Atto di Forza, quella domanda che ti perseguita

Come molti film di Paul Verhoeven, anche Atto di Forza si presenta come un blockbuster di azione ma si presta anche a una lettura più approfondita. In particolare, questa pellicola lascia aperto un interrogativo a cui proviamo a rispondere oggi.

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a cura di Damiano Greco

retrocult

Nota del curatore. Ho cercato gli autori di Retrocult uno a uno, chiedendo a tutti di scrivere per questa rubrica. In alcuni casi, più che di chiedere si è trattato di supplicare. Damiano Greco, l'autore di oggi, invece si potrebbe definire un volontario.

Il che ha dell'incredibile per quanto mi riguarda. La sua autocandidatura mi ha deliziato, ma ho mantenuto sangue freddo e professionalità, ah!, chiedendogli di cosa volesse scrivere e come. Un paio di mail, il documento arriva, e con la massima professionalità ho rimandato la revisione all'ultimo momento. Perché bisogna essere professionali fino in fondo, mica per scherzo. 

Poi, pochi giorni fa, ho letto l'articolo che state per leggere anche voi. Un articolo che per me ha riattivato ricordi sprofondati da qualche parte, che mi hanno fatto sentire almeno un po' come il protagonista Quais. I ricordi, la realtà, Dick... già questo basterebbe a farmi contento. E poi diciamolo, un articolo così pieno di spoiler è una meraviglia per definizione. Una delizia per l'anima e una gioia per lo spirito, perché se non ti piacciono gli spoiler hai sbagliato tutto.

 "E se fosse tutto reale?"

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La bellissima locandina del film di Renato Casaro

Introduzione

Non è certo un compito semplice scrivere la recensione di un film culto come Atto di Forza, ma ho deciso dopo tanto tempo di raccogliere tutto il mio coraggio e provare nell'arduo incarico. Così ho riguardato per la 300ª volta il film di Paul Verhoeven, cercando però di essere il più obiettivo possibile. E così è nato questo articolo, che vuol'essere un tentativo di approccio diverso dal solito.

Non mi soffermerò sulla spettacolarità delle scene di azione né sulla loro potenza ludica, non apprezzerò i magistrali effetti speciali da Premio Oscar (ancora alla vecchia maniera) di Rob Bottin (Fight Club e RoboCop, tra gli altri), non sottolineerò il perfetto montaggio, l'estetica eccezionale delle immagini, l'esplosiva - ma al tempo stesso misteriosa - colonna sonora dell'immenso Jerry Goldsmith (L.A. Confidential, Gremlins, Small Soldiers).

Tralascerò i campi semantici dimenticandomi della profondità narrativa e dei dipinti a sfondo filosofico su cui ruota l'intera pellicola, delle sue tematiche visionare - dove la percezione della realtà viene fatta sgretolare con la dinamite e ricomposta poi in molteplici punti di vista - che anticipano film come Matrix, The Truman Show e tanti altri. Non mi focalizzerò sull'adrenalinica sceneggiatura e sul suo retrogusto volutamente satirico che tocca note tipiche del humour nero, non evidenzierò il grido di allarme contro il turismo irresponsabile che echeggia durante tutto il film, non mi soffermerò sull'eterna lotta fra la classe operaia e i potenti tiranni - ultimi pronti sempre a speculare sui più deboli.

Mi scorderò delle feroci critiche mosse nei confronti dei media (tipiche di Verhoeven) e riportate dal coraggioso regista grazie ad una maestria nel normalizzare la violenza, dimostrando una grandissima capacità nel creare delle caricature demenziali e a tratti grottesche dell'entertainment a stelle e strisce, già viste tra l'altro in Robocop e riprese poi in Starship Troopers. Infine - lo prometto - non farò nessun accenno alla tipa con tre tette.