Army of the Dead, il nostro incontro con Zack Snyder e il cast

Abbiamo incontrato Zack Snyder, Dave Bautista e il resto del cast di Army of the Dead in uscita su Netflix il prossimo 21 maggio.

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a cura di Domenico Bottalico

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In attesa dell'arrivo di Army of the Dead su Netflix il prossimo 21 maggio, abbiamo avuto la possibilità di sederci (seppur virtualmente) e scambiare alcune battute con il visionario regista Zack Snyder, sua moglie Deborah e Wesley Coller (produttori esecutivi) ed il del cast del film fra cui Dave Bautista (Scott Ward), Omari Hardwick (Vanderohe), Ana de la Reguera (Maria Cruz), Matthias Schweighöfer (Dieter), Nora Arnezeder (Lily/The Coyote), Mikey Guzman (Raúl Castillo), Hiroyuki Sanada (Bly Tanaka), Samantha Win (Chambers), Garret Dillahunt (Martin), Theo Rossi (Burt Cummings), Tig Notaro (Marianne Peters), Huma Qureshi (Geeta) e Ella Purnell (Kate Ward).

In Army of the Dead, un gruppo di mercenari viene assoldato per penetrare all'interno di Las Vegas, città completa invasa dagli zombie, e compiere una rocambolesca rapina. La missione, già complicata di per sé, diviene ancora più difficile quando, una volta entrati in città, si troveranno di fronte un vero e proprio esercito di zombie tanto famelico quanto intelligente e ben organizzato Ricordiamo che non è il primo incontro fra Zack Snyder e il genere zombie. Il vulcanico regista ha infatti già diretto, nel 2004, L’Alba dei Morti Viventi (disponibile su Amazon in blu-ray), remake del cult Zombi di George A. Romero.

Zack Snyder, sull'ispirazione dietro Army of the Dead e il suo ritorno attivo dietro la macchina da presa

Sono stati propri Zack Snyder e sua moglie Deborah ad introdurci Army of the Dead ed al concept dietro la pellicola. Il regista ha spiegato che l'idea alla base del film risale addirittura al 2004, dopo L'alba dei Morti Viventi, quando iniziò a fantasticare sulla possibilità di espandere i limiti e gli stilemi del genere inglobando nel genere altre influenze come la fantascienza pensando ad un sequel ambientato nell'Area 51 e di come poter rileggere alcuni classici da Il Pianeta delle Scimmie a Aliens passando per 1997: Fuga da New York. Zack Snyder ha poi gentilmente risposto alla nostra domanda.

Zack, in Army of the Dead si nota un certo cambiamento dal punto di vista delle riprese. Dalla magniloquenza dei tuoi film sui supereroi si è passati a inquadrature più intime e punti di vista più diretti. È stato un percorso naturale? Quanto ha contribuito in questo percorso essere stato anche, per la prima volta nella tua carriera, direttore della fotografia?

Ho girato io personalmente il film, cosa che non facevo da un po', ed è qualcosa di molto più fisico che stare semplicemente seduto su una sedia e dirigere guardando uno schermo. È stato molto bello, rigenerante e appagante. Dal punto di vista tecnico, negli ultimi due anni, ho collezionato quante più lenti Canon Dream, un tipo di lenti prodotte commercialmente negli anni '60, che riuscissi a trovare. Insieme a RED Studios abbiamo poi modificato delle camere con queste lenti, con cui abbiamo girato con una apertura .95 a 50 mm. Questa particolare combinazione, unito al fatto che ho voluto girare con luce naturale in determinati orari del giorno, ha contribuito a dare al film quell'aspetto tale da evidenziare il contrasto netto fra l'ambiente desertico circostante e i colori tipici di una apocalisse zombie con quelli delle figure in movimento, delle esplosioni e così via.

Il regista ha poi spiegato come il genere zombie sia cambiato molto negli ultimi 15 anni. Partendo dal presupposto che il genere è una forma di riflessione sociale e che gli zombie siamo noi privati della nostra umanità, Snyder dice di aver provato, in Army of the Dead, ad andare oltre la semplice idea di evoluzione. C'è in atto una in vera e propria sostituzione di una specie con un'altra. L'idea alla base di questo secondo film era quella di prendere tutti gli stilemi classici del genere e stravolgerli, rendendoli meno scontati. Confermando però l'impossibilità di lavorare al film nel 2004 e il seguente ingresso nel campo dei cinecomics, Deborah Snyder ha aggiunto che la prima versione del film fu pensata per essere affidata a un altro regista, salvo poi rivedere completamente la sceneggiatura quando la possibilità di realizzarlo per Netflix si è concretizzata.

