Assassinio sul Nilo, recensione: Kenneth Branagh torna sulla scena del delitto

Assassinio sul Nilo arriverà domani, 10 febbraio, nelle sale italiane: Kenneth Branagh riprende il ruolo di Hercule Poirot.

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a cura di Marco Patrizi

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All'annuncio della nuova versione di Assassinio sull'Orient Express uscita nel 2017 si sollevò una comprensibile perplessità: quanto può “tirare” un nuovo film su un’opera estremamente famosa, che per di più ha già ricevuto più di una trasposizione cinematografica? Operazioni di questo genere sono comuni ormai, ma a differenza degli altri generi, quello del giallo whodunit trae gran parte del proprio fascino dal mistero che avvolge l’enigma della rivelazione del colpevole.

Eppure il regista, nonché attore protagonista, Kenneth Branagh riuscì lodevolmente in quest’impresa di ri-trasposizione del classico letterario partorito dalla penna della regina del giallo Agatha Christie, orchestrando un’interpretazione che puntava tutto su una mise en scène di più ampio respiro, ma soprattutto sulla maggiore introspezione dell’iconico Hercule Poirot.

Nonostante alcuni difetti, l’accoglienza favorevole del film portò la 20th Century Studios a finanziare un secondo film: Assassinio sul Nilo. Si tratta di una nuova trasposizione di un’altra pietra miliare dell’autrice britannica: Poirot sul Nilo”, sempre con Kenneth Branagh al timone. Una produzione però nata sotto una stella sfortunata, dato che riusciamo a vederlo solo ora nonostante le riprese siano ufficialmente finite a dicembre 2019. Se infatti l’acquisizione della casa di produzione da parte di Disney è stata indolore, ben altri problemi sono sorti quando l’attore Armie Hammer è stato raggiunto da accuse di abusi, coercizione e persino tendenze al cannibalismo da parte di alcune sue partner. Un sinistro vaso di Pandora scoperchiato che ha comprensibilmente spinto Disney a rimandare l’uscita del film. Nel 2020, poi, ci si è messa di traverso una certa pandemia che ha fatto slittare ulteriormente la distribuzione nelle sale di circa due anni.

Anche questa volta Kenneth Branagh e lo sceneggiatore Michael Green usano il racconto giallo per affrontare temi sulla natura umana che vengono proiettati e affrontati intimamente dal celebre investigatore baffuto. Se le vicende sull'Orient Express hanno infranto nell’integerrimo Poirot la convinzione che il mondo potesse essere categorizzato in assoluti di bene e male, nella terra dei faraoni questi si confronta con gli effetti dirompenti dell’amore.

Assassinio sul Nilo, vacanze egiziane per Poirot

Dopo un breve prologo che ci lascia sbirciare nel background del protagonista e l’origine dei suoi baffi, il film mette subito in evidenza il leitmotiv della passione: sulla pista da ballo di un locale della Londra del 1937, Simon Doyle (Armie Hammer) e Jacqueline de Bellefort (Emma Mackey) si avvinghiano in una danza grondante di sensualità. Lo spettacolo è interrotto dall’arrivo di Linnet Ridgeway (Gal Gadot), affascinante ereditiera che polarizza l’attenzione come un cigno bianco in un lago di anatre. Jacqueline le è molto affezionata e chiede alla facoltosa amica di dare un lavoro al fidanzato, piacente ma senza un soldo. Al momento di presentarle Simon, però, tra i due scocca un colpo di fulmine improvviso e nel giro di poche settimane la situazione è completamente stravolta: Simon ha sposato Linnet e i due sono in viaggio di nozze in Egitto, mentre Jacqueline, accecata dalla gelosia, li stalkera portando con sé una calibro 22 e delle intenzioni sicuramente poco pacifiche.

Fortuitamente anche Hercule Poirot è in vacanza in Egitto, per cui i due sposini gli chiedono di vegliare su di loro e unirsi agli altri invitati, amici e parenti di Linnet, in un viaggio sul Nilo a bordo della SS Karnak. Inutile dire che il viaggio non sarà rilassante come da programma e che dal battello non tutti scenderanno ancora in vita.

"Non sentire l'Africa"

Visivamente Assassinio sul Nilo è tanto sontuoso quanto imperfetto. Da un lato abbiamo una regia che sa regalare scorci e inquadrature notevoli e la fotografia di Haris Zambarloukos che si sposa ottimamente con le scenografie di Jim Clay e gli splendidi costumi di Paco Delgado. Dall'altro ci troviamo di fronte a un abbondante uso di un green screen tutt'altro che convincente che fa permanere una sensazione di artificiosità, che per una location spettacolare come l’Egitto risulta tanto più deludente.

