Ambrosetti e Microsoft rilasciano uno studio sulla diffusione del cloud in Italia

Secondo il report, l'adozione del cloud cresce nella fase di ripartenza, con l’83% del campione che prevede un’estensione del suo utilizzo, ma bisogna recuperare i ritardi col resto d'Europa

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a cura di Antonino Caffo

Ambrosetti e Microsoft Italia hanno annunciato lo studio “L’Impatto del Cloud Computing sul sistema-paese e sul modo di fare impresa in Italia”, una ricerca qualitativa realizzata con l’obiettivo di scattare una fotografia sul livello di diffusione delle tecnologie cloud in Italia, evidenziandone l’impatto economico, i benefici e gli ostacoli da parte delle aziende pubbliche e private del nostro Paese.

Se da un lato, sembra crescere in Italia l’adozione del cloud computing con un tasso del 22,5% a livello nazionale, il campione della ricerca si dimostra particolarmente virtuoso con l’81,3% delle aziende intervistate che afferma di utilizzarlo. Dallo studio emerge che è ridotta la percentuale di organizzazioni che hanno raggiunto un livello “avanzato” di adozione: soltanto il 31,9% del campione considera infatti il cloud come risorsa strategica, abilitante della trasformazione digitale, mentre il 49,4% utilizza servizi accessori adottati per lo più in modo tattico.

Il 18,7% di aziende del campione dichiara di non far ricorso a soluzioni di cloud computing. La forbice cresce se invece consideriamo solo le grandi aziende (47,6% del campione): in questo caso solo il 6% dichiara di non fare alcun uso del cloud, mentre il 94% che lo utilizza è ripartito equamente tra chi lo ha adottato in modo tattico per servizi accessori e chi lo ha inserito in un disegno strategico. Situazione differente per le PMI, il cui 30,4% dichiara di non aver adottato alcun tipo di soluzione Cloud e solo il 17,4% considera il cloud computing una risorsa strategica per la propria crescita.

Stando al report, il principale beneficio risiede nella capacità di reagire più rapidamente al cambiamento. Nel complesso, è molto alto il livello di soddisfazione da parte delle aziende nei confronti delle soluzioni cloud computing, dei benefici attesi e dei risultati ottenuti (97,1% vs. 2,9% di insoddisfatti). Il principale beneficio riscontrato, dichiarato dal 20,8% di chi le ha implementate, è la capacità di reagire rapidamente al cambiamento. Dato che assume ancora più valore se pensiamo all’emergenza sanitaria ancora in corso e come questa situazione abbia spinto molte aziende a adottare in tempi molto rapidi forme di lavoro da remoto, impensabili senza un’infrastruttura adeguata.

A domanda specifica, infatti, l’83% del campione ha indicato il cloud quale principale abilitatore dello smart working e in generale della continuità aziendale, tanto che sempre l’83% dei rispondenti afferma di aver intenzione di aumentare l’adozione di soluzioni cloud computing. Seguono una migliore gestione dei picchi di lavoro (16,5%), un maggiore controllo dei costi (16%) e un incremento della sicurezza informatica (15,9%). Il miglioramento del livello di sicurezza informatica sale in terza posizione nella classifica dei benefici generati dal cloud se consideriamo solo le Piccole e Medie Imprese (15,4%), seguito da un maggiore controllo dei costi, dichiarato dal 13,8% degli intervistati.

Gli ostacoli ad una su adozione sono ancora presenti: tra questi, i costi di migrazione, gestione dei dati e competenze. Gli alti costi di transizione verso il cloud risultano il primo ostacolo all’implementazione di questa tecnologia per il 32,1% delle aziende che lo hanno adottato, percentuale che sale al 42,9% se consideriamo le sole PMI. Nello specifico i rispondenti segnalano che spesso, pur non essendo necessario fare un investimento iniziale, i costi derivano dalle spese di consulenza IT e di adeguamento, ridisegno e transizione dei processi sul Cloud.

