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Come rendere i lavoratori felici con meno stipendio

I lavoratori sono disposti a rinunciare a parte dello stipendio pur di continuare a lavorare da remoto ed evitare l'ufficio, secondo una nuova ricerca.

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Avatar di Antonino Caffo

a cura di Antonino Caffo

Editor

Pubblicato il 28/10/2025 alle 10:40

La notizia in un minuto

  • Uno studio di Harvard, Brown e UCLA rivela che i professionisti sono disposti a rinunciare a un quarto del loro stipendio per lavorare da remoto, una cifra tre-cinque volte superiore alle stime precedenti basate su semplici sondaggi
  • La frustrazione dei lavoratori ha generato decine di nuovi termini come "Coffee Badging", "Acting Your Wage" e "Quiet Overworking", rivelando tensioni profonde tra dipendenti e management sul ritorno in ufficio
  • Il lavoro remoto negli USA è passato da 9 milioni di persone nel 2019 a 36 milioni nel 2025, ridisegnando economia e società con migrazioni verso città più accessibili e boom dei nomadi digitali che raggiungeranno 50-80 milioni globalmente
Riassunto generato con l'IA. Potrebbe non essere accurato.

La possibilità di lavorare da remoto vale così tanto che molti professionisti sarebbero disposti a rinunciare a un quarto del loro stipendio pur di evitare l'ufficio. È quanto emerge da una ricerca condotta da economisti di Harvard, Brown University e UCLA, i cui risultati rappresentano una vera e propria rivoluzione rispetto alle stime precedenti. Lo studio, pubblicato questa settimana, si basa su dati concreti raccolti in collaborazione con Levels.fyi, una piattaforma di benchmarking salariale utilizzata principalmente da professionisti del settore tecnologico.

A differenza delle ricerche precedenti, che si basavano su semplici sondaggi e questionari, questa analisi ha esaminato decisioni lavorative reali: offerte di lavoro effettivamente ricevute, pacchetti retributivi concreti e scelte finali dei candidati tra posizioni in presenza, ibride o completamente remote. I ricercatori hanno integrato anche dati provenienti da Glassdoor sulla reputazione dei datori di lavoro, il livello di soddisfazione dei dipendenti e il costo della vita locale, ottenendo così un quadro molto più accurato delle preferenze reali dei lavoratori.

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Il risultato è sorprendente: mentre gli studi precedenti suggerivano che i dipendenti fossero disposti ad accettare una riduzione salariale compresa tra il 5% e il 10% per il lavoro remoto, i nuovi dati mostrano una disponibilità da tre a cinque volte superiore. La differenza fondamentale sta nella metodologia: una cosa è dichiarare le proprie preferenze in un sondaggio, un'altra è dimostrarlo con scelte concrete quando si deve decidere quale offerta di lavoro accettare.

Dal punto di vista economico, questa scoperta ha implicazioni notevoli. In teoria, significa che con il budget necessario per quattro dipendenti in ufficio, un'azienda potrebbe assumerne cinque da remoto. E questo senza considerare i risparmi aggiuntivi derivanti dalla riduzione delle spese legate agli spazi fisici: affitti, utenze, manutenzione, arredi e servizi vari. Tuttavia, questi risultati non renderanno felice nessuno: i sostenitori del lavoro remoto non gradiranno l'implicazione che possano essere pagati meno, mentre gli oppositori dovranno confrontarsi con prove ancora più solide della desiderabilità di questa modalità.

Il prezzo di quattro stipendi da ufficio vale cinque lavoratori remoti

Il dibattito sul ritorno in ufficio ha generato nel frattempo tensioni notevoli tra dipendenti e datori di lavoro, dando vita a un vero e proprio fenomeno linguistico sui social media. Decine di nuovi termini ed espressioni sono stati coniati da lavoratori frustrati per descrivere le dinamiche del mondo del lavoro post-pandemia. Termini come "Coffee Badging" descrivono chi si presenta brevemente in ufficio giusto per farsi vedere e poi se ne va per lavorare da casa, mentre "Hushed Hybrid" indica chi lavora da remoto senza averne l'autorizzazione ufficiale.

Altre espressioni raccontano storie di malessere più profondo. "Acting Your Wage" significa impegnarsi proporzionalmente a quanto si viene pagati, mentre "Performance Punishment" descrive la situazione di chi viene sovraccaricato di lavoro altrui proprio perché troppo bravo. "Woliday" è il neologismo per chi continua a lavorare durante le ferie, "Fake Happy" per chi finge di essere soddisfatto mentre è esausto. E poi c'è "QuitTok", il filone di TikTok dedicato a chi si lamenta del proprio lavoro, o "Rage Applying", ovvero fare domanda per nuovi impieghi spinti dalla frustrazione per quello attuale.

Non tutte le nuove espressioni sono negative. Alcuni termini descrivono strategie aziendali come "Office Peacocking", cioè rendere gli uffici attraenti e appariscenti per invogliare i dipendenti a tornare, o "Quiet Hiring", l'aggiunta di capacità produttiva senza assumere a tempo pieno, magari attraverso consulenti esterni. Altri riflettono nuovi approcci alla carriera: "Career Cushioning" indica chi si prepara a cambiare lavoro mantenendo l'impiego attuale, mentre "Conscious Quitting" descrive dimissioni intenzionali per ragioni personali o etiche.