Dave Bautista, sull'esperienza sul set e sul suo personaggio

Dave Bautista ha confermato che inizialmente non cercava un ruolo nell'ennesimo action movie né era interessato a un film sugli zombie, ma nella sceneggiatura di Army of the Dead c'era davvero qualcosa di speciale da un lato la componente heist e dall'altro la possibilità, con il suo personaggio, di poter toccare diversi registri. Una sfida, dal punto di vista attoriale, che cercava da parecchio tempo. Dave Bautista ha poi gentilmente risposto alla nostra domanda.

Dave, Scott Ward è un personaggio leggermente diverso dal classico action hero, come ti sei approcciato al personaggio? Hai cercato ispirazione in qualche personaggio cinematografico del passato?

Ho cercato, da sempre, di evitare ruoli troppi stereotipati su di me, sulla mia fisicità e sul mio passato, da dove provengo professionalmente intendo. Ma non ho cercato nessuna ispirazione in particolare, il personaggio di Scott Ward si è sviluppato organicamente guardando maggiormente alle relazioni con gli altri personaggi e al suo background. A volte se ti soffermi troppo a pensare, a cercare questo o quel tono particolare, diventa difficile lavorare con il resto del cast, con il regista e più in generale non riesci ad adattarti alle situazioni e ai diversi momenti della sceneggiatura. Preferisco avere una infarinatura generale sul personaggio che vado a interpretare, senza troppi preconcetti o troppe informazioni. Nel caso specifico di Scott Ward la sua essenza era il senso di redenzione soprattutto nei confronti di sua figlia e da lì ho scavato più in me stesso, nelle mie esperienze che in altri personaggi cinematografici in particolare.

L'ex-campione WWE (rileggete la nostra intervista a Triple H) si è inoltre soffermato sul ruolo attivo di Zack Snyder che ha elogiato per essere stato sempre molto attivo sul set dispensando consigli e cimentandosi in prima persona in determinate scene e contribuendo a rendere l'esperienza sul set estremamente formativa, rilassante e creando un clima disteso e collaborativo fra tutti i membri del cast oltre, ad aver avuto la capacità di ritagliare ad ognuno di questi personaggi il proprio momento durante il film.

Omari Hardwick e Matthias Schweighöfer, la bromance fra Vanderohe e Dieter

Molto divertente la complicità fra Omari Hardwick (Vanderohe) Matthias Schweighöfer (Dieter), che sarà anche il regista del prequel di Army of the Dead intitolato Army of Thieves, trovate i primi dettagli nel nostro articolo dedicato. I due attori descrivono i loro personaggi come dei novelli Danny Glover e Mel Gibson nel cult Arma Letale in quella che è stata descritta come una vera e propria bromance. Proprio Omari Hardwick coglie la palla al balzo e decide di rispondere ad una nostra domanda per introdurre il suo personaggio Vanderohe.

Omari, il tuo personaggio viene descritto come una "macchina trita zombie", ma gli zombie di questo film sono più veloci e più scaltri. Come hai sviluppato il tuo personaggio?

Grazie è un'ottima domanda perché mi permette di entrare nello specifico di quello che è stato un film nel film. Quando tutti noi del cast abbiamo accettato il ruolo che ci era stato proposto abbiamo iniziato a costruire il background dei nostri personaggi e la loro storia come mattoncini. Nel mio caso specifico, e in quello di Vanderohe quindi, il primo passo è stato quello di "adeguarmi" fisicamente soprattutto a Dave Bautista, che sembra scolpito nella roccia. Ho dovuto quindi prendere peso e mettere su una certa massa muscolare di modo da uniformarmi all'idea di questi soldati che avevano combattuto nelle Zombie Wars. Dall'aspetto fisico abbiamo poi iniziato un processo di sottrazione. Vanderohe ha combattuto ma dopo la guerra ha rivalutato le uccisioni, ha sviluppato un certo rispetto per gli zombie che prima di diventare quello che sono erano degli esseri umani. Il significato dell'arma che contraddistingue il personaggio è anche questo: si tratta di una motosega, un'arma devastante che però non è un'arma da fuoco che permette una certa separazione dal bersaglio ma al contrario comporta una certa forma di intimità. È un personaggio costruito su una certa spiritualità, grazie ancora per la domanda.

Matthias Schweighöfer si è invece soffermato su come abbia sviluppato il suo personaggio, Dieter, prendendo alla lettera le indicazioni di regista e sceneggiatori: fare il contrario di quello che fanno tutti gli altri. L'attore ha spiegato che, con questa indicazione bene in mente, ha deciso di "esagerare" in tutto e per tutto ad esempio l'indicazione "sii silenzioso" è diventata un parlare sottovoce o fra sé e sé. Sulle sue abilità come scassinatore invece dovremo attendere il film prequel per scoprirne le origini.

