Negli Stati Uniti due senatori hanno sollecitato il Ministero dell’Energia a prendere provvedimenti per colmare il gap competitivo rispetto alla Cina. Il gigante asiatico sarebbe avanti di 10-20 anni nella produzione di batterie; una situazione che, al di là del numero esatto di anni, garantisce a Pechino il controllo indiretto di un intero mercato.
I due senatori avrebbero espresso le loro preoccupazioni in una lettera riservata, finita però nelle mani dei giornalisti di Reuters. Nel documento si sottolinea il fatto che la Cina rappresenta oggi il 70% della produzione di celle per batterie.
"Gli Stati Uniti devono diventare leader nella produzione di batterie e di componenti per batterie, assicurando al contempo le nostre catene di approvvigionamento dei materiali che le compongono", hanno scritto i senatori, citando la decisione della Cina del mese scorso di limitare le esportazioni di grafite, fondamentale per la produzione di anodi per batterie.
Oltre alla grafite, si nota nel documento, la Cina "controlla tra il 60 e il 100% dell'estrazione o della raffinazione” di tutti i minerali necessari.
Ad oggi, naturalmente, il mercato dei veicoli elettrici è ancora relativamente piccolo, ma sta per esplodere e potremmo trovarci letteralmente nelle mani di Pechino per avere i componenti fondamentali.
Tra l’altro le batterie sono fondamentali anche per i sistemi militari, dalle piccole radio portatili fino ai droni. E al momento l’Occidente non è in grado di mantenere la produzione di sistemi d’arma - presenti e futuri - senza le batterie cinesi - una situazione che comprensibilmente non piace a quasi nessuno.
L’allarme lanciato dai due senatori statunitensi forse è eccessivo, e spesso questo tipo di comunicazione è effettivamente sopra le righe. Si potrebbe obiettare per esempio che la maggior parte del cobalto del mondo è in Congo, mentre in Cile e in Australia ci sono enormi riserve di litio.
In effetti, sono molti i minerali necessari per realizzare la transizione verso l’energia pulita, come certifica anche un recente rapporto della IEA. I giacimenti non sono tutti in Cina, ma Pechino è “avanti di 20 anni” perché ha già le competenze e le strutture necessarie per estrarre e lavorare i materiali. Cose che, invece, mancano quasi del tutto nel resto del mondo.
L’estrazione è un punto particolarmente complicato, perché fa sorgere questioni legati allo sfruttamento del lavoro minorile, ai diritti umani e a pesanti fonti di contaminazione.