24 giugno 1947: nascono gli U.F.O.

24 giugno 1947: Kenneth Arnold è il primo testimone verificabile di un incontro con un U.F.O. Dalla sua testimonianza nasce la moderna ufologia

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a cura di Manuel Enrico

Esiste la vita nell’universo? Questo interrogativo ci accompagna da più tempo di quanto immaginiamo, una curiosità che dal primo sguardo rivolto alle stelle si è evoluto da dubbio filosofico a ricerca scientifica, passando per leggende e strampalate teorie complottiste. Non potrebbe esser diversamente, se consideriamo l’assenza di prove scientifiche assodate e le miriadi di visionari avvistamenti, ma nella storia della caccia agli alieni ci sono stati eventi fondamentali che hanno contribuito alla creazione dell’ufologia, scienza riconosciuta che si dedica in modo attivo allo studio degli U.F.O. (unindentified flying objects, oggetti volanti non identificati), la cui nascita viene identificata con il 24 giugno 1947, quando avvenne quello che viene considerato il primo avvistamento certificato di un oggetto volante non identificato.

In realtà, le segnalazioni di incontri con oggetti non identificati, da preferirsi al termine extraterrestre, sono rintracciabili lungo tutta la nostra storia. Dai dipinti rupestri alle leggende di varie culture, la presenza di testimonianze spesso addotte come prove di contatti extraterrestri è facilmente riscontrabile, portando gli entusiasti a vedere in questi esempi la dimostrazione della fondatezza delle loro teorie, mentre studiosi più scettici tendono a ravvisare elementi più terreni e, anzi, mitologici che possono spiegare queste manifestazioni. Ma a dare una brusca sferzata a questa ricerca della verità intervenne Kenneth Arnold, protagonista nel giugno del 1947 di un incontro aereo che riaprì una questione emersa anni prima durante la Seconda Guerra Mondiale: la presenza di misteriosi apparecchi volanti.

Dai foo fighters agli U.F.O.

Prima ancora della Seconda Guerra Mondiale, in America si erano già diffuse voci sulla presenza di misteriosi oggetti volanti. La prima testimonianza ufficialmente documentata risale all’8 marzo 1639, prima ancora della nascita degli Stati Uniti, quando il governatore del Massachusetts, John Winthorp, riportò in documenti ufficiali la descrizione di un incontro con una presenza inspiegabile:

“Tale James Everell, uomo discreto e morigerato, trovandosi a bordo di una piccola imbarcazione sul Muddy River in compagnia di altri due gentiluomini, ha scorto una grande luce che ha rischiarato la notte. L’uomo ha stabilito una lunghezza approssimativa di 9 piedi, vedendola muoversi in direzione di Chariton, salvo poi tornare in loro direzione. Dapprima immobile, infatti, ha poi iniziato a muoversi erraticamente sopra il fiume, per poi sparire nel nulla. Visto inizialmente intorno alle dieci di sera, il fenomeno è durato per circa due ore, testimonianza riportata da altre persone di indubbia affidabilità”

Per l’epoca, fu più facile identificare una macchinazione demoniaca, come era accaduto per le dichiarazioni dell’avvistamento di luci simili effettuate da Colombo durante il suo viaggio verso le Americhe. Questi eventi inspiegabili si susseguirono per decenni, trovando una certa crescita esponenziali durante gli anni del secondo conflitto mondiale. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che gli avvistamenti denunciati dai piloti, di ambo gli schieramenti, durante la Seconda Guerra Mondiale fossero dovuti a fattori estremamente terreni, come la suggestione dovuto all’ovvio stress del momento o la presenza di armi sperimentali, specialmente da parte dell’esercito nazista.

Esempio spesso riportato è quello di due piloti sovietici, Boris Surikov e Ivan Bajenov, che durante una missione di bombardamento sul fronte rumeno incontrarono ad alta quota un oggetto volante non identificato. L’apparizione coincise con una forte turbolenza, seguita da una carica elettrostatica che si attenuò solo con la repentina sparizione dell’oggetto, che si allontanò a grande velocità. I due piloti russi immaginarono si trattasse di una delle paventate armi avanzate del Führer, ma anni dopo confessarono che l’aspetto di quell’oggetto si avvicinava non poco alla linea degli Shuttle americani.

Anche i piloti alleati, durante la guerra, incapparono in misteriosi oggetti volanti. Anche i piloti americani si convinsero, inizialmente, che si trattasse di armi sperimentali del Reich, arrivando anche a dare loro un nomingnolo: Foo Fighters.

