Le difficoltà nella migrazione verso il software defined storage

Una ricerca DataCore su SDN evidenzia le difficoltà di gestione e migrazione tra generazioni diverse di dispositivi di storage e flash

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a cura di Giuseppe Saccardi

DataCore ha realizzato un’indagine per identificare le sfide che le organizzazioni si trovano a fronteggiare nel mondo dello storage e per capire quali elementi stiano spingendo la richiesta di Storage Definito dal Software (SDS). La ricerca ha visto coinvolti 388 professionisti IT di tutto il mondo. 

La ricerca evidenzia come lo storage definito dal software sia preso in considerazione per semplificare la gestione delle “isole solitarie” di dispositivi di storage (26%) e per ridurne i malfunzionamenti (30%), per proteggere meglio gli investimenti (32%) e per garantire la compatibilità futura dell’infrastruttura con l’integrazione di nuove tecnologie come quelle flash (21%).

I driver che guidano l'evoluzione verso il Software Defined Storage

Il passaggio all’SDS è ritenuto molto interessante se si considera che quasi la metà degli intervistati ritiene la difficoltà della migrazione tra differenti modelli e generazioni di dispositivi di storage l’elemento che impedisce di utilizzare prodotti di storage più economici proposti da altri fornitori. La ricerca evidenzia fra l’altro che:

  • I due principali fattori che impediscono di prendere in considerazione modelli e marchi diversi di dispositivi di storage sono la pletora di strumenti necessari a gestirli e la difficoltà di migrazione tra differenti modelli e generazioni.
  • Il 39% degli intervistati non ha a che fare con queste difficoltà, dato che il software indipendente per la virtualizzazione dello storage permette già alle loro organizzazioni di riunire in pool dispositivi e modelli diversi di produttori fra loro concorrenti e di gestirli centralmente.
  • Oltre la metà dei professionisti che hanno partecipato all’indagine afferma che meno del 10% della capienza è stata allocata su storage flash.
  • Quasi il 40% degli interpellati sostiene di non avere preso in considerazione nei progetti di virtualizzazione dei server l’utilizzo di tecnologia flash o di dischi allo stato solido a causa dei costi elevati.
  • Come lo scorso anno, la possibilità di aumentare la capienza senza contraccolpi sull’operatività quotidiana e il miglioramento delle pratiche di disaster recovery e continuità operativa si sono posizionate ai primi due posti tra le ragioni che hanno portato all’adozione di software per la virtualizzazione dello storage.

"Lo storage definito dal software non è solo pensato per aiutare le organizzazioni a riunire in pool tutti gli asset di storage disponibili, ma anche per gestirli end-to-end e per poter aggiungere qualunque tipologia di storage all’architettura esistente. Il tutto si traduce in maggiore produttività e costi contenuti", sostiene George Teixeira, Presidente e CEO di DataCore.