Una risata social sommerge di ridicolo la Turchia

Il vicepremier turco dice che le donne perbene non devono sorridere in pubblico. Un boomerang: migliaia e migliaia di selfie postati sui social network. Una valanga di risate sta ridicolizzando il regime di Ankara.

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a cura di Pino Bruno

Ci volevano le donne turche con i loro sorrisi liberatori per sdoganare il selfie. Autoscatti di protesta che dilagano in rete grazie ai social network. Già, proprio quei social network temuti e odiati dai governanti di Ankara, a cominciare dal premier Recep Tayyip Erdogan. Hanno provato a chiudere Facebook e Twitter, oscurare Youtube, uccidere e incarcerare il dissenso dei giovani di Gezi Park, hanno abbattuto i droni che documentavano le violenze della polizia.

Non ci sono riusciti, né riusciranno a togliere il sorriso alle donne turche, come ha suggerito il braccio destro di Erdogan, il vicepremier Bülent Arinç: "Per non essere peccaminosa una donna deve proteggere la sua castità: quando la guardiamo abbasserà gli occhi arrossendo timidamente e non sarà seducente, e non riderà in pubblico".  

Da allora su Twitter e sulle altre reti sociali i selfie delle donne turche dilagano, a dimostrare come un gesto apparentemente banale può assumere valenza sociale e persino rivoluzionaria grazie all'uso intelligente delle tecnologie. Gli hashtag #kahkaha (risata) e #direnkahkaha (resistere e ridere) tracimano dal web, sommergono la Turchia e ne ridicolizzano il regime davanti al mondo intero.

Una risata li seppellirà.