Cloud: un mercato non per tutti

Allied Telesis testa la "cloud readiness" delle imprese europee e propone l'AMF (Allied Telesis Management Framework). Mentre si parla di Software Defined Networking, le aziende sono alle prese con l'aggiornamento e l'ottimizzazione della rete.

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a cura di Gaetano Di Blasio

Il Politecnico di Bari non è la sola organizzazione a sentire il bisogno di cloud. Anzi, il mercato del cloud è in forte crescita e comincia ad avere numeri interessanti, sostiene Alberto Manfredi, Business Development Manager dell'offerta Smart Solutions per i mercati Civile e Militare nazionale e internazionale di Selex ES, parte del Gruppo Finmeccanica, il quale è però intervenuto in qualità di presidente di CSA Italy, il capitolo italiano della Cloud Security Alliance.

Intanto lo dimostrano i numeri presentati da Assintel il 16 ottobre 2013. Secondo il rapporto dell'associazione il mercato cloud in Italia vale 848 milioni di euro, in crescita rispetto al 2012 del 43,2%. Si tratta del public cloud, composto per 487 milioni di euro da Software as a Service (SaaS), 39 milioni di euro da Platform as a Service (PaaS), 221 milioni di euro da Infrastructure as a Service (IaaS) e 101 milioni di euro da Cloud Management e Security Service.

Questo senza considerare il Business Process Outsourcing as a Service (BPOaaS), in altre parole servizi tradizionali di esternalizzazione dell'IT o di parte di esso, che oggi possono essere catalogati come private cloud. Il BPOaaS ammonta a 960 milioni di euro (in crescita del 22,4%) e quindi "si arriva a un totale del mercato cloud in Italia di 1,808 miliardi di euro, calcola Manfredi.

Alberto Manfredi

Oltrepassando i confini nazionali, si può osservare come il mercato dei servizi cloud, soprattutto sul fronte "public", sia sempre più ricco di offerte. Secondo il presidente di CSA Italy, questo è dovuto non solo alla dinamicità e forza di investimento dei cosiddetti OTT (Over The Top - cioè fornitori di contenuti e servizi, indipendenti da chi fornisce la connettività e il trasporto dei contenuti stessi – ndr), quali Google, Amazon, Salesforce, ma anche dei vendor (Dell, IBM, Microsoft, Fujitsu e altri), dei nuovi Cloud Service Provider  e soprattutto all’ingresso recente delle Telco (Telecom Italia, BT, Verizon/Terramark).

"Un mercato che quindi esiste e che è importante anche secondo l'Agenzia per l'Italia Digitale, che ha pubblicato le prime linee guida sull’adozione del Cloud nella PA e gestirà le prossime gare di ammodernamento dell’infrastruttura ICT della PA, in cui il cloud è inserito come infrastruttura abilitante per i servizi erogati", dichiara Manfredi.

Quest'ultimo aggiunge anche che l'Italia è l'unico paese dell'Unione Europea che in quest'ambito ha annunciato un programma di 26 miliardi di euro nei prossimi 3-5 anni. Staremo a vedere: pur senza voler fare i disfattisti, non sempre alle dichiarazioni di intenti seguono i fatti.

Anche se mancano annunci programmatici da parte delle altre nazioni, l’Europa, ricorda sempre Manfredi, "sta già sostenendo la diffusione del cloud con i programmi FP7 e Horizon2020 e con raccomandazioni/regolamenti, che possano aiutare il mercato a superare alcuni elementi di freno quali privacy, security e trust dei provider cloud".

Fin qui gli aspetti positivi. Il problema è che il mercato del cloud non è per tutti, sostiene il presidente di CSA Italy. Perché si tratta di un mercato non ancora maturo, cioè non in grado di auto-selezionare i migliori fornitori per servizio.

Il risultato, afferma Manfredi, è che il "consumatore del cloud deve investire tempo e, soprattutto, competenze per valutare le offerte (per esempio, esaminando contratti o usando le versioni trial)".

Spesso il tempo non si ha, quindi la conclusione è che tante imprese finiscono col: preferire soluzioni preesistenti (hosting, acquisto di hardware e software), non godere delle enormi potenzialità e benefici (agilità, riduzione costi, qualità del servizio) che può offrire il mercato cloud; limitare, in alcuni casi, la propria competitività.

Unico strumento in mano alle imprese che non vogliono scegliere solo in base al prezzo è il contratto: prima di sottoscriverlo occorre verificare che siano presenti i requisiti necessari in termini di: trasparenza (esistenza di sistemi adeguati per il controllo e la sicurezza dei dati); compliance/privacy (conformità alle leggi vigenti in Italia e alle normative anche industriali cui ciascuna impresa è soggetta, con disponibilità di documentazione che possa provarla, nonché supporto negli audit relativi).

Un altro strumento sono le certificazioni: "Il Cloud Service Provider dovrebbe dare evidenza di audit di terze parti o report adeguati sulla corretta esecuzione dei servizi in cloud", afferma Manfredi, ricordando che il 26 settembre 2013 CSA ha lanciato, in collaborazione con BSI (British Standards Institution), il programma di certificazione Star: una sorta di bollino di qualità.

