Avatar - La Via dell'Acqua: guida alla visione

Avatar - La Via dell'Acqua di James Cameron è un sequel controverso: merita la visione? Cerchiamo di fare chiarezza nella nostra guida.

Avatar di Elisa Erriu

a cura di Elisa Erriu

Stai per sederti al cinema, non hai aspettative, non vuoi averne, sono trascorsi tredici anni dall'ultima volta che un Na'vi ti ha preso per mano e ora, giustamente, hai dubbi: ha senso tornare a Pandora? Reggerò tre ore di film? Avrei dovuto prendere i popcorn o i nachos? Domande senza risposta, perplessità e dilemmi, c'era da immaginarselo, il destino di Avatar - La Via dell'Acqua era inevitabilmente quello di creare scompiglio, o meglio, essere uno spartiacque. Ci saranno coloro che lo disprezzeranno prima di vederlo e dopo averlo visto, ci sarà chi non lo vedrà per principio, sono tornate infatti le petizioni per boicottare il sequel di Avatar perché secondo alcuni gruppi di nativi americani l'intero franchise è (citiamo) "razzista", sfrutterebbe la loro cultura, senza averli coinvolti direttamente, reinterpretandola attraverso una "blueface", ovvero una manipolazione, un mascheramento, reso dagli alti alieni blu, che avrebbero l'unico scopo di mostrare una parte parziale del colonialismo e degli orridi momenti che hanno vissuto gli antenati degli indigeni, in tanto che la produzione ci monetizza sopra.

Non è la prima volta che il regista, James Cameron, è costretto a navigare in queste acque, era successo già nel suo primo Avatar, leggendario capitolo, accusato anch'esso di aver manovrato per i suoi interessi la storia dei nativi. A quanto pare, la sua risposta è un grande tuffo dentro al problema, un ritorno limpido, puro e cristallino come l'acqua nel mondo che ha creato, ancora più denso in realtà di storia, cultura e miti. In questo articolo cercheremo di rispondere a tutte le domande che vi sarete posti prima, ma anche dopo, la visione di Avatar 2, evitando il più possibile gli spoiler, ma spiegando, come fosse una guida, le ambientazioni, la trama e i personaggi e soprattutto motivando bene il perché, dentro a quel cinema, ne è valsa invece la pena andarci.

Avatar - La Via dell'Acqua: l'acqua non ha inizio o fine

Qualcuno diceva: "Sii senza limiti, amico mio, come l’acqua. Se metti dell’acqua in una tazza, l’acqua diventa tazza. Se la metti in una bottiglia, diventa bottiglia. In una teiera, diventa teiera. L’acqua può fluire o può distruggere. Può muoversi rapidamente o lentamente, ma il suo obiettivo è inesorabile, il suo destino segnato. Sii come l’acqua che si fa strada attraverso le fessure. Non forzare, ma adattati all’oggetto, e troverai un modo per aggirarlo o attraversarlo." Questo qualcuno era Bruce Lee che con queste parole ha insegnato alla storia e al mondo una filosofia che è divenuta prima uno stile di vita e successivamente una disciplina marziale. Si potrebbero realizzare articoli su articoli per documentare il rapporto di James Cameron con l'acqua: proprio come Bruce Lee insegnava, il regista si è dimostrato essere anche lui "acqua", modellando la sua carriera sulla flessibilità e allo stesso modo sulla caparbietà, ponendosi pochi limiti e adattandosi, pur di raggiungere i propri obiettivi.

Dopo aver abbandonato i suoi studi, Cameron decide di dedicarsi al cinema dopo essersi innamorato di Guerre Stellari: vasti universi inesplorati, pari a oscuri abissi, sono sempre stati sin dai suoi esordi il suo interesse maggiore, infatti inizia la sua carriera con alieni e creature marine, realizzando nel 1978 Xenogenesisil suo primo cortometraggio, e Piraña, una pellicola horror prodotta in Italia. Entrambi, però, si rivelano un fallimento e dopo essere stato licenziato, Cameron stesso sostiene di aver visto in sogno, in seguito a una malattia, il suo primo, grande successo: Terminator.

Ma nella lunga carriera di Cameron, ricca di mondi futuri, lontani e xenomorfi, spicca senz'altro Titanic. Ed è proprio il fascino dell'oceano a spingere il regista ad avventurarsi in un genere a lui poco consono, distante dai suoi film che fino a quel momento erano ricchi di azione e fantasia ultraterrena: un film basato sul ritrovamento dell'omonimo transatlantico britannico? Cameron era da quando ha sentito la notizia, nel 1985, che ci stava pensando, ma serviva un budget importante: al regista canadese, d'altronde, pare proprio che non piaccia avere limiti. E il tempo, altro famoso maestro di cose che scorrono e fluiscono, gli dà ragione: nel 1997 Titanic è il film più costoso mai realizzato fino ad allora, con i suoi 200 milioni di dollari di budget più altri 85 spesi per la promozione, tuttavia con 1,8 miliardi $ di incassi diventa, all'epoca, il film di maggior successo nella storia del cinema, guadagnando anche undici statuine d'oro dell'Accademy su quattordici candidature agli Oscar.

