Sono ormai settimane che si parla di "bolla AI", e che si ripete il confronto con la bolla dotcom dei primi anni duemila. Uno scenario che si fa più completo guardando all'andamento di alcuni prodotti specifici.
Si può guardare per esempio a GPT-5; prima del lancio Sam Altman lo aveva descritto con termini quasi apocalittici, paragonandolo al Progetto Manhattan e affermando di sentirsi "inutile" di fronte alla sua intelligenza. La realtà è stata ben diversa: gli utenti hanno accolto il nuovo sistema con un tiepido interesse, lamentando soprattutto l'eccesso di marketing rispetto ai miglioramenti effettivi. GPT-5 è un incremento modesto rispetto a ciò che era in grado di fare il suo predecessore.
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E non è l'unico caso in cui le reali capacità dell'AI si rivelano molto meno "magiche" rispetto al discorso che se ne fa. David Krueger, professore dell'Università di Montreal specializzato in sicurezza dell'AI, sottolinea come buona parte del disappunto derivi dai "livelli irragionevoli di hype" creati dalle stesse aziende del settore. Le previsioni più audaci stanno una dopo l'altra venendo ridimensionate dalla prova dei fatti.
C'è poi quel famoso studio del Massachusetts Institute of Technology ha rivelato che solo il 5% delle aziende analizzate è riuscito a convertire l'intelligenza artificiale in ricavi concreti. Un dato da considerare con grande cautela, perché include in buona parte progetti concepiti male e sviluppati peggio.
Ma il numero grezzo è sicuramente di grande impatto, e infatti è stato sufficiente a provocare un sell-off nel mercato tecnologico e a far riflettere molti investitori sulla reale sostenibilità degli investimenti miliardari nel settore.
Carl Benedikt Frey, economista di Oxford, offre una prospettiva particolarmente illuminante: "Stiamo vedendo una crescita dei ricavi ragionevole per una manciata di aziende pioniere della rivoluzione AI, ma non vediamo questo tradursi in una crescita economica più ampia". Il paragone con la bolla delle dot-com degli anni '90 è inevitabile, anche se allora almeno si registravano guadagni tangibili di produttività.
Nonostante il raffreddamento generale, alcuni settori mostrano già impatti concreti dell'AI. Una ricerca di Stanford ha rilevato che l'intelligenza artificiale sta effettivamente eliminando posti di lavoro entry-level per i giovani tra i 22 e i 25 anni, specialmente in ambiti dove l'AI sostituisce piuttosto che integrare il lavoro umano. Marc Benioff di Salesforce ha dichiarato che gli agenti AI stanno rimpiazzando migliaia di ruoli nel supporto clienti.
Frey e il collega Pedro Llanos-Paredes hanno studiato l'effetto dell'AI sui traduttori freelance, concludendo che la tecnologia sta avendo un impatto piccolo ma dimostrabile su queste professioni. Tuttavia, sottolinea Frey, "quello che trovo preoccupante è che non stiamo ancora vedendo alcun accenno nelle statistiche sulla produttività, e in definitiva è quello che conta".
Le previsioni mancate dei leader tecnologici
Le promesse più audaci si stanno rivelando premature. Dario Amodei di Anthropic aveva previsto a marzo che l'AI avrebbe scritto il 90% del codice degli sviluppatori software entro tre-sei mesi. La realtà è più modesta: durante la presentazione dei risultati trimestrali di Alphabet, Sundar Pichai ha rivelato che oltre il 30% del codice scritto in Google viene generato dall'AI – un risultato significativo ma ben lontano dalle previsioni iniziali.
Anche le tempistiche per l'Intelligenza Artificiale Generale (AGI) vengono costantemente riviste. Altman ha predetto il suo arrivo durante la seconda presidenza Trump, mentre Elon Musk una volta suggerì che potesse arrivare entro fine anno. Krueger è scettico: "Penso che i modelli linguistici di grandi dimensioni siano probabilmente un pezzo importante del puzzle, forse il più grande. Ma credo che ci manchino ancora alcuni pezzi".
Perfino i mercati finanziari stanno adattando le aspettative. I risultati di Nvidia della scorsa settimana, pur superando le previsioni di Wall Street, hanno fatto calare il titolo, suggerendo che gli investitori non erano impressionati quanto sperato. Un analista UBS ha riassunto i risultati con un termine che potrebbe definire perfettamente la nuova era dell'AI: "abbastanza buoni".