Uber, le dimissioni del co-fondatore fermeranno la crisi?

Travis Kalanick, CEO e co-fondatore di Uber, si è dimesso in seguito alle pressioni di un gruppo di investitori. Le sostituzioni ai vertici saranno sufficienti a fermare gli scandali e il problema d'immagine della startup di servizi di trasporto privato?

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a cura di Alessandro Crea

Secondo quanto riporta il New York Times, Travis Kalanick, CEO e co-fondatore di Uber, ha rassegnato le sue dimissioni dalla carica aziendale, anche se continuerà a far parte del consiglio d'amministrazione. Ufficialmente la decisione sarebbe stata presa a seguito di un dramma personale che ha da poco colpito Kalanick, ma le fonti parlano di una riunione durata ore, durante la quale l'ex CEO avrebbe ceduto alla fine alle pressioni di un gruppo di investitori.

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La spiegazione è credibile, anche perché le dimissioni di Kalanick - che già la scorsa settimana aveva annunciato di volersi prendere un periodo di aspettativa - giungono dopo quelle di Emil Michael, uno dei suoi più stretti collaboratori, e del presidente Jeff Jones. In pratica si tratta di un chiaro tentativo di rinnovare il management del noto marchio statunitense, colpito di recente da una grave crisi reputazionale a causa di vari scandali e di un'accusa di molestie sessuali.

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Chi lo conosce lo descrive come un padre padrone, ormai forse troppo ingombrante per un'azienda che fino a ieri sembrava in ascesa e che ora molto probabilmente dovrà reinventarsi, almeno in parte. Non è affatto sicuro comunque che l'operazione di restyling voluta dal CdA conosca il successo. Uber come sappiamo è impelagata in diverse cause legali, soprattutto in Europa, dove ha dovuto chiudere diversi servizi, soprattutto in Francia, Italia, Germania, Spagna e Svezia.

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A tal proposito un portavoce dell'Unione Europea ha già fatto sapere che i reclami "riguardano l'applicazione del diritto dell'Unione e non la gestione delle società in questione". Allo stesso modo anche ‎ Sayah Baaroun, capo di un sindacato di lavoratori francese, ha fatto sapere che per loro la battaglia continua, così come continua anche per l'IWGB, un sindacato di lavoratori indipendente britannico.

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Insomma la nuova fase a cui pensa il CdA sarà piena di interrogativi e problemi da risolvere, e forse l'operazione di maquillage di questi giorni potrebbe essere tardiva e insufficiente.


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