Belle: intervista al regista Mamoru Hosoda

Durante il suo soggiorno a Roma, abbiamo incontrato Mamoru Hosoda per parlare del suo ultimo film d’animazione Belle.

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a cura di Marco Patrizi

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In occasione della nuova edizione di Alice nella Città, sezione parallela della Festa del Cinema di Roma, Mamoru Hosoda è giunto nella capitale per presentare il suo ultimo film d’animazione Belle, già accolto da una standing ovation di 14 minuti al Festival di Cannes. Il film è arrivato nelle sale italiane, distribuito da Anime Factory e I Wonder Pictures, dallo scorso 17 marzo.

Mamoru Hosoda è considerato uno dei più importanti registi del panorama attuale dell’animazione giapponese. Ha iniziato la sua carriera come animatore alla Toei Animation, nel 1999 inizia il suo percorso di regista dirigendo i primi due film della serie Digimon. Dopo aver lasciato la Toei viene designato dallo Studio Ghibli come regista de Il castello errante di Howl, ma a causa di contrasti con gli esponenti di spicco dello studio lascerà il ruolo. In seguito approderà a Madhouse per il quale dirigerà La ragazza che saltava nel tempo e Summer Wars. Infine nel 2011 co-fonda lo Studio Chizu, con il quale darà vita a Wolf Children, The Boy and the Beast e Mirai. Quest’ultimo in particolare si è guadagnato riconoscenze internazionali anche importanti, tra cui le candidature agli Oscar e ai Golden Globe come miglior film d'animazione.

Durante il nostro incontro faccia a faccia Mamoru Hosoda si è dimostrato cordiale e amichevole, ma allo stesso tempo non è stato superficiale nelle sue risposte, lasciandosi andare a riflessioni personali sulle tematiche coinvolte nei suoi film.

Belle: intervista al regista Mamoru Hosoda

L’esplorazione dell’impatto della tecnologia è un tema ricorrente nella sua produzione come regista. Lo abbiamo visto in Digimon Adventure, poi in Summer Wars e ora in Belle. Qual è la sua opinione su internet e il suo influsso sulle persone?

In questo particolare momento della storia stiamo vivendo un’evoluzione molto forte della tecnologia e dobbiamo riuscire a discernere cosa ci è utile e cosa no. Quando ho diretto Digimon internet era visto in maniera più positiva rispetto a ora, prometteva di essere uno strumento che dava speranza, delle possibilità. Ora è visto in maniera più critica; lo possiamo vedere dalle numerose fake news che circolano su Facebook o dalle discussioni sul fatto che lo stesso Facebook sia o meno neutrale per quanto riguarda i post che vengono diffusi. Ci siamo accorti quindi che internet può anche creare del caos e di conseguenza ci sono tante posizioni più critiche che lo descrivono come una realtà distopica. Personalmente però, già dai tempi di Digimon, credo che internet sia solamente un mezzo dalle grandi possibilità, che può permettere ai giovani di dare vita a un nuovo mondo, cioè di distruggere - non in maniera negativa - i valori tradizionali e antiquati, per generare nuovi modi di vivere e nuovi mondi. Quindi, anche se effettivamente ci sono dei problemi da risolvere, in questo senso ritengo che internet sia un mezzo molto positivo.

In diversi suoi film i protagonisti vanno e vengono da realtà alternative, che sia il mondo virtuale o il Regno delle Bestie o le apparizioni di Mirai. Cosa la spinge a utilizzare così spesso l’espediente narrativo dei mondi paralleli?

