Come interagire con il mondo del software open source

Tra "integralisti" e "aziendalisti" la comunità del software libero si basa sulla buona volontà dei partecipanti, ma esistono esempi di concretezza di business tra aziende internazionali e anche qualche piccola realtà.

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a cura di Italo Vignoli

Abbiamo già affrontato questo tema, ma forse non siamo andati abbastanza a fondo nello spiegare qual è il percorso da seguire prima di poter cominciare a pensare di costruire un business con il software open source. Probabilmente, per uno come me, che frequenta da più di otto anni la comunità del software libero, è tutto molto semplice e lineare, mentre per chi osserva da fuori un mondo che è radicalmente diverso da quello del software commerciale (o proprietario) sembra tutto estremamente difficile e rischioso.

Certo, il mondo del software libero ha i suoi integralisti, ma ha anche i suoi "aziendalisti", che scelgono progetti dove c'è un'unica grande azienda a fare da sponsor - con obiettivi quasi sempre di tipo tattico - che troppo spesso cerca anche di pensare e decidere per conto della comunità stessa.

Come sempre, ognuna delle due realtà ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi, che dipendono in larga parte dalla tipologia del software e dalle caratteristiche della comunità. Per esempio, il server Apache non ha nessuna specifica azienda alle spalle, ma è indirizzato - per le sue caratteristiche - a un mondo di aziende che lo utilizzano nell'ambito di una soluzione più complessa, che integra altri elementi come nel caso della piattaforma LAMP - Linux, Apache, MySQL e PHP - che è alla base della maggior parte delle soluzioni di gestione dei contenuti.

Fare business con il software open source, in questo caso, significa adottare una piattaforma come Wordpress o Drupal come base per soluzioni a valore aggiunto pensate e progettate per le esigenze di una specifica azienda, ma poi restituire sotto forma di estensioni e plugin, oppure di soluzioni a bug e regressioni, l'utilizzo gratuito degli sviluppi altrui.

Ciascuno contribuisce, ovviamente, per le sue capacità e competenze, e tutto il sistema si autogoverna con una disciplina che fa spesso impallidire, in termini di efficienza ed efficacia, il management delle aziende. Partecipare alla comunità, in moltissimi casi, significa non solo restituire - o controbilanciare - l'uso gratuito del programma, ma anche rafforzare le proprie competenze attraverso il confronto con gli altri membri, che in molti casi sono molto più esperti o hanno competenze verticali su uno specifico argomento.

Acquisire la fiducia della community: l'esperienza diretta

Il passaggio fondamentale, e forse anche quello più ostico, perché ci si trova di fronte a una realtà completamente diversa da quella di provenienza, è l'ingresso all'interno della comunità. Spesso, è meglio fare il "guardone" (la traduzione del termine "lurker", con cui si definiscono coloro che studiano i comportamenti di una comunità leggendo con attenzione i messaggi nelle mailing list, senza però intervenire fino a quando ritengono di aver compreso i meccanismi e i processi che definiscono le gerarchie, meritocratiche, all'interno del gruppo) per qualche tempo, prima di rivelarsi proponendo di contribuire a uno specifico progetto.

In realtà, io ho bellamente ignorato questo processo, e sono entrato a gamba tesa, proponendomi subito per il ruolo di responsabile marketing del progetto italiano. Questo ha creato un po' di tensione, soprattutto da parte di coloro che probabilmente vedevano una potenziale diminuzione di importanza del loro ruolo a favore di un "pivello". C'è da dire che io all'epoca mi occupavo professionalmente di marketing di prodotti hi-tech già da quasi 25 anni, avendo maturato notevoli esperienze e conoscenze che pochi altri, anche a livello internazionale, potevano vantare.

I risultati si sono visti in pochi mesi, e questo ha creato due partiti: quello dei favorevoli, per i risultati, e quello degli irriducibili contrari, secondo i quali una persona che non sa sviluppare codice non ha diritto di cittadinanza nel mondo del software libero.

Comunque, indipendentemente dalle modalità di interazione, soft o aggressive, il risultato è quello che conta. La comunità, alla fine, deve portare un risultato che è superiore a quello della somma delle competenze presenti al suo interno, sia che arrivino da individui impiegati a tempo pieno da un'azienda sia che arrivino da volontari che contribuiscono a seconda delle loro disponibilità di tempo.

Per esempio, all'interno del Board of Directors e del Membership Committee di The Document Foundation, entrambi eletti dai membri della fondazione, che a loro volta diventano membri per i loro meriti e non per cooptazione (o invito), ci sono 17 persone: dieci - 7 titolari e 3 supplenti - nel Board of Directors, e sette - 5 titolari e 2 supplenti - nel Membership Committee. Di queste 17 persone, 6 sono dipendenti di software house (3 Suse, 2 Red Hat e 1 Canonical), e il resto sono un insieme eterogeneo di persone coinvolte nell'offerta di servizi a valore aggiunto intorno al software open source, oppure in attività indipendenti.

L'insieme di queste esperienze, anche internazionali, rappresenta un'enorme ricchezza, anche in termini di confronto, che nessuna azienda sarebbe disposta ad accettare nel proprio consiglio di amministrazione. Ciascuno di noi è entrato nel mondo del software open source in un momento diverso della propria vita, e per motivazioni diverse. Ciascuno lo ha fatto a modo suo, e ciascuno ricava dal software open source un arricchimento che giustifica il tempo che "spende" in questa attività. Per quasi tutti, il software open source si è trasformato da passione ad attività "economica", e non solo per gli sviluppatori che ovviamente non hanno avuto problemi a trovare un impiego in un'azienda.

Questo può succedere non solo a livello individuale ma anche a livello aziendale. Senza rifare l'esempio di Red Hat, che ha abbondantemente superato il miliardo di dollari di fatturato e continua a crescere, o di Suse, che ha ripreso a crescere e a produrre utili, possiamo parlare di Lanedo, una piccola software house tedesca che fornisce servizi professionali a valore aggiunto di alto livello, e continua ad assumere in tutta Europa perché i governi e le aziende pagano i suoi servizi.

Lanedo non ha nessun equivalente in Italia, ma potrebbe averne molti, perché il mercato c'è e sta crescendo. Chi vuole cimentarsi deve solo provare... basta solo un po' di buona volontà e di disponibilità.