Si scrive Big Data si legge opportunità

I Big Data sono il risultato di una trasformazione dell'IT digitale che fornisce importanti possibilità di business. Si tratta ormai di un mercato ben definito per il quale nel 2014 IDC prevede una forte accelerazione in Europa

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a cura di Riccardo Florio

Di Big Data si è cominciato a parlare prima ancora che tutti fossero d’accordo sul significato di tale termine. In realtà l'esigenza di coniare una nuova terminologia derivava dal fatto di confrontarsi per la prima volta con problematiche legate a una mutazione nella natura e nel volume dei dati digitali prodotto sia dagli individui sia generati dalle macchine connesse in rete.

Nel primo caso è stata soprattutto la diffusione dei social media e dei dispositivi mobili a determinare una vera e propria esplosione di informazioni digitali, ma forse ancora più rilevante è stato il volume di dati generati dai video delle telecamere di sorveglianza, dalle stazioni meteorologiche, da misure di varia natura rilevate da sensori sparsi in ogni parte del globo.

Una questione di definizioni 

Inizialmente ci si è soffermati su una delle caratteristiche più immediate rappresentata dalla dimensione da cui l'appellativo Big che ben si adattava anche a essere sfruttato dal marketing. Come accade spesso, e come è accaduto recentemente per esempio con il cloud, ogni azienda ha poi cercato di piegare il termine Big Data alle caratteristiche che meglio si adattavano alle soluzioni che ciascuna proponeva.

Pertanto il concetto di Big Data viene spesso affrontato dal punto di vista delle nuove richieste di capacità storage oppure dal punto di vista degli strumenti analytics necessari per estrarre il valore di business insito nei dati destrutturati o, ancora, in relazione al cloud come elemento indissolubile che rappresenta nel contempo un driver e una conseguenza dell'affermazione di questo nuovo modello IT.

La descrizione per certi versi più generica ma anche più corretta (perlomeno nell'opinione di chi scrive) dei Big Data è che si tratta di dati che spingono al massimo le tecnologie attualmente a disposizione per trattarli, memorizzarli, gestirli e analizzarli.

Solitamente è ormai d'uso associare ai Big Data un'altra semplificazione della comunicazione basata sulle cosiddette "3 V". Si tratta di Volume, Velocity, Variety, a cui molte aziende si sono affrettate ad aggiungerne una quarta o quinta portando ad associare termini quali Veracity a sottolineare l'incertezza e l'affidabilità associata ai dati, Value per enfatizzare il loro valore per il business, Variability per il differente modo in cui i dati possono essere interpretati, Verification per stabilire l'affidabilità dei dati ma anche degli utenti che li hanno prodotti e Viability per indicare la necessità di individuare le variabili significative ai fini degli obiettivi di business e le possibili relazioni latenti tra di essi.

Parlare di Volume significa considerare file di dimensione elevata ma, soprattutto, grandi quantità di dati prevalentemente destrutturarti che richiedono di essere raccolti e analizzati con la massima velocità possibile. Ormai la quantità di dati digitali esistente comincia a essere misurata in Zettabyte, (un ordine di grandezza pari a 10 alla 21) e un recente studio indica che i dati non strutturati rappresentano almeno l'80% dei dati di globali.