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a cura di Dario D'Elia

Il destino di numerosi negozi Trony, una delle più grandi catene di elettronica italiane, pare segnato. I sindacati hanno fatto sapere che DPS, la holding che controlla 43 punti vendita con l'insegna Trony, ha dichiarato fallimento. Da ricordare che DPS fa parte del consorzio Grossisti Riuniti Elettrodomestici (GRE), che ne raccoglie complessivamente oltre 200.

Quelli di DPS, dislocati per lo più in Liguria, Piemonte, Lombardia (dove sono a rischio 140 dipendenti con 9 punti vendita fra cui il negozio di San Babila) Veneto, Friuli e Puglia ieri sono rimasti chiusi. Soprattutto in Puglia la situazione si sta scaldando perché si parla di 120 dipendenti a rischio su 13 punti vendita, sebbene a dicembre fosse scattato un taglio delle buste paga e a febbraio lo sospensione dello stipendio. Unica mosca bianca il negozio di Taranto, gestito dalla Vertex, che ieri ha aperto regolarmente.

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I sindacati hanno fatto sapere che in più città è stato avviato un tavolo di trattiva con le aziende per scongiurare chiusure e individuare alternative ai licenziamenti. Secondo Il Sole 24 Ore DPS versava in difficoltà da tempo, ma la proposta di concordato preventivo non è stata valutata come idonea dal giudice fallimentare.

"Ora resta da gestire questa fase. L'obiettivo è quello di individuare uno o più soggetti interessati a rilevare i 43 punti vendita. E poi chiedere un incontro sia al Mise e sia al ministero del Lavoro perché ci sarà da gestire la cassa integrazione dei lavoratori", ha dichiarato Alessio di Labio responsabile nazionale diFilcams Cgil.

Il fallimento è stato registrato il 15 marzo ma la comunicazione ai dipendenti è avvenuta il giorno dopo. Ad ogni modo più fonti giornalistiche e gli stessi sindacati confermano la difficoltà nel gruppo di individuare strategie adeguate e soprattutto fronteggiare l'e-commerce.

"La vera preoccupazione riguarda le prospettive future. Circa un mese fa si era parlato di un possibile acquirente per 15 dei punti vendita di Trony, il che avrebbe permesso di puntare al risanamento dell'intero gruppo", ha sottolineato il segretario nazionale di Fisascat Cisl Mirco Ceotto. "Il fatto che fino a questo momento non sia ancora arriva alcuna proposta concreta è motivo di grande allarme".