Appropriazione culturale nel cosplay

In questo articolo abbiamo analizzato la problematica dell'appropriazione culturale correlata al mondo del cosplay.

Avatar di Valentina Savalli

a cura di Valentina Savalli

Nelle ultime settimane abbiamo affrontato perlopiù argomenti leggeri e felici, aggettivi che accompagnano bene l’argomento chiave di questi articoli: il cosplay. Avremmo quindi potuto continuare su questa scia e, visto il periodo, parlare del fatto che a breve si svolgerà di nuovo il Lucca Comics & Games, oppure fare una classifica dei migliori cosplay a tema Halloween, argomento di cui abbiamo persino parlato la scorsa settimana (potete recuperare l’articolo su questa pagina). E invece no, abbiamo deciso di tornare verso il lato oscuro e affrontare un argomento scomodo: quello dell’appropriazione culturale nel cosplay.

È difficile affrontare determinati tipi di argomenti senza entrare troppo nel profondo abisso che potrebbe trascinarci in una baraonda di flames o commenti di cattivo gusto, ma proveremo a trattarlo con i guanti perché è giusto che se ne parli.

Appropriazione culturale nel cosplay, perché è inappropriata?

Forse non sarebbe nemmeno da spiegare, ma in primis è importante capire il motivo per il quale l’appropriazione culturale è sbagliata. Immaginate di far parte di una minoranza che, giornalmente e ripetutamente nel tempo subisce svariate ingiustizie. Ora immaginate di vedere qualcuno che “scimmiotta” i vostri disagi; immaginate le sensazioni orribili che si percepiscono quando una persona riversa il proprio odio su di voi, senza che voi abbiate fatto nulla, solo ed esclusivamente perché voi siete fatti così. Ecco, questa è la situazione in cui si ritrovano le persone che fanno parte di minoranze etniche, ritrovandosi chili di odio gettato addosso in maniera completamente gratuita.

Spesso l’appropriazione culturale viene associata solo alla tematica del blackface, facendo riferimento solo, per l’appunto, alle persone di pelle nera, ma in realtà tutti i comportamenti che vanno a emulare e offendere la cultura, le tradizioni di una minoranza sono considerabili come appropriazione culturale, utilizzando beceri stereotipi per insultare, non tenendo conto che molte persone, quelle determinate ingiurie le subiscono ogni giorno. Siamo nel 2021 ormai e quindi ben lontani dai preconcetti razzisti e denigratori denunciati da Martin Luther King negli anni sessanta negli Stati Uniti con il movimento dei diritti civili.

Ovviamente ora è molto semplice cadere nel tranello del politically correct e spesso si sentono frasi come “non si può più dire nulla” oppure “è uno scherzo”, ma riflettendoci bene, non c’è assolutamente nulla sulla quale scherzare. Questo perché se sono proprio le stesse persone che subiscono tali ingiustizie a lamentare il problema, significa che il problema c’è, è reale e bisogna assolutamente muoversi per cercare di riparare una situazione già abbastanza disastrata di per sé a livello sociale. E a questo punto, si potrebbe pensare che questo argomento non abbia nulla a che fare con il cosplay e invece, è anche grazie al cosplay che, forse, si può provare a sensibilizzare più persone possibili sull’argomento.

Appropriazione culturale, la correlazione con il cosplay

Se è vero che con l’hobby del cosplay si può essere chiunque si desideri per qualche giornata di fiera, è anche vero che nel tempo abbiamo assistito a cosplay di cattivo gusto. Perché, indubbiamente, se si interpretano personaggi realmente esistiti nel “mondo reale”, bisogna anche capire che tipo di personaggio si sta impersonando e che responsabilità ci si addossaUn esempio su tutti, potrebbe essere il cosplay di personaggi appartenenti a movimenti storico-politici della storia degli anni quaranta, oppure cosplay di divinità che, potrebbero ledere la sensibilità di quelle persone che, invece, vorrebbero passare una bella giornata e non sentirsi oppressi a causa della loro religione o della loro cultura.

E quindi a questo punto sorgono spontanee delle domande. Esistono dei limiti da rispettare, nel cosplay, per evitare di cadere  nel cattivo gusto e nella mancanza di rispetto più totale? Ognuno può diventare realmente il personaggio che vuole facendo cosplay? La risposta è ovviamente sì, purché il personaggio sia tratto da mondi di fantasia, anime, videogiochi, serie tv e film. (E in realtà, sui film ci sarebbe da aprire un discorso a parte, in quanto molti personaggi sono talmente realistici in alcuni casi, da risultare davvero troppo esagerati da danneggiare la sensibilità altrui).

