Capterra: il 53% delle aziende non ha un piano di continuità operativa

Secondo un recente sondaggio dell'agenzia, il 65% delle piccole e medie imprese ha dovuto forzosamente investire nell’acquisto di software nel corso degli ultimi mesi

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a cura di Antonino Caffo

Stando a precedenti ricerche realizzate dal team di Capterra, il 59% delle aziende a livello mondiale aveva adottato il lavoro da casa come soluzione al lockdown e il 60% aveva acquistato nuovi software per aiutare i dipendenti a lavorare da casa. Tuttavia, nonostante ci sia stata una rapida corsa per mettersi al pari con la situazione, il fatto che si sia dovuto adottare così capillarmente e massicciamente soluzioni tencologiche di emergenza ha fatto intuite che qualcosa non andava.

Il team di Capterra ha quindi voluto approfondire la questione con un sondaggio condotto su 8 paesi (Australia, Brasile, Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Italia ed Olanda) e 3.144 intervistati provenienti da piccole e medie imprese. Le interviste sono state condotte nel periodo dal 15 al 19 Maggio 2020. Il focus della corrente analisi è statp di esplorare le misure che le aziende hanno avuto a disposizione per rispondere alla crisi.

I dati più interessanti a livello globale che sono emersi sono stati che il 53% delle piccole e medie aziende a livello globale non ha un piano di continuità operativa da poter implementare in caso di emergenza; il 60% ha dichiarato che non crede di poter portare avanti l’attività oltre i prossimi 6 mesi mentre il 65% delle piccole e medie imprese ha dovuto forzosamente investire nell’acquisto di software.

A livello Italia, secondo il 69% delle PMI intervistate il corrente modello operativo imposto dalla crisi non sarà applicabile per più di sei mesi. Solo il 37% delle PMI si aspetta, dunque, di poter sopravvivere più di 6 mesi con le misure adottate.

Inoltre, il 46% delle PMI nostrane ha implementato, o sta considerando d’implementare, un nuovo modello di business per offrire il proprio prodotto/servizio online, mentre il 57% ha considerato di modificare o ha modificato il ruolo dei propri dipendenti in maniera temporanea o permanente. Con il 51% l’Italia è emersa come il paese meno preparato a rispondere ad una crisi a livello di continuità operativa.

Nel nostro paese, il 39% dei decision maker ha dichiarato che la propria azienda avrà bisogno di maggior tecnologia per affrontare i cambiamenti imposti dalla nuova realtà in cui di andremo sempre più a trovare, inoltre nuove soluzioni tecnologiche saranno sempre più importanti trovare nuove opportunità di business. La maggioranza è stata concorde nel considerare come “essenziali” (45%) o “assolutamente essenziali” (42%) i programmi acquisiti durante il periodo della crisi. Sta dunque maturando una consapevolezza verso l’importanza della tecnologia.

Le misure restrittive legate all’emergenza sanitaria hanno portato molte realtà a dover ridurre il numero di persone che possono accedere ai propri locali e/o servizi, oltre al fatto le abitudini dei consumatori hanno subito forzosamente dei mutamenti. Questi fattori hanno fatto si che diverse aziende vedessero un ridimensionamento consistente delle proprie entrate e ad una crescente preoccupazione per lo stato delle attività aziendali.

Nuovamente l’Italia si posiziona fra i paesi in cui viene maggiormente dichiarata una certa preoccupazione per quanto riguarda la possibilità di poter continuare ad operare da qui ai prossimi 6 mesi. Le nazioni che hanno manifestato meno preoccupazione in tal senso sono stati Germania, Brasile e Spagna.

In generale, per gli intervistati italiani le priorità, dalla maggiore alla minore, si situano nel seguente modo: mantenere la fedeltà dei clienti; la produttività dei dipendenti; aumentare il flusso di cassa; mantenere i dipendenti; aderire alle direttive locali per quanto riguarda la quarantena ed il distanziamento sociale; migliorare l’immagine del marchio; ridurre i costi; spostare l’attività per operare in modo digitale o remoto; assicurare l’assistenza finanziaria.