Mi interessa il rapporto tra fantasia e realtà. In Belle apparentemente vediamo la protagonista Suzu che nel mondo parallelo di U diventa Belle: una starlette molto popolare, a differenza di quello che è Suzu nella realtà; ma questo contrasto è solamente apparente. Mentre andavo avanti a lavorare a questo progetto mi sono reso conto che internet non è una realtà virtuale, un mondo parallelo, ma l’altra realtà dei giovani di oggi. Perché penso che la realtà che viviamo quotidianamente sta diventando forse troppo stretta per loro ed essi hanno bisogno anche di quest'altra realtà, che per loro è un’altra normalità, ci sono cresciuti. Per noi adulti internet è un mondo “virtuale”, un mondo fantasy diverso dalla realtà. Ma per i giovani è diverso, internet fa parte da sempre della loro realtà, del loro vissuto e di quello che vivono quotidianamente. Per loro c’è una fusione tra la vita quotidiana reale e quella virtuale, che ai loro occhi diventano un tutt'uno. Proprio per questo motivo penso che, molto probabilmente, l’interpretazione di Belle sarà differente per gli adulti rispetto ai giovani, perché per loro i confini tra i due mondi sono meno netti.

Lei ha lavorato con Toei, Studio Ghibli e Madhouse. Può dirci cosa ha imparato e che tipo di esperienze ha avuto in questi studi?

Per quanto riguarda Madhouse per me è un po’ come un ramo su cui appoggiarmi ogni tanto (ride), mentre dalla Toei ho imparato tantissimo. Ovviamente nel settore dell’animazione Toei si è sempre dedicata a creare delle serie dedicate a ragazzi e bambini come Dragon Ball e Sailor Moon, serie diciamo un po’ più di massa, ma in ogni caso riuscendo sempre a dare linfa vitale all’anime. Perché nel mercato giapponese quando si parla di anime purtroppo si ha la tendenza a concepirli come qualcosa per gli otaku, un po’ per gli adulti, forse un po’ avulso dall'idea del cartone animato. Devo dire che alla Toei ho imparato tantissimo a capire cosa dobbiamo fare con gli anime: l’animazione non deve essere soltanto una cosa per pochi, rivolta a un target di nicchia, bensì deve essere rivolta alla società in senso trasversale, in modo da dare messaggi anche sociali che possano essere colti tanto dai ragazzi quanto dagli adulti.

L’utilizzo delle tecniche digitali è sempre più presente nell'animazione. Trova che sia un’evoluzione positiva, o pensa che si perda qualcosa in questo nuovo processo?

Per me l’apporto del digitale in maniera anche massiccia può anche essere positivo perché in realtà l’utilizzo della computer graphic digitale è solamente un mezzo di espressione, quindi in questo senso per me non c’è grande differenza tra la CG e il disegno a mano. Negli anni passati, quando la CG era una nuova tecnologia, tanti giornalisti dicevano: lei continua a fare film disegnati a mano, è ancorato a delle tecniche vecchie e sorpassate. Per me non è tanto questo il punto, l’importante è cosa vogliamo comunicare. Il mezzo, che sia digitale o il disegno a mano, non ha troppa importanza, è più importante la sostanza di quello che si vuole esprimere.

I film d’animazione sono stati per molto tempo giudicati con molta superficialità, ma negli ultimi anni sembra che stiano acquisendo più dignità agli occhi dell’industria e della critica internazionale. Mirai ha ricevuto diverse nomination e premi e Belle è stato ben accolto al Festival di Canne. Qual è il suo punto di vista a riguardo?

Per tanto tempo noi registi, ma anche i produttori e tutti i lavoratori del settore, abbiamo dovuto combattere contro questo stereotipo addossato all'animazione che era vista molto superficialmente come qualcosa per ragazzini. Finalmente, come hai detto tu, siamo un po’ riusciti a tirarci fuori da questa cornice molto rigida e molti hanno iniziato a stimare le opere di animazione come dei veri film, delle opere d’arte a tutti gli effetti. Come ho detto prima parlando di computer grafica e disegno a mano, animazione o live action sono solamente modalità di espressione. La cosa davvero importante è quello che vogliamo far arrivare al pubblico, come fare per innescare una presa di coscienza da parte della società con dei messaggi che anche i film di animazione sono capaci di trasmettere. Il fatto che Cannes abbia ospitato Mirai e Belle non cambia il fatto che siano ancora molte le persone critiche che non vedono di buon occhio le loro partecipazioni al Festival, ma credo che il nostro compito per il futuro sia cambiare l’opinione anche di queste persone.