Batman, chi era, chi è e chi sarà l’uomo pipistrello

Batman, insieme a Superman, è il più famoso tra gli eroi del cinema e dei fumetti

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a cura di Filippo Rossi

Nota del curatore. Batman è stato per molti anni il mio eroe preferito. Amavo dire che era il migliore perché lui non era “super”; era un uomo come tanti che però faceva cose fichissime.

Certo, al tempo non mi aveva sfiorato l’idea di considerare il denaro un superpotere, ma ancora oggi credo che l’umanità di Bruce Wayne sia il suo valore più grande. Quello, le automobili strepitose, i gadget .. tutto il pacchetto. Ma soprattutto la maschera che nasconde l’uomo e mostra ciò che l’Uomo potrebbe essere.

Da ragazzino credevo che il messaggio fosse che tutti noi abbiamo un eroe dentro, qualcuno che può correggere le ingiustizie e proteggere chi ne ha bisogno. E che fosse necessario mettersi una maschera per far emergere quella verità.

Un po’ lo penso ancora, ma con l’età, se sei fortunato, arrivi a capire un po’ più cose. La fragilità psichica di quello che alla fine fatichi a chiamare eroe, per esempio. E diventi comprensivo se alla fine finisce per sbroccare, andare fuori di testa, perdere la bussola … beh avete capito. Se Batman è davvero umano quanto lo siamo tutti (cose fichissime a parte, s’intende), allora deve essere anche normale, deve crollare, diventare un mostro se necessario. E poi tornare a mettersi maschera e mantello, per dimostrarci che tutto sommato l’umanità è un po’ meglio di ciò che pensavate.

Filippo Rossi. Detto “Jedifil”, è nato il 14 febbraio 1971 a Rovigo e vive a Trieste. È uno dei massimi esperti di Star Wars. Ideatore e co-fondatore di Yavin 4, ha creato e realizzato fino al 2017 Living Force Magazine (Premio Italia 2013 e 2016 come Miglior fanzine italiana di Science Fiction). Fa parte del gruppo tolkieniano Éndore.

Filippo ha scritto "La Forza sia con voi. Storia, simboli e significati della saga di Star Wars" per Áncora Editrice, un eccezionale testo critico sulla saga ideata da George Lucas. Il suo secondo libro è "Super" per Runa Editrice, uno sforzo critico e analitico dedicato agli 80 anni di Superman.

Potete seguire Filippo sul suo sito personale.

L’altro ieri: fuori dal cinema

Batman è, a un primo livello di lettura, il deliberato contrario della dinamica creativa di Superman; a un’analisi più attenta sono entrambi orfani che uniscono privilegi strabilianti a strabiliante tristezza. È dal 1939 che le madri dei primi due supereroi hanno lo stesso nome, Martha. Solo Zack Snyder riesce, nell’infinita storia della casa editrice DC Comics, a usare narrativamente il concetto. Martha è la mother, la “madre” che rende uomini entrambi gli eroi: fallaci ma coraggiosi. Se l’alieno, l’ospite, l’apolide Superman diviene così uomo agli occhi del maggiore eroe umano, allora è un essere umano anche uno straniero, un diverso, un immigrato clandestino.

Nel marzo 1939, sulla cover di Detective Comics #27 (il mese indicato è maggio), una strana figura mascherata di nero e con un mantello alato appare in tutte le edicole americane. Oggi, una miriade di fumetti, action figure, cartoni animati e film provano che Batman rimane una delle icone pop più inossidabili.

L’alter ego del gothamita Bruce Wayne è non a caso soprannominato The Dark Knight da Frank Miller nel 1986, il Cavaliere Oscuro/Buio/Tetro. È uno dei rari supereroi senza superpoteri; nonostante questo, grazie alla mente geniale, al durissimo carisma e all’incrollabile motivazione è considerato costantemente il leader carismatico e il principale stratega dei super-gruppi dei quali fa parte.

È capace di ridurre al silenzio con un solo sguardo colleghi e nemici molto più potenti. Insieme al quasi coetaneo Superman crea la Golden Age supereroica e, quindi, diventa simbolo della Silver Age: è l’eroe più popolare della DC Comics. Nella finzione, con l’Uomo d’Acciaio ha un moderno rapporto di amore e odio, dovuto a rispetto e stima reciproci ma alla grande differenza di metodo e mentalità.

