Avatar di Tom's Hardware

a cura di Tom's Hardware

coverlg home[1]

Guardare Akira oggi significa godere di un'opera d'arte che nulla ha perso in potenza, veggenza e complessità filosofica. Otomo seppe captare la necessità di una nuova forma di animazione - convergenza di tecniche tradizionali e digitale - dallo stile scrupolosamente realistico su cui aprire squarci di assoluta visionarietà.

La Neo-Tokyo del 2019 intercettava l'immaginario post-atomico dei decenni a venire, variamente declinato ma con la costante di una malinconia accresciuta dalla freddezza tecnologica stagliata su ogni superficie visibile. 

Grattacieli, strade, agglomerati di edifici luminosi, schermi perenni a riempire i vuoti di un'esistenza alla deriva. La città è un assurdo alternarsi di guerriglia urbana, rivolte, luci accecanti e ristoranti di lusso. Un'estetica che non era del tutto nuova all'epoca, ma non si era mai vista rappresentata in modo così convincente al cinema. 

Otomo imprime al suo paesaggio urbano uno stile unico, spezza linee, irrompe con luci oblique, movimenta l'immagine con la libertà espressiva del fumetto, reinventando le prospettive. L'impatto visivo era senza precedenti.

Akira screenprint regular TylerStout USA 1[1]

Akira è una summa del pensiero, delle tendenze artistiche e delle paure di un'epoca. Grava pesantissima sul film l'ombra dell'atomica, l'orrore della guerra e delle sue conseguenze disumanizzanti. Il potere è interpretato in ogni sua connotazione demoniaca fino allo sfacelo fisico dell'adolescente Tetsuo, investito di una forza che va oltre le sue possibilità organiche.

Akira anticipa, insieme al cinema di Cronenberg (abbiamo parlato di Existenz su Retrocult), una nuova fascinazione/orrore per l'organico e la sua decadenza; e contemporaneamente metaforizza la paura di un potere ipertrofico nell'immagine di un corpo senza controllo, degenerato in mostro straziato da innesti tra uomo e macchina. Nel film di Otomo infuria la stessa sinfonia di carne e metallo che ritroveremo, l'anno dopo, in Tetsuo di Shinya Tsukamoto (1989).

Sarebbe infinito l'elenco delle suggestioni offerte dal capolavoro di Otomo a tutto il cinema a venire: dalle guerriglie urbane al nichilismo desertico alla Mad Max Fury Road, dalla fantascienza mistica ed evangelica ad un epos delirante ed ultramoderno. Persino Undici di Stranger Things trova le sue radici negli esper di Akira, un film che continua a trasformarsi e attraversare il tempo, rinnovandosi ad ogni nuovo periodo storico di cui continua, magicamente, ad interpretare le coordinate.

Omar Serafini

Omar SerafiniClasse 1965, è laureato in Ingegneria Elettronica e in Scienze della Comunicazione, con una tesi sulla Storia e critica della filmografia di Godzilla del periodo Showa. Ha curato molti prodotti dedicati al genere kaiju eiga, e ha collaborato con Fantascienza.com, e Università dell'Insubria di Varese nell'ambito dei seminari Scienza & Fantascienza. Nel 2011 crea il podcast FantascientifiCast (Facebook - Twitter), già vincitore di diversi riconoscimenti. Potete seguire Omar su Twitter.

retrocult

Retrocult è la rubrica di Tom's Hardware dedicata alla Fantascienza e al Fantastico del passato. C'è un'opera precedente al 2010 che vorresti vedere in questa serie di articoli? Faccelo sapere nei commenti oppure scrivi a retrocult@tomshw.it.  

Retrocult torna la settimana prossima!