Omari Hardwick ha poi gentilmente risposto ad una seconda nostra domanda.

Omari, praticamente a metà film sganci una "bomba filosofica" riguardante il senso della missione e della apocalisse zombie. Il personaggio di Vanderohe era già estremamente figo ma quel punto diventa davvero incredibile. Come hai aggiunto quella particolare sfumatura?

Grazie è un'altra ottima domanda. Lo dico subito, a costo di sembra smielato o scontato, e puoi pubblicarlo così che rimanga nero su bianco, si parte dall'amore [love - in inglese, N.d.A]. Ogni bambino vuole essere amato, brama l'abbraccio vero o ideale di un genitore biologico o meno, e Vanderohe nel corso del film cerca disperatamente un modo per amare sé stesso e gli altri. È una anima tribolata. Partendo da questo presupposto ho utilizzato il legame che avevo creato con il resto del cast e con Matthias Schweighöfer, non con il suo personaggio attenzione ma con Matthias come persona, e l'ho riversato in quella scena che guarda caso, e Zack sa bene quanto sia importante il momento in cui girare una scena, non segna solo la metà esatta o quasi del film ma è stata girata anche a metà della lavorazione stessa del film cioè quando il cast aveva già fortemente legato, come attori e come persone. Davvero un'ottima domanda, grazie ancora.

Un cast eterogeneo e internazionale

Ana de la Reguera (Maria Cruz) e  Nora Arnezeder (Lily/The Coyote) hanno sottolineato la diversità del cast dal punto di vista etnico, diversità che è stata esplicitamente richiesta dal regista e dai produttori, e la presenza di personaggi femminili molto forti, forza non dettata esclusivamente dall'imbracciare armi o essere protagoniste di scena d'azione. Le due attrici hanno rimarcato come entrambi i loro ruoli potevano essere interpretati da colleghi maschi ma Zack Snyder li ha offerti a due attrici. Un netto cambio di passo rispetto all'industria fino ad una decina di anni fa.

Ana, il tuo personaggio, Maria Cruz, è una veterana delle Zombie Wars. Quanto ha influito questo particolare sulla costruzione del personaggio?

Dopo la fine delle Zombie Wars, Maria vorrebbe rivivere le stesse emozioni che ha vissuto al fianco di Scott e Vanderohe. E questa missione è una occasione unica, si unisce al gruppo anche per questo motivo ma ci sono motivazioni personali in gioco anche. Diciamo che il denaro non è l'unica motivazione che l'ha spinta ad unirsi al gruppo, vorrebbe sentirsi di nuovo utile per sé stessa, per l'umanità e per i suoi compagni di una volta.

Raúl Castillo ha invece subito risposto alla nostra domanda sulle origini del suo personaggio, ovvero Mikey Guzman, un aspirante influencer con la "passione" per gli zombie.

Raúl quanto e come può essere utile un aspirante influencer durante una apocalisse zombie?

È molto utile. Mikey è uno dei personaggi originari di Las Vegas e insieme a Chambers (Samantha Win) sono diventati questa coppia di zombie killer. In realtà il ruolo di influencer è legato al gaming, prima del contagio Mikey era una gamer e questo suo background l'ha sicuramente aiutato ad affinare le sue abilità nell'affrontare gli zombie. Quello che è importante per lui è riuscire a guadagnare e sostentare così alla sua famiglia e i video virali in cui uccide i malcapitati non-morti è il suo modo di capitalizzare sulla situazione in cui versa la città.

Come sempre ironico l'intervento di Tig Notaro, che interpreta il pilota Marianne Peters. L'attrice ha confermato di aver girato le sue scene senza il resto del cast, scene che sono state aggiunte in post-produzione. Con il suo inconfondibile stile la Notaro ha anche confessato di aver ricevuto un addestramento minimo per quanto riguarda gli elicotteri e di non aver prestato moltissima attenzione scusandosi perciò c'è stato qualche errore tecnico e se ha premuto qualche bottone di troppo a casaccio.

Ella Purnell, che interpreta Kate Ward ovvero la figlia di Scott Ward, si è soffermata sulla dinamica padre/figlia che costituisce una delle sottotrame del film. L'attrice dice di essere stata attratta dal ruolo e dal personaggio proprio per questo rapporto conflittuale che diventa un percorso emozionale molto vivo fra un padre e una figlia. Certo, continua l'attrice, la differenza rispetto ad altri percorsi simili è che sia i personaggi che gli spettatori ad un certo punto si domandano se sia il caso di affrontare certi non-detti durante una apocalisse zombie. Probabilmente no, ma è questo la caratteristica che lo rende interessante.

Army of the Dead sarà disponibile su Netflix dal prossimo 21 maggio.