UberPOP in Italia: vero ride sharing low-cost, cari taxisti

UberPOP è sbarcato a Milano. Al momento il servizio di ride sharing è in fase Beta ma le tariffe sono allettanti. Che ne penseranno i taxisti?

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a cura di Dario D'Elia

Il ride-sharing di Uber sbarca a Milano: si chiama UberPOP (POPMilano). Sebbene si tratti di un servizio innovativo già apprezzato in altri paesi del mondo, in Italia rischia di far saltare la mosca al naso ai taxisti. In questi casi è bene essere precisi, come ha puntualizzato Benedetta Arese Lucini, regional manager Italia di Uber.

Andiamo quindi con ordine. "Uber si mette al servizio della sharing economy per migliorare la vita del cittadino milanese, spostandosi velocemente e ad un ottimo prezzo grazie alla sua mobilità on demand giovane e innovativa", si legge sul blog ufficiale.

UberPOP

In pratica Uber mette a disposizione dei milanesi – siamo comunque ancora in Beta – una piattaforma dove si possono incontrare persone che hanno bisogno di un passaggio e automobilisti che hanno un posto libero in auto. Ridotto ai minimi termini è tutto qui il servizio: Uber è solo un intermediario, un "facilitatore".

Ovviamente per il mercato locale potrebbe essere uno shock, anche perché le tariffe sono bassissime. La base è di 2,5 euro sommata alla corsa calcolata in relazione alla durata del viaggio (0,49 euro al minuto). In ogni caso non meno di 5 euro complessivi. Praticamente quasi la metà persino del classico servizio Uber Berlina con autista professionista con licenza (Noleggio Con Conducente).

UberPop di fatto si affida a ride sharing e fa entrare in gioco l'economia collaborativa "dove l’individuo mette in condivisione il proprio bene (in questo caso l’auto) con chi ha l’esigenza di spostarsi nella città".

Tariffe

La procedura lato utente è semplice: si avvia l'app Uber, si seleziona UberPOP, si richiede l'auto dove ci si trova e poi si viene caricati. "Se non sei ancora utente Uber, scarica l'app e inserisci il promocode POPMilano per avere la tua prima corsa gratuita fino a 15€! (vale su POP, Berlina e Van)", prosegue il blog.

Invece per diventare driver bisogna andare su POpartners.uber.com e fare la richiesta, fermo restando il fatto che per requisiti minimi bisogna avere l'auto intestata (immatricolata da meno di 8 anni), una patente da almeno 3 anni e senza sospensioni recenti, nonché la fedina penale pulita (per tutti gli autisti di qualsiasi servizio). "Questi controlli vengono fatti da noi a monte per garantire la sicurezza a tutti i nostri utenti", asserisce Uber.

Quello della fedina penale è un punto interessante perché spesso (non sempre) per ottenere la licenza da taxisti basta la sola auto-certificazione del casellario giudiziario. Quindi apprezzabile la scelta di Uber di valutare ogni candidatura anche con colloquio.  

Abbiamo scambiato due chiacchiere con Benedetta Arese Lucini sulle possibili criticità del nuovo servizio: d'altronde è lo stesso che è finito nel mirino delle autorità belga. La giovane manager ha confermato a Tom's Hardware che ovviamente sono state fatte tutte le valutazioni legali del caso. Segnaliamo infatti che la normativa italiana, sia locale che nazionale, è diversa da quella di Bruxelles. Allo stesso tempo, nella massima trasparenza, Arese Lucini ha ricordato che il Comune di Milano è già stato interpellato: se avranno perplessità da esporre la disponibilità dell'azienda è massima.

Dal punto di vista dei consumatori UberPOP è una bella novità. Costa poco, ottimizza l'uso dell'auto, potrebbe ridurre il parco auto circolante e soprattutto fa un uso della tecnologia intelligente. E pensando all'EXPO non è cosa da poco.

E sotto il profilo fiscale? Beh, Uber in fondo mette a disposizione solo uno spazio virtuale e sigla un contratto con il conducente che riguarda la possibilità di entrare in contatto con gli utenti. Niente di più. Ogni transazione riguarda il rapporto tra conducente e utente. Il primo riconosce poi il 20% a Uber. È evidente che l'azienda gioca su questo servizio più per ottenere visibilità che ricavi. Insomma, un "veicolo" per un messaggio chiaro: l'economia collaborativa è una nuova strada da battere anche in Italia.

Fra qualche settimana, quando il sistema entrerà a pieno regime ne sapremo sicuramente di più.