La determinazione di Batman nasconde dolori inenarrabili nel buio.

Usciti dal cinema in cui proiettano un film di Zorro, Bruce Wayne, meno di dieci anni, e i genitori miliardari Thomas e Martha vengono all’improvviso affrontati da un rapinatore. Questi, pistola alla mano, minaccia la madre. Il padre si avventa contro il criminale, che lo uccide per primo; quindi, per farne smettere il pianto, spara anche alla donna. L’unico superstite non può fare altro che disperarsi sopra i cadaveri ancora caldi dei genitori.

Ma una forza gli cresce dentro. Quella notte giura sullo spirito del padre e della madre di vendicarne ogni giorno la morte combattendo il crimine. Gli anni passano e Bruce, ereditata l’immensa fortuna familiare, diventa il più grande detective del mondo, un abile scienziato, un formidabile atleta e combattente. Ormai pronto, in una notte di luna piena l’eroe inizia a pensare a quale travestimento debba adottare per incutere terrore nei cuori dei delinquenti. All’improvviso, un pipistrello entra nel salone, sfasciando la finestra e facendogli sobbalzare il cuore. È questo l’animale spaventoso che ispira il costume di Bruce Wayne e dà vita alla gloriosa carriera del supereroe Batman.

Il primo Batman non ha alcuna remora morale nell’uccidere un criminale, anche se l’atteggiamento spietato viene abbandonato già nel primo periodo fumettistico. Oggi la dirittura etica di Batman è incrollabile ed è il suo principale “potere”. Agisce come vigilante mascherato soprattutto nella città fittizia di Gotham City, la gemella speculare di Metropolis. È caratterizzato da temi fondamentali come il rifugio/base operativa della Batcaverna, le armi e i mezzi; e da alleati fedeli come il Commissario di polizia James “Jim” Gordon, il maggiordomo Alfred Pennyworth e il primo Robin Dick Grayson, l’attuale Nightwing, anch’egli orfano dei genitori – una coppia di trapezisti, assassinati al circo in un apparente incidente. I criminali inquietanti e pittoreschi che lo minacciano sono ispirati alla letteratura e al cinema: il Joker e la Donna Gatto, Due Facce e il Pinguino, l’Enigmista e lo Spaventapasseri, e così via.

Ieri: preludio oscuro

Uno dei veri capolavori assoluti della DC Comics è dedicato a Batman ed esce a metà anni Ottanta, quasi contemporaneamente al Watchmen di Alan Moore, al di fuori delle serie regolari. L’opera cambia il medium per sempre; anche al di là della storia dei fumetti americani. È Il Ritorno del Cavaliere Oscuro (The Dark Knight Returns), pubblicato nella primavera dell’86.

Scritto e disegnato da Frank Miller, inchiostrato da Klaus Janson e colorato da Lynn Varley, è un possibile futuro distopico di Batman. Questi, a cinquantacinque anni, stanco e ritiratosi dopo la morte di Jason Todd (il secondo Robin) torna in azione per combattere, nell’ordine: il crimine organizzato, la polizia di Gotham City e il governo degli Stati Uniti.

La storia propone un nuovo Robin, la teenager Carrie Kelley; vede il suicidio del Joker e culmina con la battaglia contro l’antitetico Superman. Figlio della violenta e sudicia “città americana”, questo durissimo Bruce Wayne/Batman è la figura dei comics che sa invecchiare. L’immenso successo della miniserie eleva Batman al centro della cultura pop e scatena una marea di super-antieroi dark creati ad hoc, come Lobo, o reinventati per seguire la moda.

Nel segno del Cavaliere Oscuro, i fumetti di supereroi sono invasi dall’horror grafico e psicologico, che si unisce alla fantascienza/fantasy. Le serie regolari sfornano lunghe storyline su più testate. I supercattivi si rivelano malati psicolabili e i supereroi sono sempre più fragili, insicuri e mortali. Nel canone della DC Comics, all’alba del 1989 muore davvero Jason Todd, il secondo Robin, seviziato dal Joker in A Death in the Family.

