto è impreparato. In questa vicenda la mamma ha chiamato la Polizia", conclude Terminio. "Un tempo i genitori quando davano un limite erano in risonanza con il discorso sociale. Oggi i genitori sono confusi, la società spinge a superare ogni limite".