Si lavora troppo e troppo spesso

Interessante notare come i termini legati specificamente al lavoro remoto raccontino una storia diversa. "Quiet Thriving" descrive dipendenti che hanno successo senza cercare attenzioni, mentre "Quiet Overworking" evidenzia come la fusione tra vita lavorativa e domestica porti alcuni lavoratori remoti a prolungare l'orario oltre il dovuto, finendo per lavorare anche nei weekend. Esiste poi il "Proximity Bias", la tendenza a favorire chi è fisicamente presente in ufficio rispetto a chi lavora da remoto.

Questi neologismi rappresentano collettivamente un grido d'aiuto che rivela qualcosa di profondamente sbagliato nel mondo del lavoro moderno. Molti dipendenti si sentono costretti a sopportare spostamenti sgradevoli, costi aggiuntivi per abbigliamento e benzina, continue interruzioni in ufficio e orari rigidi incompatibili con la gestione dei figli e delle famiglie in cui entrambi i partner lavorano, tutto questo solo perché il management non si sente a proprio agio con il lavoro a distanza.

Va detto che non tutti i lavori possono essere svolti da remoto. Come osservano i ricercatori con un esempio pratico, quando la cucina prende fuoco non vorremmo certo che i vigili del fuoco lavorassero da casa. Tuttavia, per molti dipendenti costretti in ufficio risulta evidente che la loro presenza fisica sia ormai obsoleta, grazie alle tecnologie di lavoro remoto come videoconferenze, messaggistica istantanea, gestione progetti, archiviazione cloud, accesso remoto ai desktop, piattaforme collaborative e sistemi di comunicazione unificata.

L'impatto culturale ed economico del lavoro remoto va ben oltre le dinamiche aziendali. La tendenza, accelerata durante la pandemia di COVID-19, ha dato a milioni di persone un assaggio di uno stile di vita senza pendolarismo e uffici. Sebbene i titoli dei giornali possano far pensare a una corsa verso il remoto nel 2020-2021 seguita da un'inversione di tendenza, i dati raccontano una storia diversa. Nel 2019 circa 9 milioni di persone lavoravano da remoto negli Stati Uniti; nel 2022 il numero è balzato a 50 milioni e nel 2025 si attesta ancora intorno ai 36 milioni.

Nuovo tessuto sociale

Questa trasformazione sta ridisegnando il tessuto sociale ed economico. Il lavoro remoto sta riducendo la domanda di spazi per uffici, aumentando la crescita delle aree suburbane, spostando l'attività economica dai centri urbani verso le periferie, alimentando migrazioni verso città di medie dimensioni e più accessibili economicamente. Sta anche espandendo le esigenze di spazio residenziale e rimodellando la cultura aziendale con maggiore flessibilità, anche se con minori interazioni sociali dirette.

Alcuni settori ne hanno risentito pesantemente: ristoranti del centro città, caffetterie, lavanderie a secco, sistemi di trasporto pubblico, rivenditori di forniture per ufficio, palestre urbane, servizi di catering aziendale e società immobiliari commerciali specializzate in affitti per uffici. Altri invece stanno prosperando: aziende di mobili per l'home office, fornitori di software per videoconferenze e collaborazione, agenzie immobiliari suburbane, rivenditori di articoli per il miglioramento della casa, servizi di consegna locali, operatori di spazi di coworking e fornitori di banda larga.

Uno dei cambiamenti culturali più significativi è l'ascesa dello stile di vita da nomade digitale, lavorare viaggiando o vivendo temporaneamente all'estero. Prima del 2019 meno di 10 milioni di persone vivevano come nomadi digitali a livello globale; entro la fine del 2025 si stima che il numero raggiungerà tra i 50 e gli 80 milioni. L'interesse per questa modalità è evidente osservando le discussioni infinite su Reddit e altri social, dove gli utenti chiedono costantemente come ottenere un "lavoro da nomade digitale".

In realtà, non esiste un lavoro specificamente "da nomade digitale". Un impiego è semplicemente remoto oppure no. Se è completamente remoto, il dipendente è libero di andare dove preferisce. Molte aziende offrono posizioni limitate completamente remote, mentre alcune sono totalmente remote con tutti i dipendenti che lavorano a distanza a tempo pieno. Tra le società favorevoli al lavoro remoto figurano nomi come Affirm, Atlassian, Dropbox, HubSpot, Pinterest, Reddit, Spotify e Twilio, solo per citarne alcune.

Alla fine del 2025, il quadro è chiaro: il lavoro remoto è più popolare che mai, quello in ufficio sempre meno gradito, e le aziende intelligenti stanno risparmiando denaro e attirando i migliori talenti offrendo la flessibilità e la libertà del lavoro a distanza come beneficio. E ora sappiamo con certezza che i lavoratori sono disposti ad accettare stipendi sostanzialmente inferiori pur di poter lavorare ovunque tranne che in ufficio.

Fonte dell'articolo: www.computerworld.com

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