VEM Sistemi, le richieste principali per l'attivazione dello smart working

Giovanni Toscani, Head of Managed Services di VEM Sistemi affronta il punto di vista di chi ha dovuto attivarsi per portare tante compagnie nel mondo del lavoro remoto

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a cura di Antonino Caffo

Nel 2019 erano 570 mila i “lavoratori agili” in Italia: secondo quanto riporta uno studio condotto dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano. Numeri, stando ai dati dell’Eurostat, al di sotto della media europea.

Infatti, prima delle necessità scaturite dall’emergenza Coronavirus, solo una piccola percentuale di dipendenti aveva accesso ai sistemi IT da casa o da remoto. Rapidamente, l’aggravarsi della pandemia e le disposizioni governative hanno spinto all’adozione delle piattaforme di lavoro a distanza.

Questo non è stato scevro di problemi, come ben sa Giovanni Toscani, Head of Managed Services di VEM Sistemi, che con noi affronta il punto di vista del Network Operator Center della compagnia, che eroga servizi IT.

«Nelle ultime settimane sono più che raddoppiate le richieste relative all’attivazione di soluzioni di smart working, i principali vendor del settore hanno aderito al piano di Solidarietà Digitale del Governo e, assieme ai partner come noi, hanno messo a disposizione gratuitamente alcune soluzioni abilitanti».

«Quando arriva la richiesta di attivazione, in primo luogo il team deve analizzare attentamente la situazione dell’azienda e della sua infrastruttura per valutarne le capacità e adeguarla alla richiesta». Ma quali sono le richieste di supporto più frequenti in questi casi?

«Problemi configurazione, sia legati all’utente che legati alla struttura della rete. Impatto sulle performance delle infrastrutture del provider che possono essere in sovraccarico per via della quantità di gente connessa simultaneamente. Necessità di avere molte più licenze disponibili rispetto a quante ne servivano in precedenza. Richieste che riguardano l’adoption dell’utente, che non è abituato ad utilizzare le soluzioni».

E tra i tanti, quale è stato il problema principale? «L’attivazione di questa tipologia di servizi in emergenza con tempistiche molto ristrette porta a dover implementare sovrastrutture su sistemi non pensati o dimensionati per fare ciò che adesso gli viene chiesto«.

Nel delicato ruolo di dover bilanciare tutte le esigenze per garantire la continuità operativa del business, spesso gli aspetti legati alla sicurezza non sono considerati fondamentali. La situazione impone delle scelte, troppo spesso proprio a discapito di questo fattore.

«Il ruolo del system integrator diventa quindi cruciale, perché deve porre l’attenzione anche su questa problematica e cercare, nonostante la situazione di emergenza, di garantire al cliente le migliori soluzioni di sicurezza possibili per consentire ai dipendenti di lavorare senza correre rischi anche da casa».

Ecco allora url filtering, content security, intrusion prevention, antispam, sandbox, scansione allegati e trasferimento file, endpoint security come alcune delle pratiche raccomandate per proteggere i dati dell’azienda che non possono correre il pericolo di essere compromessi.

VEM Sistemi ha registrato un incremento del 50% per le linee di business legate allo smart working. È necessario quindi lavorare a pieno regime per mantenere gli SLA e tempi di risposta corretti per tutti i clienti pur avendo dovuto riorganizzare il sistema di lavoro.

«L’emergenza coronavirus ha spinto l’adozione delle piattaforme di lavoro a distanza, costringendo le aziende a optare per questo servizio in maniera massiva, con urgenza e in brevissimo tempo».

«Tuttavia queste scelte dovranno poi essere valutate a posteriori e rimesse in discussione a fine emergenza. perché quanto costruito in questa particolare circostanza non deve essere considerato come il processo realizzativo ideale e definitivo, che invece si sarebbe potuto attuare operando in situazione di normalità».