Tramite un documento pubblicato nelle scorse ore, il Dipartimento del Commercio degli USA ha aggiunto alla sua blacklist commerciale altri 28 enti cinesi, accusandoli di essere implicati nelle "violazioni dei diritti umani e negli abusi nell'attuazione della campagna di repressione, detenzione arbitraria di massa e sorveglianza ad alta tecnologia, attuata dal governo cinese nei confronti di Uiguri, Kazaki e altri membri di gruppi minoritari musulmani", in atto nella regione dello Xinjia. Nel dettaglio si tratta di 20 tra realtà istituzionali e pubbliche amministrazioni e 8 aziende hi-tech.
Nell'elenco sono compresi anche alcuni colossi come Hikvision e Dahua Technology, fornitori internazionali di telecamere di videosorveglianza, SenseTime, una startup cinese specializzata in IA, e iFlytek che lavora invece sul riconoscimento vocale. Ai soggetti messi al bando sarà vietato fare affari con aziende statunitensi senza aver prima ottenuto una licenza del governo degli Stati Uniti.
La decisione, annunciata dopo la chiusura dei mercati statunitensi, è arrivata lo stesso giorno in cui i hanno avuto inizio i preparativi per i negoziati commerciali tra Stati Uniti e Cina, che dovrebbero iniziare giovedì a Washington, anche se un portavoce del Dipartimento del Commercio ha smentito qualsiasi correlazione tra i due eventi.
Quale che sia la verità, è innegabile che la decisione indica una nuova direzione per la guerra economica che l'amministrazione USA sta conducendo nei confronti della Cina, visto che è la prima volta che si citano i diritti umani come motivo d'azione, mentre in passato le mosse commerciali sono sempre state giustificate per motivi di sicurezza nazionale. Nonostante tutto comunque gli Stati Uniti sembrano intenzionati a continuare a cercare un accordo commerciale con la Cina, tanto che di recente il presidente Trump ha suggerito la concreta possibilità di riconsiderare l'attuale status di Huawei proprio durante i prossimi colloqui.