Nel gennaio ’93 ci lascia addirittura l’Uomo d’Acciaio, ammazzato a botte in una lunghissima lotta corpo a corpo dal mostro alieno Doomsday in The Death of Superman. Nel luglio successivo Bane spacca la schiena a Batman in Knightfall. Nel marzo ’94 Hal Jordan/Lanterna Verde impazzisce di dolore e si trasforma nel supercattivo Parallax, uccidendo tutti i membri del Corpo delle Lanterne Verdi e tutti i Guardiani dell’Universo (tranne uno). Nel settembre 2005 Wonder Woman spezza il collo del villain Maxwell Lord e diventa un’assassina.

Oggi: i perché del Batfleck

Il regista Zack Snyder inizia a reinventare l’ultima incarnazione di Batman ben prima del suo film Batman v Superman del 2016. In Watchmen, il suo primo super film del 2009, è nascosta tra i fotogrammi una trovata batmaniana significativa, addirittura rivelatoria.

La potete rintracciare già nella straordinaria sequenza iniziale al ritmo di Bob Dylan. Nel primo quadro dinamico della celebrata e stratificata sequenza storica di apertura, la canzone The Times They Are A-Changin’ del 1964 mostra l’inedito e sorprendente manifesto del numero 1 della testata Batman (primavera 1940) incollato sul muro, dietro la scazzottata del primo Gufo Notturno; il quale salva, all’uscita del teatro dell’opera, un ricco borghese con i baffi (Mr. Wayne), la sua consorte dalla collana di perle (Mrs. Wayne) e il loro maggiordomo britannico (Alfred).

L’autore del fumetto Alan Moore fa nascere infatti Hollis Mason/Nite Owl e i suoi Minutemen nel ’40 del tempo alternativo di Watchmen, come immagine “realistica” dell’Uomo Pipistrello – fuso all’avventuroso Phantom creato da Lee Falk nel ’36. Snyder suggerisce invece come l’intervento del primo Gufo Notturno salvi dall’omicidio i genitori di Bruce Wayne, Thomas e Martha, lasciando Batman nel mondo della fiction a fumetti.

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In seguito Snyder, dopo aver affrontato nel 2013 il capostipite Superman, classe ’38, tre anni dopo mette mano al primo erede: Batman, classe ’39. Ne varia la proverbiale origine in senso personale. La sua scelta di casting è clamorosa.

Benjamin Geza Affleck-Boldt, stella californiana nata il 15 agosto 1972, interpreta a quarantaquattro anni un Bruce Wayne rappresentato fedelmente tra i quarantacinque e i cinquant’anni di età. Dopo vent’anni di lotta inutile contro il folle crimine di Gotham City, che non gli ha risparmiato sconfitte, ferite e perdite, l’ingegnoso playboy miliardario padrone delle Wayne Enterprises trova difficile moderare l’istinto punitivo causato dal trauma infantile dell’assassinio dei genitori.

L’alter ego è il ben noto vigilante mascherato e allenatissimo che ormai prende il giuramento di proteggere la gente della città come una missione globale, sacrificale e suicida. Il relativo film Batman v Superman è il primo, dal 1939 al 2016, a riportare il dimenticato scrittore Bill Finger come fondamentale coautore del Bat-personaggio, insieme al sempre accreditato disegnatore Bob Kane. Il che dice tutto.

Il pipistrello nemico

L’incarnazione di Batman è diversa dal ritratto operato dieci anni prima da Christopher Nolan nella precedente trilogia di successo: quello di Snyder è un reboot radicale. Se il buon maggiordomo Alfred è disilluso, il Bruce Wayne del 2016 è un Uomo Pipistrello potenziato. Definitivamente impazzito, pensa di non essere mai stato più Batman di così. Una versione del personaggio mai vista al cinema, ma vista spessissimo nei fumetti più sperimentali. Batman è il nemico, l’antagonista d’azione che, graniticamente certo del proprio stato di giustiziere assoluto, mette in seria difficoltà colui che ritiene essere un mostruoso pericolo per l’umanità. L’ex-amico Batman è talmente über-Batman da diventare il Cattivo; rimane però il più grande eroe umano. Tanto da completare il cerchio caratteriale e, alla fine della vicenda, rinsavire da solo.

