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a cura di Giancarlo Calzetta

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Cloud computing, un concetto che abbiamo sentito ripetere fino alla nausea e che finalmente si è affermato nella vita di molte aziende, portandosi dietro un bagaglio di innovazione notevole.

Ma anche se il cloud computing non è ancora arrivato in tutti gli uffici, il progresso non si ferma ed è già ora di parlare di “Edge cloud”, la sua naturale evoluzione che permetterà di vincere sfide ancora più incredibili.

Ma davvero ci serve qualcosa che vada oltre il cloud? Il CEO e co-fondatore di Akamai, Tom Leighton, sostiene di sì e ci ha spiegato il perché durante l’evento EDGE World, tenutosi a Las Vegas il 12 e 13 giugno.

Durante il suo intervento sul palco ha portato con sé dei numeri che danno da pensare. La quantità di dati generata dagli eventi video sul Web sta crescendo in maniera drammatica e la qualità dello streaming è già superiore a quella delle trasmissioni satellitari.

Ma l’infrastruttura può continuare su questa strada? Nel 2008, Akamai era fiera di poter fornire 1.2 terabit per secondo di video sulla propria piattaforma di distribuzione. Sembra una cifra stratosferica, ma… traducendola in dati concreti, è l’equivalente di un milione di persone che guarda uno stream da 1 megabit per secondo. Meno di un terzo di quanti hanno guardato la prima partita della nazionale di calcio femminile italiana alla coppa del mondo.

Se considerate che i maggiori broadcaster hanno annunciato la loro intenzione di abbandonare la trasmissione via satellite entro i prossimi 10-15 anni per passare al Web, è facile capire quanto crescerà la domanda di banda per questa applicazione.

La piattaforma di Akamai oggi può fornire fornisce 72 terabit al secondo di video stream, ma anche questo numero enorme perde di consistenza se lo si traduce in numeri pratici. Bastano 18 milioni di spettatori con una connessione a 4 megabit per saturare tutta la banda disponibile.

Se pensiamo che il solo Super Bowl ha collezionato nel 2019 qualcosa come 105 milioni di telespettatori nei soli Stati Uniti, l’inconsistenza dell’offerta video sul Web diventa palese. Ma allora, qual è la strada da seguire?

“Il cloud non può gestire i volumi di dati eccezionalmente elevati” – dice Leighton – “che vengono generati da eventi mondiali e inizierà a far fatica anche con il day by day. Il problema consiste nel suo approccio che, ovviamente, non può prescindere dalla centralità. Nessun datacenter può gestire 100 terabyte al secondo di stream perché pochissimi sono i provider che possono mettere in campo una banda così ampia.”

“Bisogna andare a prendere la banda dove c’è: nell’ultimo miglio. Decentralizzare i contenuti con poche connessioni molto ampie verso server che si trovano nella regione dei clienti e lasciar fare a loro l’ultimo pezzo, sfruttando le connessioni locali; senza intasare quelle centrali”.

L’idea, in effetti, non è sbagliata, ma questo significa avere centinaia di grandi server nei datacenter degli Internet Provider locali. “Sì, abbiamo centinaia di server presso i piccoli provider” – conferma Leighton – “che sono molto contenti di darci un supporto e venderci la banda a prezzi molto ragionevoli, rendendo economicamente sensato, se non addirittura più conveniente, una infrastruttura di questo tipo”.

L’architettura Edge, inoltre, è anche più robusta da un punto di vista strutturale. Se uno o più punti vengono abbattuti per problemi ai server o alle connessioni, i percorsi alternativi di fornitura dei contenuti sono molto più numerosi di quelli disponibili con una architettura cloud tradizionale.

Inoltre, anche la sicurezza informatica ne beneficia dal momento che ogni server “delocalizzato” Akamai gestisce le minacce ben lontano dal centro in cui vengono conservati i dati, permettendo un miglior isolamento delle risorse sensibili.

Ovviamente, la distribuzione di contenuti video non è l’unico campo in cui l’architettura Edge porta dei benefici. Innanzitutto, con il server molto più vicino al cliente i tempi di latenza sono molto ridotti e questo apre molte opportunità tipo la gestione dei videogiochi in streaming in maniera efficace.

Anche i backup in cloud hanno grandi vantaggi dalla gestione Edge, perché oltre a esser vicini fisicamente, si può scegliere su quali datacenter ospitare i dati, senza che vengano replicati altrove.

Infine, un perimetro basato su Edge protegge molto meglio le risorse web dagli attacchi DDOS. Dal momento che la potenza di fuoco viene distribuita “automaticamente” su più server, non si arriva al punto di saturazione e i servizi reggono il fuoco anche in caso di attacchi superiori al terabit per secondo.

Insomma, ancora dovevamo abituarci al concetto di cloud che già è cambiato e il futuro ci abituerà a una costante accelerazione nel cambiamento, che diventerà sempre meno evidente fino a quando avremo reti in grado di svilupparsi, gestirsi, ripararsi ed evolversi per conto proprio. Edge è solo un altro passo in quella direzione.