La certificazione Star (Security, Trust & Assurance Registry) è stata pensata come integrazione della norma ISO/IEC 27001, che ne è quindi prerequisito essenziale. Ulteriori informazioni sul sito di CSA Italy.

Il Politecnico di Bari non è la sola organizzazione a sentire il bisogno di cloud. Anzi, il mercato del cloud è in forte crescita e comincia ad avere numeri interessanti, sostiene Alberto Manfredi, Business Development Manager dell'offerta Smart Solutions per i mercati Civile e Militare nazionale e internazionale di Selex ES, parte del Gruppo Finmeccanica, il quale è però intervenuto in qualità di presidente di CSA Italy, il capitolo italiano della Cloud Security Alliance.

Intanto lo dimostrano i numeri presentati da Assintel il 16 ottobre 2013. Secondo il rapporto dell'associazione il mercato cloud in Itali vale 848 milioni di euro, in crescita rispetto al 2012 del 43,2%. Si tratta del public cloud, composto per 487 milioni di euro da Software as a Service (SaaS), 39 milioni di euro da Platform as a Service (PaaS), 221 milioni di euro da Infrastructure as a Service (IaaS) e 101 milioni di euro da Cloud Management e Security Service.

Questo senza considerare il Business Process Outsourcing as a Service (BPOaaS), in altre parole servizi tradizionali di esternalizzazione dell'IT o di parte di esso, che oggi possono essere catalogati come private cloud. Il BPOaaS ammonta a 960 milioni di euro (in crescita del 22,4%) e quindi "si arriva a un totale del mercato cloud in Italia di 1,808 miliardi di euro, calcola Manfredi.

Oltrepassando i confini nazionali, si può osservare come il mercato dei servizi cloud, soprattutto sul fronte "public", sia sempre più ricco di offerte. Secondo il presidente di CSA Italy, questo è dovuto non solo alla dinamicità e forza di investimento dei cosiddetti OTT (Over The Top - cioè fornitori di contenuti e servizi, indipendenti da chi fornisce la connettività e il trasporto dei contenuti stessi – ndr), quali Google, Amazon, Salesforce, ma anche dei vendor (Dell, IBM, Microsoft, Fujitsu e altri), dei nuovi Cloud Service Provider  e soprattutto all’ingresso recente delle Telco (Telecom Italia, BT, Verizon/Terramark).

"Un mercato che quindi esiste e che è importante anche secondo l'Agenzia per l'Italia Digitale, che ha pubblicato le prime linee guida sull’adozione del Cloud nella PA e gestirà le prossime gare di ammodernamento dell’infrastruttura ICT della PA, in cui il cloud è inserito come infrastruttura abilitante per i servizi erogati", dichiara Manfredi.

Quest'ultimo aggiunge anche che l'Italia è l'unico paese dell'Unione Europea che in quest'ambito ha annunciato un programma di 26 miliardi di euro nei prossimi 3-5 anni. Staremo a vedere: pur senza voler fare i disfattisti, non sempre alle dichiarazioni di intenti seguono i fatti.

Anche se mancano annunci programmatici da parte delle altre nazioni, l’Europa, ricorda sempre Manfredi, "sta già sostenendo la diffusione del cloud con i programmi FP7 e Horizon2020 e con raccomandazioni/regolamenti, che possano aiutare il mercato a superare alcuni elementi di freno quali privacy, security e trust dei provider cloud".

Fin qui gli aspetti positivi. Il problema è che il mercato del cloud non è per tutti, sostiene il presidente di CSA Italy. Perché si tratta di un mercato non ancora maturo, cioè non in grado di auto-selezionare i migliori fornitori per servizio.

Il risultato, afferma Manfredi, è che il "consumatore del cloud deve investire tempo e, soprattutto, competenze per valutare le offerte (per esempio, esaminando contratti o usando le versioni trial)".

Spesso il tempo non si ha, quindi la conclusione è che tante imprese finiscono col: preferire soluzioni preesistenti (hosting, acquisto di hardware e software), non godere delle enormi potenzialità e benefici (agilità, riduzione costi, qualità del servizio) che può offrire il mercato cloud; limitare, in alcuni casi, la propria competitività.

I 4 livelli previsti dalla certificazione STAR di CSA e BSI

Unico strumento in mano alle imprese che non vogliono scegliere solo in base al prezzo è il contratto: prima di sottoscriverlo occorre verificare che siano presenti i requisiti necessari in termini di: trasparenza (esistenza di sistemi adeguati per il controllo e la sicurezza dei dati); compliance/privacy (conformità alle leggi vigenti in Italia e alle normative anche industriali cui ciascuna impresa è soggetta, con disponibilità di documentazione che possa provarla, nonché supporto negli audit relativi).

Un altro strumento sono le certificazioni: "Il Cloud Service Provider dovrebbe dare evidenza di audit di terze parti o report adeguati sulla corretta esecuzione dei servizi in cloud", afferma Manfredi, ricordando che il 26 settembre 2013 CSA ha lanciato, in collaborazione con BSI (British Standards Institution), il programma di certificazione Star: una sorta di bollino di qualità.

La certificazione Star (Security, Trust & Assurance Registry) è stata pensata come integrazione della norma ISO/IEC 27001, che ne è quindi prerequisito essenziale. Ulteriori informazioni sul sito di CSA Italy.