Nel film, l’introduzione con i titoli è dedicata al ricordo onirico della genesi del “nemico”, Batman, l’Uomo Pipistrello – animale associato non certo a sogni eterei ma a incubi sanguinosi, vedi un certo Dracula. Snyder mostra l’incubo del Cavaliere Oscuro. La rovina dell’Uomo per l’odio dell’Uomo, raffigurata tra la caduta immaginaria delle foglie autunnali e delle perle materne, l’ascesa alla realtà tramite i pipistrelli trasfiguranti. Batman nasce dalla tragedia personale e dalla tragedia altrui (qui, di Kal-El), dovrà trovare il senso della rinascita di Bruce Wayne. La sequenza successiva della Battaglia di Metropolis ci introduce al rancore universale del personaggio, lo motiva e lo condivide con tutti noi. Nel fuggi fuggi generale, è l’unico a gettarsi coraggiosamente in mezzo ai magici fuoco e fumo nemici. Vedere ad altezza degli occhi lo scontro aereo di eccezionali esseri volanti che non si preoccupano di noi, piccoli uomini e piccole donne, ci fa capire le sconsolate parole del classico maggiordomo di Villa Wayne…

ALFRED PENNYWORTH: “È cambiato tutto. Gli uomini cadono dal cielo, gli Dei scagliano fulmini, degli innocenti muoiono. È così che comincia, signore: la smania, il furore, il senso di completa impotenza, che rende gli uomini buoni… crudeli.”

Il Pennyworth di Jeremy Irons tenta disperatamente di avvertire il suo padrone, e tutti noi, della china autodistruttiva imboccata per pura e semplice paura. Si rivolge al Batman di Affleck, che sembra disegnato dagli artisti DC Comics: erculeo, imponente, terrificante. Alfred ne è spalla, braccio destro e luogotenente: dimostra una chimica perfetta e lo aiuta sul campo. Di più: ne ascolta le confidenze e le paure, cercando di sostenerlo nel concreto, al di là delle imprese.

Uomo e dio

La dinamica tra Batman e Superman pone la domanda sull’eroismo: è più ammirevole il celestiale ed esemplare virtuoso sospeso nell’aria o il diabolico simbolo del riscatto di chi sa adattarsi alla melma e sopravvivere? Manipolazioni e inganni diabolici fanno leva sulle differenze filosofiche tra l’uomo santo e l’uomo animale. È la necessità di salvare vite che li riporta alla radice delle loro identità. Una comune radice eroica, che non esclude né un’inclinazione né l’altra. L’esempio supermaniano della virtù non è contrapposto al simbolo batmaniano del riscatto. La domanda iniziale è peggio che oziosa o retorica: è disastrosa.

Oltre al significato dell’eroismo, oltre all’impossibile ricerca del presunto eroismo migliore, si arriva all’analisi del potere e del controllo. Il personaggio Superman esiste: un essere così potente che, solo respirando, mette in discussione genti e governi, scienze e religioni, equilibri sociali e mentali. È legittimo che usi quello smisurato potere, dalla sua anti-etica posizione superiore? O serve il controllo, per ridurre l’anomalia a normalità? L’umanità moderna non può fidarsi dell’autocontrollo di chi è superpotente; servono sempre contrappesi e limiti condivisi per contrastare la naturale inclinazione all’abuso di potere. Quindi, chi può controllare il potere assoluto del super-essere?

Del controllo si fa carico, inevitabilmente, il migliore di tutti noi: Batman. Ciò diviene la fissazione finale, causa di un senso d’inferiorità che lo trasforma nella nemesi d’azione, l’antagonista fisico.

Nelle età dell’oro e dell’argento dei comics americani, più o meno dagli anni Trenta ai Sessanta, eravamo bisognosi di ottimismo; oggi, nell’età postmoderna, siamo desiderosi di pessimismo. Superman, lo smarrito visitatore alieno di questi film di Snyder, simboleggia un primo raggio di luce necessario ma non voluto, in anticipo sui tempi storici. Per questo, incompreso e rifiutato, addirittura sacrificale. Mentre il Batman ultraquarantacinquenne, l’umano incappucciato attivo nell’ombra di Gotham City, il vigilante temuto da vent’anni come una leggenda urbana, è l’esatta raffigurazione dell’umanità: non comprende, come noi stessi non comprendiamo se non in poche anime illuminate, l’ottimismo assoluto della bontà disinteressata, né l’accettazione generosa del diverso e dello straniero.

