Safe Harbor fuori legge: quali le conseguenze per il VoIP in Europa

La Corte di Giustizia Europea invalida la fruibilità di servizi dati, tra cui il VoIP in modalità hosted, erogati da operatori statunitensi a clienti europei

Avatar di Giuseppe Saccardi

a cura di Giuseppe Saccardi

Come auspicato, o temuto a seconda del punto di vista e della sponda dell'Atlantico su cui ci si trova, l 'accordo "Safe Harbor", ossia la convenzione siglata 15 anni fa tra Stati Uniti e Commissione Europea che consentiva alle società americane di conservare negli Stati Uniti, nel rispetto di alcuni standard, i dati personali degli utenti europei, è stato invalidato dalla Corte di Giustizia Europea.

La sentenza, osserva 3CX,  giunge a fronte della causa intentata dallo studente e attivista della privacy Max Schrems contro Facebook presso il tribunale irlandese in merito all'illecita conservazione generalizzata dei dati personali degli utenti europei senza alcuna differenziazione rispetto agli utenti americani, finita alla Corte di Giustizia Europea.

3CX Safeharbour

Dati europei più sicuri

Lo scandalo della NSA statunitense è stato il casus bellis oltre che prova evidente portata dall'accusa, così come la trasmissione dei dati personali dei cittadini europei da Facebook ai centri di calcolo americani ed il sospetto di manipolazione delle misure per la protezione dei dati, come appreso dalla stesso Schrems durante il suo soggiorno di studio negli Stati Uniti direttamente da un addetto alla sicurezza dei dati di Facebook.

Sebbene i giudici abbiano dichiarato che la decisione di annullamento sia stata presa non a seguito della quasi incredibile storia dei servizi segreti ma a causa della chiara incompatibilità delle leggi americane con i diritti fondamentali sanciti nell'UE (US Patriot Act, emesso nel 2001 e il conseguente monitoraggio indiscriminato, apparentemente interrotto nel giugno di quest'anno), è ragionevole pensare che la sentenza affondi le proprie radici anche nelle rivelazioni di Snowden.

O che perlomeno queste ultime abbiano contribuito ad accelerarla e a farla giungere finalmente in porto come auspicato da cittadini e aziende europee operanti nel settore dei dati.

Dopo che gli episodi internazionali sopra citati, aggiunge 3CX,  hanno coinvolto emotivamente l'opinione pubblica era infatti solo questione di tempo prima che si giungesse ad una revisione dell'accordo "Safe Harbor".

In base al Patriot Act, infatti, la riservatezza dei dati personali degli utenti europei conservati in America non avrebbe potuto essere garantita. Di notevole interesse, in tutta la questione, è comunque il fatto che la richiesta di modifica dello status quo non sia scaturita a livello politico ma sia stata portata avanti con perseveranza da un singolo cittadino e dalla sua azione collettiva con la raccolta di oltre 25.000 firme.