Avete presente le scene conclusive di Predator, il film di John McTiernan del 1987? Per sconfiggere l'implacabile alieno Schwarzenegger deve rinunciare a utilizzare le armi: troppo il divario tecnologico. La via invece è quella di tornare al grado zero dell'essere umano, recuperando la propria primitiva essenza, quella più vera. La sequenza citata ci offre un perfetto esempio di cinema fantascientifico classico in cui con l'alieno non può esserci alcuna comunicazione né comprensione. L'umano vince, l'alieno perde. I valori a noi noti e più rassicuranti sono preservati e restaurati.
Ora prendiamo invece il recentissimo Arrival di Denis Villeneuve. Protagonista del film anzitutto è una donna e non un uomo ma - soprattutto - una linguista, quindi una studiosa, anziché un militare. Anche in Arrival gli alieni sono incomprensibili, nel loro linguaggio e nei loro scopi, ma qui lo spunto si trasforma in un'occasione, nell'inizio di un'avventura che è viaggio di conoscenza - di sé, non solo dell'altro.
Un nuovo eroe per nuove sfide
Si tratta di un aspetto assai interessante, perché ci dice qualcosa della cultura contemporanea e delle sue paure. Finite le grandi contrapposizioni tra blocchi in cui presumevamo di sapere chi erano i buoni e chi i cattivi, ora l'ignoto è tutto attorno a noi e dentro di noi. Non ci riconosciamo più e soprattutto non abbiamo gli strumenti per decodificare il complesso presente che ci sta attorno. Per nuovi problemi servono dunque nuove risposte, che non possono più essere fornite da figure tutte d'un pezzo, ma da esseri umani aperti al confronto e al dialogo, all'esplorazione. Non è un caso dunque se ultimamente la figura dell'intellettuale non sia più la semplice spalla dell'eroe di turno, ma il fulcro della narrazione. La paura nasce dall'ignoranza, non più dalla differenza.
In questa nuova narrazione tra l'altro i personaggi e gli schemi definiti dal linguista Vladimir Propp nel suo lavoro del 1928 Morfologia della fiaba, si perdono quasi del tutto o quantomeno sono sovvertiti. Così spesso viene a cadere la tradizionale contrapposizione tra protagonista/eroe e antagonista/cattivo, con quest'ultimo che a volte è del tutto assente o, forse in maniera ancora più significativa, può non corrispondere necessariamente all'alieno. Il mutamento di paradigma è fondamentale, ma Arrival non è il solo esempio di questo cambiamento nella fantascienza contemporanea.
Quattro esempi del nuovo corso
Nel 2009 possiamo rintracciare un primo esempio di questo nuovo corso in Moon, il primo lungometraggio diretto da Duncan Jones. Il film, girato con un budget ridotto ma tutt'altro che privo di idee, è infatti uno dei primi nel nuovo millennio a riportare lo spazio alla sua funzione originaria di luogo sconosciuto per eccellenza anziché di semplice teatro di storie epiche e spettacolari. Moon infatti utilizza le infinite desolazioni degli spazi bui e silenziosi per farci incontrare l'altro per eccellenza, ossia noi stessi.
Ancora pochi anni e nel 2013 arriva Gravity. Il film di Alfonso Cuarón è il perfetto esempio di questo nuovo corso in cui non ci sono nemici, tantomeno alieni e i protagonisti sono due umani, un astronauta e un ingegnere biomedico. Come già Moon, forse ancora di più, Gravity ha il merito di aver saputo rinnovare con intelligenza il genere pescando al tempo stesso dal passato, in special modo da certo cinema fantascientifico sovietico, in cui lo spazio è un luogo metafisico più che reale, occasione e luogo d'incontro con il sé più profondo e il ritorno sulla Terra richiama al tempo stesso l'origine stessa della vita e la rinascita.
Da qui in poi non ci sarà più sosta e arriverà almeno un film all'anno a dimostrare che questo nuovo corso non è frutto di casualità, ma espressione genuina di un bisogno profondo diffuso nella cultura e nella società. Nel 2014 infatti tocca a Christopher Nolan e al suo Interstellar. Smisuratamente epico e forse così ambizioso da essere almeno in parte sfuggito al controllo anche di un regista come Nolan, il film trascende tutte le dimensioni e ci parla di una realtà in cui, letteralmente, l'essere umano è artefice del suo passato quanto del suo futuro.
Se le raffinatezze scientifiche e filosofiche non sono il vostro forte, più godibile dovrebbe risultarvi il successivo The Martian, film di Ridley Scott del 2015. La pellicola ancora una volta mette un essere umano, uno scienziato, solo dinanzi a una situazione apparentemente disperata, che sarà l'occasione per un viaggio di conoscenza di sé, della propria umanità e dei propri limiti, da superare con l'unica arma della Scienza e della conoscenza.
Tre antesignani del passato
Ovviamente sarebbe errato pensare che questa sia una tendenza emersa esclusivamente negli ultimi anni. Film con argomenti di questo tipo e un approccio simile ci sono stati anche in passato ovviamente, anche se spesso sono stati più frutto del sentire del singolo regista che espressione di nuove istanze sociali e culturali.
Forse il primo antesignano di questo approccio può essere considerato Ultimatum alla Terra, del 1951. Qui l'alieno c'è ancora, è vero, ma il fulcro della narrazione è rappresentato dalla riflessione sulla nostra stessa natura umana e sulle storture da essa prodotte, dinanzi alle quali proprio l'alieno ci pone.
Il rappresentante più compiuto di questo filone però è forse Solaris, capolavoro del 1972 di Andrej Tarkovskij. Qui infatti l'esplorazione spaziale e l'incontro alieno si fanno metafora esplicita del nostro viaggio di auto-conoscenza in quanto specie umana, e il pianeta sensiente Solaris non fa che restituirci la concretizzazione dei nostri desideri e delle nostre paure in una specie di lunga seduta di psicoanalisi.
Chiudiamo questo nostro breve excursus con Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo, realizzato nel 1978 da Steven Spielberg e che tratta seppur in forme diverse e più "spettacolari" gli stessi temi e le stesse inquietudini del film di Tarkovskij. Nel film infatti gli alieni, che si riveleranno solo brevemente nel finale, si trasformano rapidamente in un'ossessione totalizzante che spingerà i protagonisti a interrogarsi su sé stessi e sulla propria vita.
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