Bojack Horseman S04 - Le colpe dei padri cavalli

Lo show animato per adulti di Netflix raggiunge la sua maturità con la sua quarta stagione, più incentrata sullo sviluppo caratteriale dei suoi personaggi che sulla follia del mondo di Hollywoodiano. E questa volta con ancora più cavalli in scena.

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a cura di Andrea Balena

Avreste mai dato un centesimo a una serie TV animata con un cavallo antropomorfo come protagonista? Probabilmente no, e anche io ero piuttosto scettico all'epoca, quando trovai questo sconosciuto Bojack Horseman nel catalogo di Netflix appena sbarcato in Italia. Eppure è sufficiente la visione di pochi episodi per innamorarsene: le vicende dell'omonimo cavallo pseudo-star e nichilista Bojack (Will Arnett) in una versione più colorata ed esagerata dello star system americano sono subito diventate fra le più seguite della piattaforma, in un tripudio di sregolatezza, politicamente scorretto e esistenzialismo da pugni nello stomaco.

La triste condizione nella quale è bloccato lo stallone non è minimamente mitigata dall'aspetto fumettistico e dalla presenza di animali antropomorfi, rendendola per molti versi una delle serie TV più schiette e umane. Nelle passate stagioni abbiamo assistito al declino psicofisico e morale del personaggio, che si ritrova a lottare con i suoi demoni e le sue insicurezze mentre ferisce (anche fatalmente) chi gli sta intorno. L'anno scorso, anzi, i momenti più bui di questo antieroe moderno sono arrivati ad oscurare le storyline dei personaggi secondari.

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La quarta stagione segna un punto di rottura con il passato, forse necessario per mantenere un equilibrio generale: Bojack non è il protagonista assoluto, perché (inizialmente) lontano dalle vicende. La sua storia è ora perfettamente bilanciata con quelle dei personaggi secondari, offrendo loro finalmente la possibilità di evolversi e permettendoci di dare uno sguardo approfondito sulle loro vicende.

Vediamo quindi Todd (Aaron Paul) che finalmente si stacca dall'influenza del protagonista e ricerca la sua indipendenza e il suo posto nel mondo, anche tramite un inaspettato e insolito coming out. L'ex agente di Bojack, Princess Carolyn, affronta il delicato tema della maternità, fra tentativi estremi e momenti più intimi, e difficile da digerire.

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La storia del labrador Mr. Peanutbutter risulta il segmento più spassoso di tutti, con la sua assurda campagna elettorale per essere eletto governatore del California, in una palese parodia di quella Trump, con un misto di fake news e demagogia facile. Questo causerà una incrinamento nel rapporto con sua moglie Diane e metterà di nuovo in crisi la coppia, mostrando quanto i loro caratteri siano agli antipodi.

Ma Bojack dov'è? Auto-esiliatosi nella sua prestigiosa villa in collina, il nostro evita il contatto con gli altri personaggi, ma si ritrova una nuova spina nel fianco: Hollyhock, una puledra teenager, che bussa alla sua porta e afferma di essere sua figlia. Questo lo pone in una duplice difficile situazione: lo incastra in una involontaria posizione paterna che non sa minimamente gestire -soprattutto dopo il disastro di Sarah Lynn - e si ritrova costretto a riallacciare i rapporti con l'odiata madre Beatrice. Anziana e consumata dalla demenza senile, è nel frattempo diventata ingestibile per l'ospizio, obbligando così il protagonista a tenerla in casa sua.

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L'approfondimento sulla madre di Bojack permette agli sceneggiatori di scavare nel loro rapporto e nel passato travagliato della donna, in una storia di abusi e aspirazioni negate. La penultima puntata della stagione, di solito monopolizzata dal racconto del protagonista, è ora incentrata su di lei. Grazie ancora una volta all'animazione, questo episodio riesce a imbastire una narrazione discontinua ed episodica, come se fosse un flusso di memorie scoordinate della mente di Beatrice. Anche qui nessuno spazio per le battute, solo puro dramma, forse in una delle sue forme più forti e dirette nel medium televisivo.

Anche il finale segna un punto di svolta per la serie. Senza fare alcuno spoiler, per la prima volta vediamo Bojack come un personaggio attivo che cerca seriamente di rimediare ai suoi errori invece che lasciarsi abbattere dallo sconforto come in passato. Il suo percorso nell'arco della stagione lo ha finalmente portato a superare il suo egoismo menefreghista e a provare rimorsi. La sua parentesi con Hollyhock lo ha fatto maturare e potrebbe rappresentare un primo spiraglio di salvezza per il personaggio.

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Bojack Horseman si riconferma così uno degli show migliori di Netflix, ancora una volta forte di una caratterizzazione unica, una dramedy efficace e diretta, e di un protagonista d'eccezione che ha dimostrato che si può uscire da quel baratro senza fine che è la depressione.


Tom's Consiglia

Se lo stile visivo della serie vi piace e intriga, consigliamo My Dirty Dumb Eyes, uno psichedelico artbook di Lisa Hanawalt, la character designer dello show. Anche solamente per ammirare la sua collezione di cappelli stravaganti per animali.