La Guerra dei Mondi

"Cose simili, mi dissi, non possono suc¬cedere..."

Avatar di Tom's Hardware

a cura di Tom's Hardware

Ben Marriott
Immagine: Ben Marriott

Sorvo­liamo, però, sulle facezie e dedi­chia­moci alla Guerra dei Mondi wellsiana. Rileggerla alla luce di queste poche coordinate, del resto, potrebbe risultare istruttivo. Fantasmi gotici e fantasmi del colonialismo europeo... I marziani piombano sulla Terra forti di una tecnologia senza anima e senza scopo, nel loro agire esiste solo il più insensibile abominio umanocida, la razzia, la desertificazione totale.

"Sono in grado di liberare, mediante razzi, enormi nuvole di gas asfissiante e nero", recitano i titoli di giornale, quasi ad anticipare le piaghe che i vapori d'iprite semineranno sul fronte belga solo vent'anni dopo. Ma il punto è che Wells, prima d'essere profetico, è semplicemente attuale, vigile osservatore dei propri tempi:

"Prima di giudicarli troppo severamente - scrive nelle primissime pagine del romanzo - dobbiamo ricordare quale spietata e completa distruzione la nostra specie ha compiuto, non solamente di animali, come lo scomparso bisonte o il dodo, ma delle stesse razze umane inferiori. I tasmaniani, nonostante le loro sembianze umane, furono completamente annientati in una guerra di sterminio...".

È un passaggio che scopre tutte le carte del mazzo e nel contempo ne mostra le variegate sfumature. L'anti-imperialista, il fabiano fautore dell'emanci­pa­zione opera­ia e della democrazia radicale è pur sempre cittadino di un mondo in cui esistono "razze inferiori", che di umano han­no forse solo le "sembian­ze".

"Non possiamo accogliere tra noi i deboli o gli stupidi. La vita è una cosa reale, e tutto ciò che è inutile, scomodo e nocivo deve morire. Essi devono morire".

È così che l'Artigliere, personaggio che il Narratore incontra nelle pagine finali di The War of the Worlds, dipinge il futuro dell'umanità superstite: una comunità di rudi spartani che si cela nelle fogne (come i Morlock, ricordate?) per sfuggire alla presa dei marziani, in attesa di un'improbabile riscossa. Le sue sono parole che non stonerebbero nella bocca di un gerarca nazista - così come in quella di certi economisti del Ventunesimo secolo, ma che solo un uomo del Diciannovesimo può pronunciare ad alta voce.

RYANCHURCH COM
Immagine: Ryan Church

Sono schegge di quel darwinismo greve e grezzo che infesta il colonialismo vittoriano, idee che Wells disprezza e dalle quali è nel contempo irresistibilmente attratto. Sarà a quelle stesse idee, del resto, che affiderà la soluzione del conflitto, l'ambiguo lieto fine del romanzo, quando descriverà gli invasori:

uccisi dai bacilli della putrefazione e del contagio contro i quali i loro organismi non erano preparati (...) uccisi dopo che tutti i macchinari umani avevano fallito, dalle più umili creature che Dio, nella sua infinita saggezza, aveva messo sulla terra".

Dio naturalmente non c'entra un fico secco con tutto questo, mentre la selezione naturale ci ha sicuramente messo lo zampino.

"Cose simili, mi dissi, non possono succedere" - pensa il Narratore di fronte alla prima disastrosa offensiva dei mostri extraterrestri - eppure accadevano, così come accadono oggi. Il suo è lo sguardo sgomento e anticipatore di chi osserva il genocidio dei tasmaniani e sa vedervi i semi della Peste Vampirica in arrivo, ovvero delle guerre mondiali che si preparano appena dietro l'angolo, nelle quali intere popolazioni saranno spazzate via "senza nessuna provocazione, come un bambino potrebbe distruggere un formicaio. Per puro sfogo di forza". Una brutta faccenda, insomma.

Torneremo a parlarne, ma da un punto di vista leggermente diverso, nella prossima puntata.

L'Archivista

retrocult

Retrocult è la rubrica di Tom's Hardware dedicata alla Fantascienza e al Fantastico del passato. C'è un'opera precedente al 2010 che vorresti vedere in questa serie di articoli? Faccelo sapere nei commenti oppure scrivi a retrocult@tomshw.it.

Retrocult torna la settimana prossima!