UE: Daimler, BMW e Volkswagen, un cartello per non limitare le emissioni nocive

La Commissione europea ha inviato una lettera di obiezioni a Daimler, BMW e Volkswagen per essersi accordate al fine di frenare la diffusione di tecnologie per la riduzione delle emissioni nocive delle auto.

Avatar di Alessandro Crea

a cura di Alessandro Crea

Stamattina i dirigenti di tre importantissimi gruppi automobilistici tedeschi, Daimler (Mercedes e Smart tra gli altri), BMW (Rolls-Royce) e VW (Volkswagen, Audi, Porsche) hanno trovato sulle proprie scrivanie una lettera ufficiale di obiezioni della commissione europea. Secondo quest'ultima infatti tra il 2006 e il 2014 le tre si sarebbero accordate per impedire o comunque rallentare fortemente la diffusione di tecnologie atte a diminuire le emissioni nocive delle automobili.

Un'accusa pesante, che richiama alla memoria il dieselgate che non a caso si verificò in quegli stessi anni avendo come protagonista proprio il gruppo VW. La lettera è arrivata a un anno e mezzo di distanza dalle perquisizioni effettuate negli uffici delle società, a seguito di rapporti su possibili collusioni.

"In particolare", si legge nel documento ufficiale, "La Commissione nutre dubbi sulle seguenti tecnologie: SCR (Selective Catalytic Reduction) che riducono le emissioni di ossido di azoto (NOx) delle auto diesel tramite iniezioni di urea (AdBlue) nel flusso dei gas di scarico".

In questo caso secondo la Commissione, nel periodo indicato BMW, Daimler e VW avrebbero coordinato le proprie strategie di dosaggio dell'AdBlue, le dimensioni delle taniche e persino degli intervalli di riempimento, limitandone di fatto l'efficacia. Gli accordi inoltre avrebbero previsto la dilazione dell'adozione dei filtri Otto (OPF) per la riduzione delle emissioni di particolato presente nei gas di scarico delle auto a benzina.

Ora le aziende potranno controbattere alle osservazioni della Commissione, prima che quest'ultima prenda la sua decisione definitiva. In ballo ci sono multe da miliardi di euro, visto che i regolamenti europei ne prevedono il calcolo sul 10% del giro d'affari complessivo di ciascuna azienda.