Divine Invasioni

Esempio più unico che raro, questo film cerca di restare fedele all'opera letteraria da cui è tratto. Ne risulta una visione difficile, persino faticosa a tratti, ma anche portatrice di grandissima soddisfazione per lo spettatore che vi si avvicina.

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a cura di Tom's Hardware

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In vita Philip K. Dick non era considerato tra gli autori di fantascienza di maggior spicco ma, soprattutto dopo l'uscita di Blade Runner il suo personale immaginario è diventato sempre più presente e pervasivo nel cinema di fantascienza, fino a diventare una fonte primaria di ispirazione per tanti registi e sceneggiatori.

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Eppure Dick resta uno degli autori più difficili da rendere correttamente in un film, in quanto gli elementi essenziali per una trasposizione cinematografica, ovvero dialoghi e azione, sono resi in un modo particolarissimo nelle sue opere.

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L'azione nei romanzi di Dick è quasi sempre concentrata in brevi attimi epifanici: fratture della realtà quotidiana, in cui l'alieno si manifesta con le forme e i modi di una teofania religiosa. I personaggi trascorrono la maggior parte del loro tempo a interrogarsi sulla natura ultima della loro realtà, svolgendo piccole alienanti attività quotidiane, percependo di essere prigionieri in una gabbia priva di sbarre visibili. L'azione compare dunque come una rapida e brutale rottura delle sbarre di questa prigione invisibile, che apre la mente dei protagonisti ad abissali rivelazioni sulla natura ultima del loro mondo.

Un'impostazione che funziona molto nel testo scritto, almeno per quei (molti) lettori che amano Dick, ma che è molto difficile da riportare a schermo.

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Il maggior interesse di Philp K. Dick era il cristianesimo gnostico, una corrente dei primi secoli dell'era cristiana, che aveva un approccio cervellotico alle questioni religiose e che tendeva a vedere la realtà come qualcosa di sostanzialmente ingannevole, che ci tiene lontani dal Divino. Forse è anche per questo che, spesso, nei libri di Dick l'azione è interrotta da complesse elucubrazioni tra personaggi, che si avventurano in dialoghi intrisi di teologia e filosofia spicciola.

Personaggi che cercano rivelazioni divine nelle scatole di corn-flakes.

Dick si sofferma spesso per lasciare spazio a dissertazioni sul destino dell'uomo, sulla natura negativa e artefatta della realtà e del tempo, sul Divino che per manifestarsi sceglie modi affini a un'invasione aliena. La fantascienza dickiana è così una riproposizione del mito gnostico di simulacri umani privi di anima (gli ilici), o dalle capacità sovrumane (gli Arconti).

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Strumenti nelle mani di un Demiurgo malvagio, creatore di una realtà illusoria, il cui unico scopo è imprigionare le anime e tenerle lontane dal vero Dio. La realtà illusoria del Demiurgo è così una prigione, in cui l'unica forma di salvezza possibile è la Divina Invasione, ovvero una pazzia capace di andare oltre la realtà fenomenica, per aprirsi alla Verità. Ed ecco uno dei motivi per cui leggere Dick a volte risulta molto difficile.