La nostra società reale, come l’ultimo Batman cinematografico incarnato da Affleck, deve cambiare e mettere da parte paura e arroganza. In caso contrario ci aspetta la stessa apocalisse ventilata nei ricorrenti incubi batmaniani del film. Proiezione inconscia dell’inferno morale che sempre è in attesa della Caduta dell’Uomo.

L’autocritica, il riscatto, la redenzione

Per fortuna, la grande metafora snyderiana si chiude con ottimismo: Batman fa autocritica. Infine ritrova la fede nel genere umano, negli uomini, come dice umilmente alla donna-dea antica e fuggiasca Wonder Woman nel magnifico finale del 2016, sotto gli alberi autunnali del piccolo, rurale cimitero di Smallville. Se non più Superman, sepolto in una tomba, è l’idea di Superman che è destinata a essere finalmente accolta, capita e seguita. Perché Superman è uomo come i terrestri. Perché è figlio di una donna come il terrestre migliore, Batman.

L’Uomo Pipistrello è come siamo noi, impauriti e impazziti ma sempre pronti a migliorarci. L’Uomo d’Acciaio è ciò che noi e Batman saremmo se fossimo migliori; quando eravamo come lui, eravamo eroi.

Il Cavaliere Oscuro è davvero il mitologico cavaliere medievale della Tavola Rotonda. In questo film snyderiano richiama il capolavoro arturiano Excalibur del regista John Boorman (1981) in molti modi: dal manifesto del film al cinema, teatro della tragedia che ha creato l’eroe, nel flashback dei titoli inziali; fino alle placche dell’armatura potenziata, e alla stessa lancia di Kryptonite a simboleggiare quella Lancia del Destino legata alla leggenda del Santo Graal. È la lancia che, secondo la tradizione, ferisce al costato il Cristo sulla croce; nel Ciclo Bretone si fa simbolo di salvezza per gli eroi, qui diviene simbolo della caduta dell’eroe.

Al termine di uno scontro spettacolare e disturbante, il cervello, i mezzi e la lucidità di Batman non possono che vincere. Il pazzo Cavaliere Oscuro si dimostra tanto intelligente da abbattere un dio. Un geniale stratega del Male, folle e quindi super-villain, che arriva a fare quello che nemmeno il Lex Luthor dei fumetti è mai riuscito: uccidere Superman. Batman non è mai stato tanto Batman come in questo film. Nemmeno Frank Miller aveva osato tanto.

Il Crociato Incappucciato sta per giustiziare un essere assolutamente buono perché dà ormai per scontato che, vivendo una vita piena, si debba diventar cattivi. Segnati, sfregiati e spezzati dalle reali vicende terrene, il destino di tutti non può che essere quello. È una conseguenza lineare e plausibile del percorso vitale di uno dei personaggi più decisivi dell’arte terrestre.

Batman è andato oltre il massimo potenziale facendo il giro completo e giungendo all’opposto: essere l’eroe del Male. Difatti, giustiziare preventivamente chi può compiere ingiustizie è il massimo filosofico del Male. Farlo su Superman, il dio alieno e straniero puramente filantropo, è davvero l’abisso più abbietto. Solo un “supereroe” può salvarsene e trarvi un senso di salvezza collettiva. L’Uomo Pipistrello di Snyder, a differenza degli uomini della Storia umana raffigurati nella fiaba evangelica, sa fermarsi dall’ammazzare un dio misericordioso, quando questi esprime altruismo in punto di morte. È la massima vittoria perché eleva alla massima vetta l’essere umano, che era e rimarrà limitato e vulnerabile.

Un super-uomo del tutto normale

Batman è un uomo (quasi) comune, a differenza dell’unicità di Superman, l’ultimo sopravvissuto di un pianeta perduto. Un uomo ordinario che sa, in autonomia, scolpire il corpo e la mente al massimo della perfezione possibile. Superman è invulnerabile ma Batman si può rompere, proprio come noi esseri umani reali. È il supereroe assoluto perché non è per niente “super”. Inoltre, dopo tutti questi anni è ancora pazzo. Si tratta di un adulto che la notte si traveste da pipistrello e picchia come un fabbro la gente. In effetti, se da bambino ti ammazzano entrambi i genitori con due colpi di pistola a sangue freddo e davanti agli occhi, con l’età qualche problemino mentale potrebbe anche emergere.

