Uber, tempi duri: flop all'esordio in Borsa e impatto negativo sul traffico di San Francisco

Uber non se la passa bene: l'esordio in Borsa è stato un fiasco e a San Francisco imputano alle soluzioni di car sharing dell'azienda gran parte della colpa per l'incremento del traffico.

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a cura di Alessandro Crea

Sin dal suo esordio Uber è sempre stata un'azienda discussa e controversa, amata da alcuni, odiata da altri e, a distanza di ormai nove anni dall'esordio, le cose non sembrano essere migliorate. Negli scorsi giorni ad esempio l'esordio in Borsa di Uber è stato un fiasco vero e proprio, mentre un recente studio imputa proprio al diffondersi dell'utilizzo della sua flotta gran parte della colpa dell'aumento di traffico a San Francisco.

Per quanto riguarda il primo aspetto, Uber ha infatti raccolto solo 76,5 miliardi di dollari dalla messa in vendita di 180 milioni di azioni che, con un costo di 41,57 dollari si sono attestate al 7,6% in meno rispetto al costo di collocamento previsto, pari a 45 dollari, già di per sé prudente visto che si posizionava verso la parte bassa della forchetta immaginata, che andava da 44 a 50 dollari per azione.

Un risultato così inatteso, vista l'attenzione con cui si calibrano queste offerte, da sollevare subito domande riguardanti lo scarso interesse da parte del mercato verso queste soluzioni. In realtà ci sono almeno due argomenti a parziale spiegazione dell'accaduto, uno che riguarda il generale momento di incertezza dei mercati, e un secondo, connesso al primo, secondo cui sulla valutazione avrebbe gravato il fardello di 10 miliardi di dollari di perdite dell'azienda.

Prima però di procedere ad analizzare i motivi per cui lo studio della Kentuky University addossa gran parte delle colpe dell'aumento di traffico di San Francisco a Uber (e al competitor Lyft), chiariamo cosa si intende per car-hailing, perché confondere le diverse forme di car sharing rischia sia di gettare discredito sull'intero settore sia di non far capire bene anche le motivazioni dello scarso interesse del mercato per queste aziende.

Col termine car hailing infatti si indica sostanzialmente un servizio di vettura più autista. Un'attività di taxi sostanzialmente, la cui chiamata però avviene tramite app e che ha quindi come caratteristica quella di arrivare proprio quando serve, senza attese, grazie alla prenotazione.

Ora, la tesi della ricerca, la prima focalizzata su un'unica città e per un esteso periodo di tempo (sono stati presi in considerazione i dati dal 2010 al 2016), è che ci sia anzitutto stato un aumento della congestione cittadina rispetto ai percorsi senza traffico nello stesso periodo, di ben il 60%, di cui gran parte imputabile proprio al boom dei servizi di car hailing di Uber e Lyft. Eliminando infatti dall'equazione le due aziende, l'aumento sarebbe infatti pari a un più contenuto 22%.

Al netto delle critiche già espresse dalle due aziende allo studio, che trascurerebbe l'impatto sull'aumento del traffico di altre componenti significative, come l'aumento di trasporti e consegne commerciali e la crescita del turismo, lo studio evidenzia come, grazie ai costi vantaggiosi, tali servizi finiscano per calamitare l'attenzione di chi prima usava i mezzi pubblici per spostarsi. E poiché chi si rivolge a Uber e Lyft spesso preferisce viaggiare da solo, andrebbe a incidere negativamente sul traffico, aumentando il numero di automobili in circolazione.

Una tesi che sembra verosimile anche solo valutandola col buon senso, ma che non scredita forme diverse di mobilità, come car pooling o car sharing che, soprattutto in un prossimo futuro di auto pienamente autonome, potrebbero davvero rappresentare una soluzione al traffico, andando a diminuire il numero di mezzi circolanti. Insomma, il business di Uber e Lyft, almeno per quanto riguarda la componente car hailing, non sembra particolarmente innovativo ed è normale quindi che non trovi molto interesse tra gli investitori. Non bisogna però dimenticare che le due aziende investono anche in altre forme più interessanti e attuali di sharing, come bike e scooter sharing. Sarà poi il mercato e gli utenti a selezionare la soluzione vincente.