TRAPPIST-1: molecole della vita da un esopianeta all'altro?

Secondo un modello matematico, molecole organiche e microorganismi con codice genetico potrebbero aver trasportato la vita da un esopianeta all'altro nel sistema TRAPPIST-1. Capiamo fino a che punto è fantascienza.

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a cura di Antonio D'Isanto

In un famoso romanzo di fantascienza del 1930, "Infinito", dello scrittore inglese Olaf Stapledon, veniva raccontato tutto il percorso evolutivo dell'uomo dal tempo presente sino a molte ere nel futuro, attraverso varie razze di uomini, fino alla diciottesima specie umana. L'autore descriveva quindi la fine del genere umano a causa delle letali radiazioni provenienti da una supernova, e di come l'umanità, in un estremo tentativo di conservare il proprio patrimonio genetico e farlo fiorire da qualche altra parte nell'Universo, tentasse una "panspermia".

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Con questo termine si intende l'invio nello Spazio di molecole organiche e microorganismi contenenti un codice genetico, che possa fare da "seme" per lo sviluppo della vita. Se questo sia realmente possibile è ancora oggetto di dibattito tra gli scienziati, ma che l'Universo possa ospitare molecole di tipo organico è un fatto provato da tempo, ad esempio nelle comete.

Ovviamente la recente scoperta del sistema TRAPPIST-1 ha dato il là a una serie di studi, scatenando la fantasia di chiunque sia alla ricerca di vita nello Spazio. Come abbiamo già detto negli articoli precedenti, il fatto che tre pianeti di questo sistema siano in zona abitabile non garantisce affatto la presenza di vita. Tuttavia la loro notevole vicinanza relativa, rispetto per esempio ai pianeti del Sistema Solare, ha ispirato uno studio, pubblicato pochi giorni fa su arXiv (che ricordiamo accoglie pubblicazioni non ancora ufficialmente approvate), riguardo la realizzabilità di una panspermia tra di essi.

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È bene sottolineare che si tratta solamente di un modello teorico-matematico, del quale non esiste alcuna prova concreta. Gli scienziati partono dal presupposto che su uno dei pianeti del sistema si sia sviluppata una qualche forma di vita. Se dunque per qualche ragione - come impatti di comete e asteroidi, intense eruzioni vulcaniche o simili - del materiale roccioso venisse scagliato nello Spazio, e in esso fossero contenuti microorganismi e molecole organiche, questi potrebbero raggiungere i pianeti vicini.

Con un semplice calcolo matematico è possibile stimare la probabilità di un simile evento, che risulta essere, data la vicinanza dei pianeti, qualcosa come mille volte superiore al sistema Terra-Marte (per il quale simili studi sono stati fatti in passato). Non solo, sempre a causa della prossimità dei pianeti di TRAPPIST-1, le probabilità che tali organismi microbici possano sopravvivere al viaggio è circa 100 volte più elevata.

Ricostruzione artistica di come potrebbero apparire i sette pianeti del sistema TRAPPIST 1 Crediti NASA   JPL Caltech

Ricostruzione artistica di come potrebbero apparire i sette pianeti del sistema TRAPPIST-1. Crediti: NASA-JPL/Caltech

Utilizzando quindi una versione modificata dell'equazione di Drake - ovvero quella legge che stima il numero di civiltà di intelligenti con le quali sarebbe possibile comunicare all'interno della nostra galassia - gli autori dell'articolo hanno calcolato che la probabilità di una biogenesi per panspermia su uno o più pianeti del sistema TRAPPIST-1 sarebbe diversi ordini di grandezza superiore rispetto al sistema Terra-Marte.

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Un aspetto interessante dello studio sta nel fatto che, assumendo per valida questa teoria, sarebbe possibile fare un paragone tra i pianeti soggetti alla panspermia ed ecosistemi particolari, come alcune isole terrestri in posizioni geograficamente vicine. In siffatti ecosistemi è possibile trovare una varietà di specie, sia animali che vegetali, che possono presentare dei tratti simili, a causa di un percorso evolutivo partito con molta probabilità da ceppi comuni. Dunque anche su questi pianeti una parte del patrimonio genetico potrebbe avere origine comune, se una panspermia fosse avvenuta con successo.

Per quanto, al di là delle probabilità intrinsecamente già molto basse di tale fenomeno, condizioni ambientali del tutto diverse genererebbero linee evolutive completamente differenti, poiché di fatto solo l'eventuale scintilla iniziale sarebbe in comune.

Peraltro, proseguono gli autori della ricerca, un modello del genere sarebbe applicabile non solo a TRAPPIST-1, ma anche ad altri sistemi con caratteristiche simili, e persino a sistemi pianeta-luna, in cui il satellite si trovi nella cosiddetta zona abitabile planetaria.

Il lavoro è ovviamente molto affascinante da un punto di vista teorico, ma va ricordato che stiamo parlando di probabilità in assoluto bassissime, e che al momento uno studio di questo tipo, al di là della semplice speculazione matematica, è impossibile da verificare. Tra l'altro, come già abbiamo avuto modo di dire nei precedenti articoli, i pianeti di TRAPPIST-1 potrebbero non essere affatto posti ospitali.

C'è da dire comunque che quel meraviglioso fenomeno che chiamiamo vita ha già in passato trovato molti modi per stupirci, e a volte sognare e perdersi in teorie al limite della fantascienza aiuta a recuperare quell'aspetto romantico della ricerca scientifica che forse si sta perdendo.

Antonio D'Isanto è dottorando in astronomia presso l'Heidelberg Institute for Theoretical Studies in Germania. La sua attività di ricerca si basa sulla cosiddetta astroinformatica, ovvero l'applicazione di tecnologie e metodologie informatiche per la risoluzione di problemi complessi nel campo della ricerca astrofisica. Si occupa inoltre di reti neurali, deep learning e tecnologie di intelligenza artificiale ed ha un forte interesse per la divulgazione scientifica. Da sempre appassionato di sport, è cintura nera 2°dan di Taekwondo, oltre che di lettura, cinema e tecnologia. Siamo felici di annunciarvi che collabora con Tom's Hardware per la produzione di contenuti scientifici.