Red Hat sempre più community e partner

Perseguendo l'obiettivo di portare le vendite indiretta al 100%, Red Hat punta sui vantaggi di un'architettura aperta e basata su uno stack infrastrutturale open source completo.

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a cura di Gaetano Di Blasio

L'Italia è una country di successo perché applica molto bene il nostro modello 'partner centric' ed è pronta a cogliere le opportunità di un mercato che crescerà a livello mondiale da 17 a 50 miliardi di dollari.

Ha le idee chiare Arun Oberoi, executive vice president Global Sales and Services di Red Hat, che sottolinea l'importanza per l'azienda di mantenersi fedele a questa strategia commerciale, per cogliere la crescita guidata probabilmente "dai volumi crescenti di traffico e dati, che metteranno in crisi chi possiede infrastrutture legacy o, peggio, obsolete, sostiene l'executive.

"Le necessità di rinnovamento dei data center e quelle di 'rendere mobili' le imprese creeranno sfide interessanti e grandi opportunità di mercato", continua Oberoi, aggiungendo che esistono diversi gradi di maturità e di penetrazione delle tecnologie presso le aziende, che dovranno essere supportate tutte.

Collaborazione e community

Per far funzionare questo modello centrato sui partner, sottolinea Oberoi, è fondamentale per Red Hat investire nella formazione, non solo dei propri tecnici, ma soprattutto di quelli del canale di vendita indiretta. Infatti, l'obiettivo è quello di arrivare al 100% del proprio business realizzato attraverso i partner, quasi raggiunto in Italia, dove sono all'80%, rispetto una media che oscilla tra il 60 e il 65% nel resto del mondo.

Per questo, pure fondamentale è la collaborazione, spiega Oberoi, propria del modello open source, per cui i partner sviluppano anche pezzi dell'infrastruttura. In realtà, come evidenzia Brian Stevens, CTO e vice president Worldwide Engineering di Red Hat, la collaborazione riguarda anche i clienti stessi che si impegnano nelle community.

Stevens rimarca la potenza innovatrice delle community, che "si fanno sempre più larghe e che contribuiscono a sviluppare molte applicazioni, che vengono sempre più spesso utilizzate anche in ambienti non open source, come nel caso delle tecnologie per i Big Data.

Peraltro, le community non vanno neanche lasciate a loro stesse, spiega il CTO: "Solo perché un ambiente è open, non significa che qualsiasi pezzo di software, modulo o soluzione sarà realizzata. Per questo operiamo per guidare lo sviluppo dei progetti, per mantenere l'unità tra i diversi partner, sottolineando i benefici della condivisione".

Attraverso alcuni 'evangelist', Red Hat favorisce lo sviluppo, avviando iniziative e contribuendovi direttamente, come nel caso di OpenStack. Sviluppare le community, però non significa aumentare esponenzialmente il numero di partner, tranquillizzano i manager di Red Hat, ben consapevoli dell'importanza di salvaguardare i margini di profitto.

Fedeltà alla linea aperta

Anche Gianni Anguilletti, country manager di Red Hat in Italia, rassicura gli attuali partner da questo punto di vista e rimarca anche un altro aspetto importante: la fedeltà all'apertura dell'architettura, basata su open source e standard, a garanzia dell'interoperabilità con tutti gli ambienti, per "evitare che le soluzioni portino al lock-in".

In questa direzione andranno i prossimi sviluppi, con il supporto di tutti i maggiori hypervisor, middleware e sistemi operativi. La strategia di Red Hat è fedele a tale linea, per cui lo sviluppo tecnologico proseguirà lungo il percorso indicato dal country manager italiano, seguendo tre assi principali, a cominciare appunto dall'apertura.

Gli altri due sono la copertura delle esigenze funzionali, in termini di investimenti per mantenere la completezza dello stack infrastrutturale open source e, infine, la flessibilità, cioè sintetizzano in Red Hat: "any application, any time, anywhere".