Il punto è uno e uno soltanto: se il personaggio di riferimento ha la pelle blu, rossa, arancione o con i colori dell’arcobaleno poco importa, perché si sta interpretando un personaggio di fantasia, inesistente; che magari può piacere o no, ma rimane comunque un personaggio non reale. In questo caso, quindi, non si parla di appropriazione culturale ma di resa estetica del cosplay, perché una Gamora di Guardiani della galassia senza il suo iconico colorito verde, non è Gamora. E questo è solo un banale esempio che, però, può essere rapportato in riferimento a qualsiasi personaggio abbia tonalità di pelle, occhi e capelli diversi rispetto agli standard accettati come dogmi dalla società in cui viviamo. Tuttavia, esistono casi diversi. Ad esempio, se una cosplayer decidesse di fare il cosplay di Pocahontas, personaggio Disney che alle fiere del fumetto o agli eventi legati al cosplay si vede spesso. In questo caso, ci si potrebbe trovare davanti a qualche problematica legata alla resa del personaggio. Esiste, infatti, questa piaga (specialmente in Italia) che spesso porta molti cosplayer alla rinuncia verso determinati cosplay, per timore di essere additati come irrispettosi per aver indossato i panni di un personaggio con il colore della pelle diverso rispetto all’originale o al proprio. 

Come abbiamo già specificato più volte, però, fare cosplay equivale a rendere omaggio ai propri personaggi preferiti, quindi se la precedentemente menzionata cosplayer, dall’aspetto caucasico, vuole interpretare Pocahontas, dovrebbe sentirsi libera di farlo, rimanendo però nella sua “tonalità”, senza ricorrere a troppo make up per scurire la pelle, o altri accessori per cambiare i lineamenti del viso. Al contrario, risulta molto più irrispettoso, e spesso bersaglio di cyberbullismo sui social, la pratica di scurire la pelle per rendersi più simili al personaggio in questione, sempre e solo per le motivazioni spiegate nel paragrafo poco sopra. Questo perché quando un cosplayer si immedesima in un personaggio di una minoranza etnica, come può essere quella nativo-americana, una volta a casa ed eliminato il make up, torna a essere la stessa persona di prima. Ma una persona appartenente a tale minoranza, una volta a casa rimarrà sempre e comunque una persona che potrebbe subire ingiustizie e offese gratuite solo per avere il colore di pelle diverso, caratteristica che ovviamente non si può cambiareQuindi sì, è giusto omaggiare i propri personaggi preferiti, purché sia fatto con consapevolezza e senza danneggiare i sentimenti altrui.

Non esiste solo il blackface

Ovviamente, come detto in precedenza, l’appropriazione culturale viene spesso ricondotta al blackface, quindi alla sola pratica dell’inscurimento della pelle. Ma in realtà, esistono diverse tipologie di appropriazione culturale. Per rimanere in tema nativo-americano, anche indossare i loro tipici copricapi in determinati contesti potrebbe risultare scorretto, stesso discorso vale per altri personaggi: le situazioni vanno valutate caso per caso, ponderando seriamente sulla scelta che si fa. Per rimanere in tema Disney (potete acquistare l’intero cofanetto dei grandi classici su questo link), basti ricordare delle problematiche legate ai personaggi nativi, “pellerossa” in Peter Pan che, per ovvi motivi, risultavano stereotipati ed esagerati. Magari, vista dall’occhio innocente di un bambino, questa problematica può non essere così pesante, ma alcune persone potrebbero ritenersi offese da queste esagerazione dei tratti e della cultura di una certa etnia.

L’unica cosa certa è che nessuno può permettersi di giudicare i sentimenti altrui o il livello di oppressione di una persona che si sente oppressa, così come nessuno può stabilire il livello di sopportazione di una violenza, fisica o psicologica che sia, al posto di chi l’ha subita. Quindi che si parli di persone di colore, nativo-americane, di origini asiatiche o marziane, nessuno dovrebbe permettersi di stereotipare e scimmiottare le loro tradizioni per puro scopo offensivo.

Conclusioni

Ci sarebbero altri milioni di parole da spendere sulla questione dell’appropriazione culturale e tutto ciò che ne deriva e, probabilmente, si sfocerebbe anche sulla tematica del razzismo, ma non è questo il tempo e il luogo. Per ora, ricordiamoci solo che una cultura non è un costume come quelli che indossiamo alle fiere dei fumetti, che si può togliere e rimettere a piacimento.

La questione è quasi sempre la stessa, sensibilizzazione e consapevolezza sono le armi più efficaci per combattere queste piaghe che stanno irrispettosamente rovinando il mondo, anche quello del cosplay.