Seguono le preoccupazioni sulla gestione dei dati anche in ottica privacy (25,1%) e quelle legate alla preparazione del personale, fattore rilevato nel 20,2% degli intervistati. Trova conferma il nodo delle competenze: il 60% delle aziende che hanno implementato il cloud considerava le proprie risorse non sufficientemente preparate nel periodo pre-adozione (vs. 62,1% delle PMI). Proprio per questa ragione, il 44,4% ha investito nella formazione del personale IT e il 23,8% ha esteso le attività di training a tutte le figure professionali dell’azienda. Le preoccupazioni per un non adeguato livello di prontezza della propria azienda e delle sue risorse risultano invece al primo posto tra gli ostacoli per quelle aziende che ancora non hanno intrapreso la migrazione (21%).

Lo studio ha evidenziato inoltre come il cloud possa produrre impatti positivi in grado di rilanciare la performance economica e lo sviluppo sociale del nostro Paese, rimuovendo i principali freni che ostacolano la crescita, l’attrattività e la competitività. L’Italia infatti, all’interno del quadro complessivo caratterizzato dal rallentamento generalizzato nella crescita della produttività sperimentato dalle economie avanzate, vede la propria produttività stagnante da oltre un ventennio, con le inevitabili e ben note ricadute in termini di crescita del PIL, oggi ancor più preoccupanti alla luce della crisi legata all’emergenza Covid-19.

Il cloud e i servizi ad esso associati sono infatti in grado di agire su chiave come la Pubblica Amministrazione e le Piccole e Medie Imprese che presentano oggi le principali vulnerabilità della nostra economia, che ostacolano la crescita della ricchezza pro-capite e che mantengono l’Italia in posizione arretrata rispetto ai competitor. Lo studio ha calcolato per esempio che a fronte di un’operazione di modernizzazione e ottimizzazione dei Data Center della Pubblica Amministrazione abilitato dall’adozione di soluzioni di Cloud Computing, è possibile generare un risparmio fino a 1,2 miliardi di euro all’anno.

Se invece le PMI italiane raggiungessero il livello di adozione del cloud del Regno Unito, paese più avanzato in tal senso in Europa, crescerebbero in media dello 0,22% anno su anno, invece di una crescita dello 0,4% registrata nel periodo 2000-2019, generando una crescita del PIL di 20 miliardi di euro da qui al 2025.

Tre proposte concrete

La ricerca è stata inoltre l’occasione per Microsoft Italia e The European House – Ambrosetti per individuare tre aree di intervento in tre ambiti chiave e offrire delle linee guida da seguire per massimizzare i benefici delle nuove tecnologie Cloud-based in ottica di competitività e di rilancio del Paese e dei suoi attori pubblici e privati

Prima di tutto, semplificare la Pubblica Amministrazione italiana e aumentare la sua efficacia nell’erogazione di servizi a cittadini e imprese sfruttando la leva della trasformazione digitale e le opportunità offerte dal Cloud Computing. In particolare, definire un Piano di Migrazione della Pubblica Amministrazione sul Cloud di orizzonte triennale, accelerando il consolidamento delle infrastrutture IT esistenti anche in modalità ibrida e facendo leva sulle piattaforme di mercato offerte da tutti i cloud service providers certificati da AGID.

Poi, incentivare l’adozione di soluzioni di Cloud Computing da parte delle piccole e medie imprese italiane con particolare attenzione per le funzioni strategiche e i servizi ad elevato valore aggiunto. In particolare, promuovere la transizione verso il Cloud come elemento di riferimento nelle scelte delle PMI che vogliono accedere alle risorse del recente decreto attuativo Piano Transizione 4.0, volto a incentivare e supportare la competitività delle nostre imprese e valorizzare il Made in Italy.

Infine, sviluppare le competenze digitali della popolazione italiana, con particolare attenzione alle skills necessarie per la Data Economy e l’Intelligenza Artificiale. In particolare, creare un Piano integrato per lo sviluppo delle competenze digitali a 360°, che benefici del supporto degli attori privati dell’innovazione e che si rivolga a studenti, lavoratori e cittadini, attraverso la costruzione di programmi ad hoc per le scuole, il potenziamento del ruolo degli ITS, l’incremento del numero di laureati STEM, l’incentivazione di iniziative per l’aggiornamento e la riqualificazione delle competenze da parte delle PMI e di pratiche di Lifelong Learning da parte dei lavoratori.