Torna la truffa del Registro italiano in Internet

Nonostante il raggiro sia vecchio di anni, ci provano ancora oggi. Possibile che qualcuno ci caschi ancora?

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a cura di Federico Bertoli

Con diversi articoli tra il 2009 e il 2013 vi avevamo messo al corrente della truffa del fantomatico Registro Italiano:

Avremmo preferito parlarvi di altro, ma proprio stamattina in ufficio ci è stata recapitata questa missiva.

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Anche se questa volta non ci troviamo di fronte alla plurisanzionata società tedesca DAD (Deutscher Adressdienst GmbH) bensì alla società spagnola Direct Publisher S.L.U., il metodo è rimasto lo stesso: non esiste nessun "Registro Italiano" e stanno solo cercando di confondere il ricevente per indurlo a credere che si tratti di una legittima comunicazione da parte della Registration Authority Italiana.

Dunque, rispetto al passato il meccanismo è rimasto invariato ma stavolta hanno migliorato la qualità del lavoro: codici a barre, codici numerici vari e un'impaginazione più professionale danno la sensazione di trovarsi in mano qualcosa di ufficiale. Tuttavia così non è.

Non esiste nessun "Registro Italiano" ed il sito relativo, www.regitaliano.it, è più che approssimativo quanto a contenuti e fruizione. Anzi, provando a spulciare l'elenco delle aziende iscritte utilizzando Chrome, un errore impedisce la fruizione dei contenuti (comunque magri).

Anche il richiamo agli Artt. 46 e 47 del DPR 445/200 è fuorviante: le autocertificazioni di cui parla il DPR citato riguardano i dati forniti dai cittadini alla Pubblica Amministrazione e nulla hanno a che vedere con un rapporto fra privati.

Solo passando alle cose scritte in piccolo o, come nell'ultima pagina, con un colore che le rende difficilmente leggibili, si trova finalmente qualcosa di vero:

"Il Registro Italiano non è in rapporto con le autorità pubbliche, di conseguenza quest'ultimo servizio è a pagamento"

Decisamente un po' troppo poco rispetto all'utilizzo delle parole altisonanti "REGISTRO ITALIANO" e alla sequela di codici alfanumerici di cui sono infarcite le pagine.

Ma cosa succederebbe se lo firmassimo e lo spedissimo con la busta preaffrancata che ci hanno gentilmente allegato?

Probabilmente entro un paio di settimane riceveremmo una fattura di 993 euro dalla fantomatica Direct Publisher S.L.U. a cui seguirebbero una serie di solleciti di pagamento sempre più aggressivi. Se ci ostinassimo a non pagare, non è improbabile che, come già accaduto in passato, inizino a inviarci copie di sentenze assolutamente fasulle di un qualche tribunale spagnolo che ci intima il pagamento.

Insomma, se avete ricevuto una comunicazione simile, gettatela nel cestino, possibilmente in quello della carta da riciclare e lo stesso vale per eventuali solleciti di pagamento. In questa seconda ipotesi, se volete stare più tranquilli, recatevi dalla Polizia o dai Carabinieri e sporgete una querela per truffa ma, in ogni caso, non perdeteci un minuto di sonno.