L’etimologia di questo nickname si deve all’operatore radar Donald J. Meyers, che, avido lettore della striscia a fumetti Smokey Stower, utilizzò il termine gergale foo utilizzato dal protagonista per indicare delle stranezze. Il passaggio alla storia dell’ufologia avvenne quando, nel novembre del 1944, durante il debriefing di una missione in cui Meyers  e il suo pilota Ed Schleuter raccontarono del loro incontro in quota con un grossa palla di fuoco che li aveva seguiti compiendo manovre a velocità e con traiettorie impossibili, un racconto che terminò con Meyer che fece comparire una striscia del suo amato fumetto, sbottando:

“It was another of those fucking foo fighters”

Il nome foo fighters prese piede rapidamente, al punto che persino i reporter dell’Associated Press iniziarono a utilizzare questo termine per riportare racconti di strani incontri in quota. Durante tutto il conflitto, furono numerosi gli avvistamenti di oggetti volanti dalla misteriosa natura, tanto che l’aviazione e la marina statunitensi, preoccupate dell’insorgere di questi casi, diedero vita a un programma di ricerca finalizzato alla spiegazione di queste visioni dei piloti, che venne identificato con la vertigine. Una conclusione che venne spiegata dal professor Edgar Vincake, che sosteneva che questi avvistamenti fossero una sorta di psicosi dovuta a una mancanza di strumenti percettivi con cui processare elementi di stress.  Una spiegazione che tenne banco almeno sino al 1947, l’anno che cambiò radicalmente il rapporto tra umanità e U.F.O.

Il caso Kenneth Arnold

Durante un volo con il suo aereo da diporto in prossimità del monte Rainer, Kenneth Arnold visse un’esperienza che consacrò il 24 giugno 1947 nella storia. Secondo la sua testimonianza, infatti, nove oggetti non identificabili comparvero attorno a lui, muovendosi secondo traiettorie incredibili e a velocità folli. Questa comparsa durò pochi minuti, terminando con gli oggetti non identificati che partirono a incredibile velocità, allontanandosi da lui.

Pur non essendo il primo caso di un avvistamento di oggetti volanti non identificati, l’esperienza vissuta da Kenneth Arnold viene ricordato perché è in questa occasione che compare per la prima volta il termine ‘disco volante’. Nomignolo con cui solitamente vengono soprannominati gli U.F.O. grazie all’intuizione di un giornalista che, raccogliendo la testimonianza di Arnold, si riferì agli oggetti visti dall’aviatore come ‘flying saucer’, ossia dichi volanti. Nonostante la dovizia di particolare con cui Arnold raccontò la sua esperienza, le autorità inizialmente non diedero molto risalto alla cosa, ancora convinte che si trattasse di leggende metropolitane e racconti fantasiosi, tuttavia Arnold fu interrogato dall’Aviazione, che dopo avere interrogato approfonditamente l’aviatore nel luglio dello stesso anno, giunse a una conclusione:

“E’ opinione dell’interrogatore che Mr. Arnold ha effettivamente visto ciò che sostiene di aver visto. E’ difficile ritenere che un uomo con il suo carattere e l’apparente integrità mostrata possa affermare di vedere strani oggetti e di dettagliare un rapporto con precisi dettagli come ha fatto senza averli visti”

Si tratta di un primo importante riconoscimento, che arrivò in un periodo in cui gli avvistamenti di UFO iniziarono a farsi sempre più frequenti, venendo ulteriormente enfatizzati dal famigerato incidente di Roswell, avvenuto nel luglio dello stesso anno.

Forte di questa esperienza, e intenzionato a scoprire la verità dietro questa sua avventura, Kenneth Arnold si dedicò, nel decennio successivo, allo studio e alla raccolta di altre testimonianze, diventando una celebrità nell’ambito dell’ufologia, partecipando come esperto all’interrogatorio di diversi presunti testimoni di avvistamenti di U.F.O. Durante questa sua esperienza come ufologo, Arnold non nascose mai la sua perplessità nel modo in cui le autorità tendevano a sminuire e deridere quelle che per lui erano esperienze reali, come precisò durante una convention nel giugno del 1977 tenutasi a Chicago, la First International U.F.O. Congress:

