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Open Innovation Italy: per Smau è il tempo del “fare”

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Open Innovation Italy: per Smau è il tempo del “fare”

di Antonino Caffo mercoledì 21 Ottobre 2020 8:59
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Innovazione, dal dire al fare. Per le aziende italiane è arrivato il momento di accelerare in maniera significativa, adottando approcci di open innovation più ambiziosi con una visione meno locale e più internazionale. Questo il messaggio principale contenuto nel nuovo Report “Open Innovation Outlook Italy 2021” realizzato da Mind the Bridge con il supporto di Smau e presentato durante la cerimonia di apertura di Smau 2020, in programma ancora oggi al Mico di FieraMilanoCity.

«Un crescente numero di aziende italiane, seppur lentamente, sta finalmente convertendo i principi dell’open innovation appresi in questi ultimi anni in reali processi di esecuzione, andando finalmente oltre le iniziali operazioni di marketing e comunicazione a cui per diverso tempo sono rimaste legate» ha commentato Alberto Onetti, Chairman di Mind the Bridge, durante la presentazione del Report.

«Ci aspettiamo che questo trend continui a crescere e che possa coinvolgere un numero sempre maggiore di aziende, non solo grandi ma anche di media dimensione. Va anche segnalato che i dati mostrano ancora un gap importante, pur tuttavia con qualche eccezione, tra le aziende italiane e i leader internazionali». Nella maggior parte dei casi, infatti, si tratta di primi tentativi, trainati spesso da finalità di marketing e comunicazione, piuttosto che di piani consolidati con risorse e budget dedicati. I risultati in termini di collaborazione tra startup e imprese, di conseguenza, sono risultati al momento ancora limitati.

La metodologia d’analisi adottata è quella utilizzata da anni da Mind the Bridge a livello internazionale per valutare la propensione all’open innovation delle società consolidate, qui implementata su centinaia di aziende italiane, di differenti dimensioni e mercati. Tale metodologia misura sia i fattori interni che abilitano l’innovazione (strategia, organizzazione, processi e cultura) sia le azioni concrete implementate (accelerazione di startup, procurement, co-sviluppo, investimenti, acquisizioni e risultati raggiunti).

«Sul territorio italiano avvertiamo un crescente fermento e una forte attenzione al tema dell’open innovation» ha aggiunto Pierantonio Macola, Presidente di SMAU «misurato anche dalle oltre 500 candidature che ogni anno riceviamo per il Premio Innovazione Smau, che sempre più spesso raccontano di collaborazioni tra startup e imprese esistenti. Auspichiamo che questa energia si diffonda sempre di più non solo all’interno di grandi corporate ma anche di realtà di piccole dimensioni che possono trovare nelle startup un alleato per sviluppare rapidamente nuovi progetti da presentare al mercato».

La velocità di sviluppo dell’Open Innovation in Italia sembra infatti dipendere molto dal momento in cui le singole grandi aziende hanno iniziato a collaborare concretamente con le startup. Meno della metà (44%) delle 25 “Top Italian Corporate Startup Stars”, secondo il parametro di Open Innovation Readiness sviluppato di Mind the Bridge, supera il valore “medio” italiano di 2.6 (il 28% registra un punteggio addirittura inferiore a 2) con la sola Enel a spiccare con un punteggio superiore a 4 che la colloca di diritto al fianco delle grandi aziende internazionali leader in open innovation (punteggio medio 4.1). Se circoscriviamo invece il confronto alle sole Top 10 (punteggio medio nazionale 3.2 verso 4.4 internazionale) la distanza dalle leader globali, sebbene ancora notevole, si riduce di 0.3 (1.5 contro 1.2).

Da un rapido sguardo alla Open Innovation Readiness Matrix, si evince tuttavia una visibile crescita generalizzata delle Top 25 verso l’alto (a testimonianza di una maggiore consapevolezza a livello strategico e organizzativo) e verso destra (più azioni implementate), con un miglioramento generale dello 0.25% rispetto allo scorso anno. Cinque aziende hanno registrato un miglioramento significativo (+0.7-0.8%), tre uno minimale mentre nove non hanno registrato alcun miglioramento.

D’altra parte, occorre registrare che l’Open Innovation sta lentamente permeando anche il mondo delle PMI, che rappresentano la spina dorsale dell’economia italiana. O, perlomeno, quelle più grandi e strutturate (+0.5% rispetto al 2019) mentre le medie (+0.2%) ci provano e le più piccole restano ancora fuori dai giochi (nessun miglioramento).

Le Telco, che per prime avevano accolto la sfida dell’open innovation in Italia, hanno un ruolo meno trainante, passando il testimone alle aziende del settore Energia, che mostrano approcci più completi e un crescente interesse per tecnologie orientate a sostenibilità, decarbonizzazione ed economia circolare. Cinque delle Top 10 operano infatti in questo ambito, includendo anche aziende dell’Oil&Gas e Multi-Utilities; tre delle Top 10 appartengono al comparto bancario-assicurativo, seguito da Automotive, Trasporti, Food, Distribuzione.

Data questa fotografia c’è da chiedersi se siano le aziende italiane a soffrire della debolezza dell’ecosistema startup nazionale oppure se sia quest’ultimo a soffrire della loro limitata operatività. «Difficile identificare una precisa relazione di causa-effetto. Ad ogni modo l’ecosistema italiano risulta ancora ben lontano sia in termini numerici che per qualità dai principali ecosistemi internazionali. A fine 2019 l’Italia conta solo 245 scaleup e, di queste, solo 5 sono state in grado di raccogliere più di 100 milioni di dollari. Dati che la collocano ancora al decimo posto nella classifica europea e ben lontana dal campionato maggiore che si gioca in altri campi come la Silicon Valley, Israele, Cina, ma anche lontana da sistemi emergenti come, ad esempio, la Corea del Sud» ha concluso Alberto Onetti.

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