Il mare è intorno a te e dentro di te

Dopo la popolarità acquisita con un simile traguardo, Cameron ha modo di dedicarsi alla sua grande passione, le spedizioni subacquee. Il regista, infatti, dopo Titanic si dedica soprattutto ai documentari: nel 2002 collabora con Discovery Channel ed Andrew Wight alla scoperta del relitto della corazzata tedesca Bismarck, in seguito realizza un approfondimento sul tragico affondamento del Titanic e sulla tomba di Talpiot, ciò che viene considerato il sepolcro di Gesù. Non dimentica i suoi amati "alieni" e insieme a un gruppo di scienziati della NASA, esplora una catena montuosa sottomarina, scovando alcune delle forme viventi più rare del pianeta. È anche grazie a queste scoperte, che non saranno le uniche nel corso della sua carriera, che Cameron decide molto probabilmente di dare forma e vita a un altro sogno che aveva fatto sin da giovane, ovvero quando a 19 anni aveva sognato una foresta bioluminescente: Avatar.

Come per qualsiasi critica in qualsiasi campo, per comprendere un film bisogna analizzarlo in ogni sua parte, in ogni contesto e in ogni suo aspetto, positivo e negativo: il primo Avatar è uscito al cinema tra Natale 2009 e la prima metà di Gennaio 2010, per noi in Italia. Cameron ha speso più di dieci anni della sua vita, tra sviluppo, sceneggiatura e produzione, per elaborare l'Avatar come lo voleva realizzare, anche perché secondo le sue stime, sarebbe servito un budget che nemmeno lui poteva sognare. Nell'agosto del 1996 dichiarò che sarebbe tornato a pensare ad Avatar dopo Titanic, ma soltanto se anche la tecnologia si fosse evoluta, dato che l'avrebbe voluto realizzare interamente in digitale.

Futuristico e visionario, Cameron si spinge ancora una volta oltre e rimodella il cinema, come un sasso fa con la corrente di un fiume: ci vogliono sei anni di sviluppo affinché Cameron porti la tecnologia del tempo ai livelli che lui già aveva previsto, spingendo tutto sulla 3D Fusion Camera, un tipo di cinepresa digitale ad alta definizione 3D. Avatar diventa il primo film ad essere girato con questo tipo di tecnologia e come un pioniere, traccia una via inesplorata. Da questo momento, il cinema cambia, Cameron batte Cameron e con Avatar supera il suo stesso record, confermandolo come il film con più incassi nella storia del cinema, in tanti si cimentano nel 3D, non riuscendo mai a raggiungerlo. Proprio come scherzavano in una puntata di South Park della sedicesima stagione dedicata a Cameron, è vero che lui alza l'asticella degli standard qualitativi: Avatar si conferma un colossal e gran parte del merito, è proprio dovuto dalla tecnologia alle spalle del film.

Cameron è sempre stato un forte sostenitore del 3D: lui stesso ha più volte dichiarato che per avere un'esperienza più completa, occorre guardare Avatar in tre dimensioni, poiché il film è stato da lui pensato e realizzato appositamente per essere visto in quel modo.

Non si può omettere questo fattore in una valutazione di Avatar, la via dell'acqua, perché dopo aver superato i limiti stessi del cinema già una volta, col primo Avatar, Cameron conferma di aver rivoluzionato il mondo cinematografico una seconda volta, introducendo e promuovendo una tecnologia che questa volta sconfina in un altro elemento questa volta, ovvero proprio l'acqua: dopo aver sfidato i limiti terrestri,  la produzione del sequel di Avatar ha dovuto affrontare le sfide tecnologiche subacquee. Il tradizionale motion capture ottico lotta con i riflessi dalla superficie dell'acqua. Cameron ha dovuto investire altri anni per far avanzare la tecnologia al punto tale che si potessero aggirare le leggi della fisica. Pawel Achtel ha sviluppato un sistema di telecamere subacquee, chiamato DeepX 3D, per sostanzialmente permettere di immergere le telecamere e così, nel 2017, il futuro è arrivato e Cameron ha potuto iniziare le sue riprese per il suo sequel.

Il mare è la tua casa

Se vi state ancora chiedendo il senso di tornare a Pandora, al di là della soddisfazione visiva che Avatar, la via dell'Acqua indubbiamente sa offrire, analizziamo ora quella che molti dicono sia la criticità di questo sequel: la trama, i suoi personaggi e quell'accusa di razzismo.

Dopo che il primo Avatar aveva lasciato il suo pianeta e invaso la terra con orde di fan e critici, nel corso degli anni successivi il suo debutto, Cameron ha messo mano più volte al suo seguito. Ridefinendolo e ampliandolo, col tempo il regista stesso ha deciso che da un sequel era necessario elaborare un franchise, già nel 2015 aveva infatti dichiarato che data la complessità del mondo, era il caso di trasformarlo almeno in una pentalogia. Per Avatar, la via dell'Acqua, Cameron ha  affermato che è stato direttamente influenzato dalla cultura  delle piccole civiltà pacifiche della Micronesia, tra cui i grandi viaggiatori nautici polinesiani. A contribuire a questo immaginario, sempre secondo le dichiarazioni del regista, è stata la sua permanenza durante la preparazione per la sua immersione nella Fossa delle Marianne: Cameron ha affermato che il clan Metkayina, il clan di Na'vi  che ha un ruolo principale in Avatar 2, era "strettamente" basato sulla cultura micronesiana.

