Perché la maggior parte dei progetti Big Data fallisce

Secondo Darin Bartik, executive director di Dell Software, la maggior parte del progetti relativi ai Big Data vanno incontro al fallimento. Ma la strada per il successo esiste e ce la spiega

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a cura di Giuseppe Saccardi

I Big data sono il tema del momento dato che dipartimenti IT grandi e piccoli sono alle prese con volumi di dati strutturati, e non, che hanno la perniciosa costanza di aumentano in modo esponenziale. Ma, osserva Darin Bartik, executive director di Dell Software, al di là del fenomeno IT, la maggior parte dei progetti big data fallisce mentre le aziende cercano di catturare, gestire, comprendere e, infine, trarre valore da dati e informazioni che hanno nel tempo accumulato. 

Sembra quindi, secondo Dell, che gestire i big data ed essere in grado di estrarne il giusto valore sia un arduo compito già di per sé ma se in aggiunta non si è d’accordo già in fase di definizione dell’obiettivo e per di più non si dispone dei giusti strumenti, il progetto è allora destinato a fallire. 

Darin Bartik, Dell Software

Tra le principali cause quelle che Bartik ritiene le più critiche vi è:

  • La mancanza di allineamento. I dipartimenti IT e business non sono allineati sui problemi da risolvere ma affrontano la questione da un punto di vista puramente tecnologico. La mancanza di un reale impegno da parte dei responsabili aziendali rende tale allineamento ancora più difficile da ottenere.
  • Mancanza di accesso. L’accesso ai dati è spesso limitato e i membri del team spesso non possono accedere ai dati di cui hanno bisogno per trovare le risposte volte ad assicurare il successo del progetto.
  • Mancanza di conoscenza. Molte delle tecnologie, approcci e discipline relative ai big data sono nuovi, e le persone spesso non sanno come lavorare con i dati e ricavarne dei risultati utili.

Si può essere di certo d'accordo con Bartik, soprattutto per l'ultimo punto. I Big Data implicano conoscenze statistiche e di tecniche di analisi molto sofisticate non sempre alla portata di chi ha sino al giorno prima usato fogli Excel o data base strutturati.

Di tutti questi problemi il primo, ritiene Bartik, è sicuramente il principale. Il concetto è che si sta esplorando e cercando quello che non si conosce ma, per ottenerlo, è fondamentale definire il progetto in termini di ciò che il business vuole raggiungere e quali le domande a cui si intende rispondere. Nonostante sia il fattore più importante per il successo di un progetto big data, l’allineamento è poi difficile da ottenere.

Non solo big data significa cose diverse per persone diverse, ma una gamma di fattori esterni può influenzare le modifiche nei requisiti e nelle priorità di business più velocemente di quanto l’IT non riesca a gestirle. Se IT e business non sono allineati sull’obiettivo del progetto, il focus può facilmente passare dal rispondere a specifiche domande di business al gestire la tecnologia necessaria per accontentare tutte le persone coinvolte.

Un altro impatto deriva dalla scarsa propensione al cambiamento. Se un progetto big data, che può avere costi elevati, suggerisce un’azione che risulta troppo lontana dagli interessi più immediati degli azionisti, questi potrebbero essere reticenti nell'accettarla. I gruppi di analisti (anche per venali interessi di parte) potrebbero a questo punto proporre una direzione alternative che ritengono possa essere accettata, suggerendo così azioni tutt’altro che ottimali per il business.

Il secondo motivo per cui i progetti big data falliscono, evidenzia Bartik, risale a una premessa IT fondamentale: l'esistenza di silos informativi. Vi sono silos di dati per le vendite, il marketing, e così via, ognuno ben protetto, sia per il vizio atavico tipico di ogni divisione aziendale ma anche e non raramente per motivi normativi e di compliance. Di certo vi sono quindi ottimi e giustificati motivi per cui questi silos esistano ma, se i dati che servono non sono disponibili, si è in presenza di vincoli ancora prima di iniziare a cercare di risolvere il problema.

In sostanza, per superare l’impasse in cui si può incorrere, e la cosa avviene con una elevata frequenza, i progetti inerenti i big data devono partire dai manager. Se non si hanno a disposizione tutti i dati rilevanti, non è possibile identificare le relazioni e gli schemi che è necessario delineare per rispondere ai quesiti del business.

Ma non è tutto, continua Bartik. un terzo problema è la mancanza di conoscenza ed è legato all’avere a disposizione le persone con le giuste qualità per attuare il progetto. L’assunzione di analisti e esperti in scienze statistiche è una possibilità per alcune realtà, ma non per tutte. Sono rari e sovente costano molto. In effetti, quello che servirebbe è una persona che associ la mente di uno scienziato e di un ricercatore investigativo con le competenza di un analista programmatore, un poco come cercare unago nel pagliaio. Si tratta di una figura professionale costosa e rara e queste qualità non sono così facili da trovare né da sviluppare.

Quindi, è la domanda che a questo punto Bartik pone, come avere successo? Per risucirci suggerisce di considerare un approccio pratico e, per iniziare, non chiamarlo "Big Data Project", ma qualcosa del tipo "progetto per saperne di più sui clienti e sul perché acquistano presso un determinato negozio", (magari della concorrenza). Il progetto ha l’obiettivo di rispondere a importanti quesiti di business, e i big data sono la fonte delle risposte. Ecco alcune best practice che Bartik suggerisce:

  • Iniziare dai problemi che si desidera risolvere : Non affrontare un problema enorme, ma partire da un progetto piccolo relativo a una questione specifica. Redigere una lista delle domande e non perdere di vista l’obiettivo preoccupandosi troppo della tecnologia. Assicurarsi che il team sia circoscritto ad alcuni individui e che tutti gli stakeholder concordino sull’obiettivo.
  • Avere il consenso dall’alto: Una volta identificato il problema da risolvere, il business team deve ottenere il consenso per accedere ai dati necessari per portare a termine con successo il progetto.
  • Ci vuole un team con le conoscenze necessarie: Dal punto di vista ideale ci vuole qualcuno che comprenda il machine learning, abbia le competenze scientifiche ed analitiche necessarie, e sia in grado di lavorare con i dati per ottenere i risultati richiesti.

In sostanza, per avere il coinvolgimento e il commitment del management si tratta di scegliere un problema che crei reale ( e misurabile) valore per il business, e se lo si porta a termine si è sulla strada giusta per affrontarne poi uno più grande.