Avatar di Andrea Balena

a cura di Andrea Balena

Se vedete un qualsiasi suo spettacolo comico, Ricky Gervais vi sembrerà una delle persone più meschine e politicamente scorrette che abbiano mai camminato su questa terra. Non è un caso che sia britannico: tutta la sua irriverenza senza limiti affonda le sue radici nello storico cinismo british, portato spesso all'estremo del buoncostume. Ma anche senza apparire in scena, nei film e serie televisive dove mette mano, si riesce a sentire il suo "delicatissimo" tocco, come il solo The Office in versione UK ci ha dimostrato. Eppure, e chi l'avrebbe detto, uno degli autori contemporanei più sboccati sulla scena nasconde un lato tenero e sensibile, messo in primo piano in After Life, miniserie scritta e diretta da Gervais stesso e prodotta da Netflix, che continua a rivelarsi il porto sicuro per eccellenza in fatto di produzioni indipendenti.

Un vita vuota

After Life racconta la vita di tutti i giorni di Tony, un giornalista per un quotidiano locale in un bucolico sobborgo britannico come tanti, che deve imparare a vivere dopo la recente scomparsa per malattia della sua amata moglie. Il nostro da essere una persona gioviale e un po' bambinesca - come viene ritratto nei numerosi filmati da lui registrati che fungono da flashback - diventa depresso, burbero e brutalmente onesto con il prossimo, annunciando in molti casi di voler togliersi la vita solo per poi essere puntualmente fermato dallo sguardo innocente del suo cane. Con quello che lui definisce un superpotere, Tony vuole vivere la sua vita senza preoccuparsi degli altri e senza un vero scopo, campando alla giornata fino a che la sua pazienza si esaurisca.

La trama è tutta qui, e non ci grossi eventi che sconvolgono l'intreccio narrativo. After Life è un esperimento narrativo nel suo voler essere banale e comune a tutti i costi, senza mostrare elementi fantastici o di rilievo per una trama che riesce a reggersi comunque sulle proprie gambe, perché non c'è niente di più difficile che rappresentare la quotidianità dopo un evento traumatico. Tony è un personaggio vuoto dal primo momento che lo vediamo in scena, che rincorre i ricordi della sua vita matrimoniale attraverso video di scherzi stupidi e si trascina sul posto di lavoro senza motivazione per fare interviste sconclusionate a residenti che vogliono fare di tutto per apparire in prima pagina, una tipologia di cui Tony sbeffeggia pubblicamente.

Aiuto esterno

Ma nonostante questa spirale di autocommiserazione apparentemente senza via di uscita, per il Gervais sceneggiatore la soluzione sono proprio i legami umani a salvare la sua creatura di finzione: nel corso delle puntate sono tante le persone che in modo marginale o diretto aiutano Tony a rinsavire, facendogli aprire gli occhi su una vita ancora lunga dove può fare del bene. A partire dal pusher che gli offre le prime esperienze con l'erba fino alla molesta e bigotta collega sul luogo di lavoro, il microcosmo umano che circonda Tony è formato da individui strani ma allo stesso tempo tremendamente ordinari, con delle loro routine e problemi personali insignificanti di cui si lamentano apertamente. Gervais pone molta attenzione sull'importanza dei piccoli gesti d'amicizia che si possono fare per risollevare la giornata di qualcuno, anche solamente toccare un rotolino di grasso.

Un occhio di riguardo viene riservato a tutte le donne che incontra, che indipendentemente dalla loro posizione sociale (come la fantastica sex worker Roxy)rappresentano delle figure positive e sagge per il protagonista disperso e rabbioso. Molti dei loro dialoghi sono ben scritti e molto toccanti, dimostrando l'abilità di Gervais nel trattare un registro più delicato ed emotivo. Così come Tony era legato alla moglie, sempre il gentil sesso rappresenta la sua voce della coscienza e salvezza da una esistenza più misera.

Se non si fosse capito, questa è una serie dove si piange, e pure molto. Ma fortunatamente anche le risate sono sempre presenti, seppure non in modo fragoroso.

Rabbia, cinismo e risate

Ricky Gervais non sarebbe Ricky Gervais senza il suo proverbiale umorismo cinico, e in una sua serie non può assolutamente mancare, anche se si tratta di un drama. Il nostro come attore si distingue come sempre per quelle risate amare e allo stesso tempo estremamente efficaci che ci suscita. Nel ruolo di un'uomo in perenne lotta con il prossimo, il suo sarcasmo si rivela un'arma affilata nei duelli verbali in cui si ritrova. La vera sorpresa è che dietro i suoi inquietanti canini vampireschi, il comico inglese riesce a essere molto convincente con un registro drammatico, mostrando una delicatezza e fragilità veramente unici sotto il piano attoriale.

Nel corso delle sei puntate da appena venti minuti ciascuna di After Life vediamo un lavoro di analisi di una situazione che in tanti si trovano purtroppo a vivere, analizzata con una sensibilità unica e inaspettata, vista la fonte. E per una volta, un'opera inglese non si conclude nel modo più freddo e british possibile, regalandoci invece con una nota positiva e speranzosa verso il futuro, di fatto dandoci già una conclusione soddisfacente, nonostante l'autore ha già confermato il rinnovo per una seconda stagione dopo la calorosa accoglienza online. Di tematiche da sviluppare ce ne sono ancora per la seconda vita di Tony, e con un cast divertente ed esagerato come quello di After Life, non possiamo che rimanere felici del rinnovo.

L'opera televisiva di Gervais più nota e che è diventata un fenomeno culturale è indubbiamente The Office, dove interpreta il bigotto e molesto capoufficio David.