Questo tratto batmaniano viene dallo sceneggiatore Bill Finger, co-creatore del personaggio insieme al disegnatore Bob Kane. Batman così è il primo super-personaggio dei fumetti che ha dei gravi motivi psicologici per condurre la guerra al crimine. Una motivazione drammatica ed emotiva, più sofisticata rispetto alla media industriale. Bruce ci sta simpatico ed entriamo in empatia con lui. Anche quell’essere, di conseguenza, completamente e dichiaratamente pazzo risuona nella nostra esperienza reale; quale gentiluomo, straordinario o meno, non è in qualche misura “pazzo”?

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Da tanti decenni Batman è un genio all’avanguardia dell’hi-tech. Fin dagli anni ’40 si costruisce e porta le armi e gli strumenti nella Batcintura. La Batcaverna è all’ultimo grido, con tanto di Batcomputer personale e Batmobile che va, fin dagli anni ’60, a “batterie atomiche”. Le trovate ipertecnologiche e i veicoli sono fantascientifici.

Batman non ha dalla sua parte superpoteri divini, bensì scienza e tecnologia, gestite dal cervello e dalle mani. Rappresenta la realizzazione delle promesse della tecnica: i super-computer costruiti dall’uomo, capaci di sintetizzare enormi masse di dati per risolvere enigmi criptici; i tanti gadget non improbabili; le automobili eccezionali. Ciò che può rendere il mondo un posto migliore è fatto in casa, senza l’aiuto di una specie superiore da un’altra galassia.

Batman è sempre alla moda. Nei bellici anni ’40 si schiera contro gli osceni nazifascisti dell’Asse. Nei paranoici anni ’50 combatte le classiche minacce dallo spazio esterno. Negli allegri anni ’60 è lo spettacolare crociato della televisione a colori. Dall’inizio è il detective romanzesco che, da Sherlock Holmes a Jessica Fletcher, da Hercule Poirot al Gil Grissom di C.S.I., ha un pubblico affezionato. In tempi più recenti torna a trasformarsi nell’incarnazione oscura più alla moda, che ne rispecchia la stessa origine alla fine della Grande Depressione statunitense: un vigilante ossessionato e ossessivo, che può essere tanto terrificante quanto i malviventi sociopatici che affronta.

La maschera per lui è doppia: quella letterale che gli copre la parte superiore del volto per renderlo irriconoscibile, come uno Zorro urbano. E la “maschera” diurna da playboy che, sulla falsariga di don Diego de la Vega, lo camuffa a volto scoperto da imbelle belloccio tipo rivista da parrucchiera. Infatti i suoi interpreti devono essere superstar sexy: George Clooney, Christian Bale, Ben Affleck e, presto, Robert Pattinson. I cupi e solitari playboy come il signor Wayne sono molto amati dal gentil sesso. E poi, come rimarca onestamente Val Kilmer in Batman Forever, c’è la macchina.

Bat-Watchman

The Batman è un personaggio che vuole essere infallibile. Che poi lo sia è un altro paio di maniche: dipende dall’impresa e dall’avversario. Un personaggio che pretende di distinguersi da ciò che combatte imponendosi un infrangibile codice etico, una rigida disciplina e una marmorea autocritica. L’indizio più rintracciabile è l’odio traumatico per le armi da fuoco, causa della doppia morte che innesca la rinascita da bambino perduto a eroe leggendario. Dettami, divieti e tabù che gli fanno anche da potente scudo psicologico. Un personaggio umano, mortale, che vuole essere sovrumano e aspira all’immortalità dell’esempio. Che vuole essere onnisciente come un computer mistico, super-sherlockholmesiano e iper-einsteiniano; che un mortale come lui riesca a raggiungere questo status semidivino, sta nella bravura degli autori che lo scrivono.

“Volontà” è quindi il concetto chiave, che rende questa incredibile figura simbolo del massimo che un uomo può fare per diventare un dio; proprio come Superman è una figura puramente simbolica del massimo che un dio può fare per diventare un uomo.

La volontà di Bat-Wayne ha un prezzo terribile: la vita. E, se questa volontà indomabile viene meno, ciò comporta conseguenze terribili. È il vecchio maggiordomo Alfred, amico del padre defunto, l’unico ad aiutarlo: egli è il controcanto ironico, a volte, sarcastico, che tende a normalizzare l’inumano, anormale idealista Bruce Wayne. L’inglesissimo maggiordomo Pennyworth odia il supereroe Batman e prova un preoccupato affetto per l’uomo Bruce. Alfred tende sempre ad auto-convincersi che il figlioccio non sia davvero “morto” con i suoi genitori; come in realtà, purtroppo, è.