Dal punto di vista dell’atmosfera inevitabile è il confronto con il film di John Guillermin del 1978, dove il clima afoso era sempre percepibile, tanto da farci quasi sentire addosso il sudore dei personaggi; mentre in questo caso sembra di assistere quasi a una gita primaverile.

La chiave di volta del film è fortunatamente l’aspetto a cui è stata dedicata maggior attenzione, ovvero il rapporto e la resa dei conti di Poirot con l’amore. Nelle sue incarnazioni precedenti il celebre detective è sempre stato ritratto come un’imperturbabile figura distaccato da ogni vicenda, con le sue stranezze e idiosincrasie, persino buffo in certe occasioni, ma per lo più impermeabile a ogni passione e giudizio esterno.

Kenneth Branagh non snatura il personaggio, ma lo arricchisce con la sua interpretazione, permettendoci di guardare dietro quell'austera maschera che ha fatto crescere sotto il naso. Ci fa capire che la sua dedizione al freddo esame dei fatti gli è necessaria per rimanere sempre lucido nelle sue valutazioni di detective, ma anche come meccanismo di difesa verso la vulnerabilità che i sentimenti comportano. Rispetto al passato, però, questo distacco è destinato a vacillare sotto il peso delle conseguenze di una tale de-umanizzazione.

I personaggi a bordo del Karnak sono stati rielaborati da Michael Green, quindi se siete particolarmente affezionati alla versione del 1978 o al libro di riferimento potreste storcere il naso davanti ad alcune scelte, come ad esempio al ritorno di Bouc (Tom Bateman), ma nella seconda metà del film diventerà chiaro come tali cambiamenti permettano di affrontare in modo esteso il tema centrale degli affetti.

https://youtu.be/gZPsosPm0NI

Resta solo il rammarico del fatto che il triangolo amoroso e i riflettori su Poirot tolgono inevitabilmente spazio alla caratterizzazione degli altri personaggi, di cui le motivazioni e la pericolosità come possibili assassini finiscono per risultare piuttosto vaghe e affrettate. Il film può contare su un ensemble di attori sicuramente efficace, tra i quali alcuni spiccano più di altri. Kenneth Branagh è sempre efficace nell'impersonare il protagonista nella sua temperanza e solennità, ma che in questo caso mostrerà anche il fianco a un lato più umano. Gal Gadot è particolarmente adatta al suo ruolo che ricopre con carisma e una presenza scenica incontestabile. Piacevole sorpresa per Emma Mackey che, dopo il successo di Sex Education, fa il suo debutto sul grande schermo (escludendo “Eiffel”, uscito prima ma girato dopo) interpretando una Jacqueline passionale e caparbia. Del Simon di Armie Hammer possiamo dire che assolve al suo ruolo di essere lì ed avere un bell'aspetto, senza infamia e senza lode, ma decisamente non all'altezza delle due contendenti.

Altre performance limitate dal minutaggio ma degne di nota sono la coppia Jennifer Saunders e Dawn French nei panni di Marie Van Schuyler e Mrs. Bowers, che offrono diversi comic relief che allentano la serietà nei momenti giusti, ma che contribuiscono anche al piglio tematico moderno della produzione; il personaggio di Salome Otterbourne è passata dall'essere una scrittrice a una cantante jazz afroamericana interpretata da una Sophie Okonedo che con la sua verve rende elettrizzante ogni scena in cui appare, accompagnata da Letitia Wright nei panni della nipote Rosalie.

Assassinio sul Nilo: conclusioni

In generale Assassinio sul Nilo risulta una narrazione più soddisfacente rispetto al predecessore, se non altro per l’accento sui sentimenti umani e il maggior coinvolgimento del protagonista. Sulla sua bilancia pesano un incauto utilizzo della CGI e uno spazio ridotto dedicato ai comprimari. Forse la sua più grande incertezza è quella di avere una modernità tale da risultare indigesta ai puristi dei romanzi, eppure non sufficiente per raggiungere le vette di Knives Out. Tuttavia, la passione di Kenneth Branagh per la creatura di Christie è evidente, così come il suo interessante intento di renderlo un personaggio più umano e tridimensionale. In questo senso Assassinio sul Nilo è sì uno dei tanti casi risolti da Hercule Poirot, ma anche quello che di riflesso lo spingerà a risolvere sé stesso.