“Insomma, sappiamo che abbiamo visto qualcosa. Io ho visto qualcosa, centinaia di piloti hanno visto qualcosa nei cieli e abbiamo responsabilmente segnalato queste cose. E dobbiamo aspettare 15 milioni di testimoni prima che qualcuno inizi a indagare il problema…davvero? E’ incredibilmente assurdo. Per quello che mi riguarda, è più fantasioso questo che non dischi volanti o gente che arriva da Venere”

In realtà, l’esperienza di Arnold venne presa relativamente sul serio dalle forze armate americane. Nel 1947 prese vita il Progetto Sign, finalizzato all’analisi delle testimonianze di avvistamenti di oggetti volanti non identificati, arrivando alla conclusione, l’anno seguente, che si trattasse di veivoli realmente esistenti e quasi sicuramente di origine aliena. Una visione che portò alla nascita del Progetto Grudge, nato nel 1948 allo scopo di smontare questi avvistamenti, motivando razionalmente la loro esistenza e relegandoli alla stregua di fenomeni naturali o percezioni falsate dei testimoni, ammettendo, però, di non riuscire a far rientrare in queste casistiche un quarto delle denunce raccolte.

Gli ambienti militari, tuttavia, erano convinti che la questione degli U.F.O. non poteva rimanere avvolta da questa aura di mistero, portando all’inaugurazione del celebre Progetto Blue Book, che a partire dal 1952 sino al 1970 si occupò di documentare e studiare le denunce di avvistamenti di oggetti volanti non identificati. Alla conclusione, il Progetto Blue Book relegò la questione U.F.O. a una serie di eventi legati a isteria di massa, persone in cerca di visibilità.

Gli UFO nella cultura pop

Un fenomeno come quello denunciato da Kenneth Arnold, in un periodo come quello del secondo dopo guerra, fece facilmente presa sul pubblico. Se in precedenza i mezzi alieni che popolavano la narrativa di fantascienza assumevano forma variegate, come i tripodi raccontati da Wells in La Guerra dei Mondi, dopo la comparsa del termine flying saucer l’immaginario collettivo venne fortemente influenzato da questo concept, che per decenni divenne il modello su cui si immaginarono i mezzi alieni, da L’invasione degli ultracorpi sino a Ultimatum alla Terra, senza dimenticare serie come U.F.O., vero e proprio cult britannico. E in termini di contatti alieni e avvistamenti misteriosi è impossibile non citare Incontri ravvicinati del terzo tipo, dove Spielberg, affidandosi a rapporti e testimonianze raccolte negli anni, offre una visione poetica e umana di questo divisivo tema.

A essere centrale nella mitologia creatasi dopo l’avvistamento di Arnold è il tono di segreto, di cospirazione da parte delle alte sfere militari, che nel tentativo di ridurre il crescente interesse verso questi avvistamenti assunsero il ruolo di custodi di indicibili segreti. Una sensazione acuita dal citato incidente di Roswell, dando vita a suggestioni narrative che si sono manifestate in produzioni di successo, come i cult Twin Peaks e X-Files, o in serie dai toni più adolescenziali, come Roswell.

Legato alla fascinazione degli alieni e alla spietata custodia dei segreti della presenza aliena, con una non indifferente dose di paranoia da parte dei fanatici degli U.F.O., è anche la comparsa degli Uomini in Nero (Men in Black), presunti agenti governativi intenti a coprire le tracce aliene e zittire le voci di chi intendeva opporsi a questo diktat. Dopo esser stati per anni una sorta di leggenda, i Men in Black divennero protagonisti a inizio anni ’90 di una serie a fumetti della Malibu Comics, divenuta poi la scintilla da cui è scaturita la serie cinematografica omonima (acquista la Men In Black Collection in blu-ray su Amazon). A onor del vero, spetterebbe al bonelliano Martin Mystere l’onore di essere il primo fumetto seriale di successo a presentare la figura dei Men in Black, che fanno la loro apparizione all’interno del primo numero delle avventure del Detective dell’Impossibile creato da Alfredo Castelli nel 1982.

Che siano frutto dell’immaginazione come indicato dai rapporto del Progetto Blue Book o che si tratti di forme di vita provenienti dalle profondità dello spazio, gli avvistamenti di U.F.O. sono divenuti parte integrante dell’immaginario collettivo, lasciandoci più dubbi che risposte, portandoci a simpatizzare con Fox Mulder, l’agente dell’F.B.I. protagonista di X-Files, e il suo emblematico poster: Io voglio credere.