Un piccolo, doveroso appunto: all'inizio di Avatar, la via dell'acqua, veniamo a conoscenza che il tempo terrestre è trascorso analogo anche su Pandora. Sono passati circa 15 anni dagli eventi del primo Avatar, Jake e Neytiri hanno messo su famiglia, ma dopo questi anni di pace, "gli alieni" umani che fanno parte della RDA (Resources Development Administration) ritornano su Pandora con l'intento di colonizzarla, di nuovo. Sono spinti dalla disperazione, il pianeta Terra sta morendo e le risorse che Pandora invece offre, sono un pretesto per cercare di salvare l'umanità.

Attraverso un elaborato gioco di luci sopra la superficie dell'acqua, gli alieni diventano "uomini" e gli uomini si trasformano in creature "aliene". I Na'vi hanno lo scopo di rappresentare un mondo primordiale, originario e originale, un mondo "puro", una specie che è connessa alla sua terra, la sente, la vive. La vede. Nel corso del film, sono innumerevoli i casi in cui i Na'vi diventano metafora dei Nativi Americani, a partire dallo stesso legame dei primi popoli d'America con la loro casa, il legame con le creature, che chiamano "fratelli e sorelle", fino ai loro comportamenti, da come cacciano, a come vivono e muoiono.

Il pianto di chi vede bruciare la propria foresta, è stata una delle icone più celebri del 20° secolo, fissata nella storia da una pubblicità che risale al 1971 e richiama un'intera generazione di attivisti contro l'inquinamento tra cui il KAB. Può essere davvero definito "razzista", dunque, un regista che osanna la cultura indigena attraverso un intero mondo di colori e vita, contro un esercito di uomini che rappresentano le più miserabili bassezze della nostra società? Prima di rispondere, bisognerebbe riflettere su questo: è attraverso "l'Avatar", quell'ibrido "demoniaco" creato in laboratorio con geni umani e geni Na'vi, che sia in Avatar sia nel suo sequel, i protagonisti riscoprono il puro significato di "essere umani".

L'acqua connette tutte le cose, la vita alla morte, il buio alla luce

Avatar, la via dell'Acqua, in sala dal 14 dicembre, è una delle esperienze ludiche più disarmanti degli ultimi 13 anni. Quando uscirai da quel cinema, o avrai amato quel film al punto da rischiare di andare in depressione, oppure lo odierai. Perché è vero che la trama è "semplice", ma ancora una volta, occorre dare il giusto peso alle parole.

"Semplice" non può sempre essere l'opposto di "complesso": James Cameron non ha creato un film e basta, ha creato un intero mondo. Letteralmente. Dal più piccolo germoglio fino alla lingua dei Na'vi, ogni aspetto del film non è lasciato al caso, bensì da uno studio e da una ricerca che creano anzi un oceano di complessità. Ma ciò che restituiscono allo spettatore non è un senso di confusione e di smarrimento: chiunque veda Avatar, la via dell'Acqua, è portato a porsi domande, a voler conoscere e sconfinare oltre l'orizzonte. A voler scoprire di più di questo vasto mondo, ricco di dettagli.

E i personaggi, allora? Anche loro seguono un'evoluzione coerente e corretta alla trama, una linea che molti potrebbero dire "semplice" anche stavolta come sinonimo di "banalità". La verità, ancora una volta, è nella prospettiva: i personaggi non sono "semplici", bensì "lineari", onesti dall'inizio alla fine con la premessa con cui sono stati scritti e verso la conclusione esplicitata dalle loro azioni, che risultano credibili, pure se ambientate in un pianeta alieno. Le figure antagoniste nel film non sono mosse da grandi ideali, ma da "semplici" istinti umani, dal potere e dalla sete di vendetta. Basta questo? La risposta, ancora una volta, è davanti a noi.

Avatar, la via dell'Acqua è un film che supera il suo predecessore indubbiamente per il comparto tecnico, ma ha anche il coraggio di spingerlo là, dove nessuno se l'aspettava, oltre un mare di critiche. È un film che non ha l'ambizione di introdurre la novità, eppure porta nuova vita. È un film che vuole ricordare il senso della meraviglia di cui era fatto il cinema agli esordi, quando bastavano immagini in movimento, sguardi e mimica a ricreare un intero senso di sensazioni ed emozioni. È infine un film che non vuole conquistare, ma accoglierti. Questo sequel di Avatar non fa chiasso, non sconvolge. Scorre. Era necessario, dunque? Sì, perché l'acqua oltre a trovare sempre la sua via, spesso ha anche un'altra importante funzione: rinfresca.