Bigger Data: una strategia di gestione documentale vincente

Con i "Bigger Data" e la digitalizzazione dei processi un risparmio di sino al 20% del fatturato. Lo evidenzia una ricerca commissionata da Ricoh

Avatar di Giuseppe Saccardi

a cura di Giuseppe Saccardi

Come se non bastassero quelle già esistenti, alle aziende italiane si prospetta un'ulteriore sfida, quella dei "Bigger Data". No, non è una svista o l'ennesima enfatizzazione in un settore in cui peraltro non scarseggiano. I big data sono già da tempo all'attenzione dei manager IT e dei manager aziendali tout court che vogliono sfruttare economicamente la mole di dati di cui si dispone e che costa mantenere nei sistemi di storage.  Solo che ancora nopn sapevano che si chiamavano così. 

Per bigger data si intende una estensione del concetto correlato alla progressiva digitalizzazione delle informazioni cartacee che sta interessando il mondo industriale e, seppur con minor rapidità, anche il settore pubblico. In breve,  ci si riferisce a quell'insieme di informazioni sia digitali che cartacee alla base dei processi decisionali. Nonostante una progressiva digitalizzazione infatti, buona parte dei dati aziendali sono ancora su carta e come tali vengono tutt'ora fruiti al fine di prendere decisioni di business, o nell'ambito dei relativi processi.

Che i manager aziendali siano consapevoli dell'importanza dei dati, sia digitali che cartacei lo dimostra una ricerca commissionata da Ricoh che mette in evidenza proprio le opportunità che le aziende italiane potrebbero cogliere digitalizzando in toto i ‘Bigger Data’.

I responsabili si evidenziano consapevoli dell’importanza dei documenti cartacei per le strategie di business e l’87% concorda sul fatto che la digitalizzazione migliorerebbe i processi aziendali. Viene da aggiungere che lo strano è che lo sia solo l'87%. Evidentemente gli altri 13% non hanno mai avuto il problema di rintracciare una pratica in un faldone finito su uno scaffale in corridoio o in cantina o un documento finito nella cartelletta sbagliata. Oppure hanno chi lo fa per loro.

C'è comunque la netta percezione (espressa dal 56% dei manager italiani) che digitalizzando le informazioni si otterrebbe una percentuale di risparmio quantificabile tra il 5 e il 20% del fatturato. Pur se il 20% è una cifra molto alta e probabilmente ottenibile in casi molto particolari, anche la percentuale minima, diciamo di entry level, è un numero che farebbe gola a qualsiasi manager alle prese con il taglio dei budget e dei costi della propria divisione.

Da dove cominciare?

Ma chi volesse affrontare il problema dei bigger data da dove e come può cominciare? In modo pragmatico, suggerisce David Mills, Chief Operating Officer di Ricoh Europe, e cioè iniziando con il dipanare il mistero che li circonda. E partendo dall'assunto che quello che conta veramente è migliorare le relazioni con i clienti. 

David Mills

E' un obiettivo, osserva Mills, che è possibile raggiungere raccogliendo, analizzando e gestendo le informazioni importanti e necessarie per fornire un servizio migliore ai clienti e fidelizzarli. L'aspetto positivo è che in ogni caso non ci si muove in un campo inesplorato. Le informazioni aziendali importanti ai fini della relazione con il cliente, seppur in formato cartaceo, esistevano già molto prima del boom dei Big Data e per questo è importante guardare “oltre” le mere informazioni digitali.  

Informazioni e dati storici, ha osservato Mills, contenuti in documenti stampati possono essere di ausilio nell'ottenere un quadro più completo e avranno un ruolo fondamentale anche in futuro nel migliorare i processi decisionali.

Ma dal dire al fare c'è di mezzo il mare. E in questo caso si tratta di un mare, anzi, di una mopntagna, di carta. Se infatti l'87% dei manager ritiene vantaggioso disporre delle informazioni in versione digitale, quello che emerge dai nudi dati della ricerca è che oltre un terzo delle organizzazioni ha ancora informazioni conservate esclusivamente su carta. Va da sé che ciò ha ripercussioni negative non solo sul decision-making aziendale ma anche sulla produttività e sui profitti. 

Come ci si può aspettare, oltre un terzo degli intervistati afferma che la propria azienda impiega troppo tempo nella ricerca di informazioni contenute in documenti cartacei. Quando poi non si trovano del tutto. Inoltre, i costi per la gestione dei dati sparpagliati negli schedari, nei magazzini e negli archivi personali dei dipendenti risultano elevati e sempre meno sostenibili, oltre che giustificabili.

Ma non è solo economico il problema. Nel caso di enti pubblici o privati che hanno a che fare con il pubblico rimane poi da chiarire la posizione e la responsabilità aziendale (e dei manager) per quanto concerne la disponibilità di documenti che devono essere accessibili a terzi, o come viene garantita la riservatezza di un documento contenuto in un faldone in cantina alla portata di chiunque. Abitanti locali compresi.