Cinque indicatori per le startup di successo

Una ricerca di McKinsey cerca di individuare i tratti comuni che hanno favorito la nascita e lo sviluppo degli “unicorni”.

Avatar di Dario Orlandi

a cura di Dario Orlandi

McKinsey ha pubblicato una interessante ricerca che analizza il percorso dei cosiddetti unicorni, ossia le startup capaci di raggiungere almeno un miliardo di dollari di valutazione.

McKinsey ha intervistato dieci venture capitalist di successo e analizzato il percorso di cento unicorni per individuare caratteristiche interessanti, utili sia per chi vuole lanciare una nuova idea sia per le aziende già esistenti che sono alla ricerca di nuove opportunità o nuovi finanziamenti.

Il primo parametro da valutare è la composizione dei gruppi di lavoro: innanzi tutto, tre quarti degli unicorni sono stati fondati da almeno due persone; inoltre, la presenza di competenze diversificate aiuta nello sviluppo.

La grande maggioranza dei fondatori potevano vantare un titolo universitario, ma secondo l’analisi l’ateneo specifico in cui si è studiato non è risultato determinante.

Essenziale è invece l’esperienza: Oltre l’80% dei fondatori di unicorni aveva infatti già accumulato esperienze lavorative diverse prima di trovare la ricetta giusta, e oltre la metà aveva già fondato almeno un’altra startup.

Dove e quando

Un altro fattore fondamentale è il mercato di riferimento: i settori più grandi vantano infatti il maggior numero di storie di successo. I tre mercati che vantano ricavi annuali maggiori (tecnologia, industria e sanità) hanno permesso la nascita di quasi un terzo delle startup analizzate.

Se invece si concentrano su un mercato più piccolo, le startup raggiungono il successo quando riescono a rivoluzionare il loro settore. L’esempio portato dalla ricerca è quello dell’intelligenza artificiale: anche se il valore complessivo di questo mercato è ancora piuttosto piccolo (meno del 5% del totale), in questo settore si trovano ben 16 delle storie di successo analizzate nella ricerca.

Il fattore tempo è decisivo: entrare sul mercato nel momento giusto, quando c’è lo spazio per crescere ma la tecnologia è pronta a supportare le idee dei fondatori, è un’arte difficile da padroneggiare.

Le startup operano in genere in intervallo di due o tre anni; i venture capitalist cercano di individuare aziende che non siano troppo avanti rispetto alla crescita del loro mercato di riferimento, per non rischiare di vederle morire prima che la base dei potenziali clienti si consolidi.

Potenziale di crescita

I venture capitalist valutano poi le potenzialità di crescita, ossia la possibilità di passare dalla vendita di centinaia di prodotti o servizi a milioni. Per questo motivo molte delle storie di successo riguardano software e servizi, che non sono altrettanto impattate da questioni come la logistica e la manutenzione.

Infine, l’ultimo aspetto fondamentale è la presenza di un percorso chiaro che possa portare l’azienda a fare profitti: in particolare, si cercano startup capaci di soddisfare in maniera unica un bisogno reale.

I venture capitalist guardano alle entrate per valutare il percorso di crescita: molte startup di successo hanno visto triplicare le entrate nei due anni successivi alla fondazione, per poi continuare a raddoppiarle nei tre anni successivi.