Equilibrio

Nella stupefacente sequenza girata da Zack Sntder e intitolata Knightmare, “l’incubo del Cavaliere” naturalmente Oscuro, molti elementi rappresentano un chiaro riferimento al personaggio di Darkseid, il malvagio Nuovo Dio di Apokolips, protagonista dell’enorme saga creata da Jack Kirby per la DC Comics: il Quarto Mondo. Il simbolo dell’Omega inciso sul massacrato suolo terrestre, i pilastri giganti di fiamme sullo sfondo onirico, le creature alate dell’esercito di Parademoni. Tutto a indicare quanto di terrificante aspetti la civiltà terrestre se l’umanità continua a odiare i propri protettori. E se stessa. Contro quello scenario allucinato, Batman sfodera e, addirittura, usa delle armi da fuoco: il massimo incubo possibile per Bruce Wayne, la realizzazione di tabù inconsci che entusiasmerebbero Sigmund Freud.

Tutto pare essere un grande discorso sull’equilibrio in natura. Superman può avere il potere della superficie del globo e dell’atmosfera; Batman possiede il potere della profondità della crosta terrestre, che porta al bilanciamento delle forze magnetiche e gravitazionali. Difatti in Batman v Superman Clark salva l’amata Lois nelle sequenze assolate in Africa, il diurno luogo originale dell’Homo Sapiens, per poi condividere con lei momenti di tenera intimità nel loro semplice appartamento metropolitano; mentre Bruce salva delle donne sconosciute imprigionate in un polveroso, comune sotterraneo per poi ritrovarsi in un letto miliardario, solitario e crepuscolare, nonostante la sconosciuta modella assopita sullo sfondo e la bottiglia di champagne vuota.

A ottant’anni d’età fumettistica Bruce Wayne, più di chiunque altro, sa vivere nel 2019. La spavalderia riccastra permette l’adattamento a Wayne, mentre lavora nella notte come Batman. Una doppia personalità perfetta per la società odierna. L’immagine pubblica della celebrità, esposta sotto i riflettori voraci dello star system, serve per nascondere a puntino l’oscurità mentale. Il miliardario Bruce si è celato per decadi: “Dall’età di sette anni è stato per l’arte dell’inganno ciò che Mozart è stato per il clavicembalo” (Alfred dixit); alla fine, il tempo gli chiede il conto.

Batman, un vero uomo d’acciaio

Colui che (stavolta senza l’armatura) affronta un dio furioso, ha davvero qualcosa che sanguina. Lo stratega umano dei superumani è fragile e si rompe. Se è costretto a lavorare in gruppo, ad esempio nella Justice League, non è il solito Batman, perché deve affrontare una sfida più ardua. È sempre concentrato e teso, un occhio rivolto alla missione e uno al team. Ma ci riesce. Può soccorrere con la Batcorda l’istantaneo Flash che inciampa - un uomo aiuta un metaumano superveloce!

Barry Allen: “Quali sono i tuoi superpoteri?”Bruce Wayne: “Sono ricco.”

Può salvare addirittura Wonder Woman, ossia un’amazzone divina! È quasi scocciato quando gli amici superpotenti lo aiutano contro nemici semidivini, perché non può fare a modo suo; deve, per la prima volta, essere uno dei protagonisti e non il protagonista. Batman è un vero uomo d’acciaio, anche se stanco: fino agli immancabili ritorni risolutivi del deus-ex-machina Superman, l’Uomo Pipistrello cerca sempre di morire per gli altri nel tentativo di una redenzione impossibile, creando invece l’improbabile unione della squadra nel desiderio di salvarlo.

L’umanità di Batman domina. Senza di lui, fatto da limiti, fissazioni e imperfezioni, gli altri “super” non combinerebbero nulla. È l’uomo in mezzo agli déi e al centro dell’universo. Un essere umano di colpo vecchio in un mondo di metaumani, in lotta per essere ancora rilevante, degno del posto d’onore in una Justice League paritaria. Volente o nolente, è nel destino di Bruce Wayne il ruolo di leader naturale.

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