Canto di Natale, recensione: here we come a-carolling

Canto di Natale raccoglie due storie ispirate all'omonimo romanzo di Dickens firmate da Guido Martina e Silvia Ziche fra gli altri.

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a cura di Domenico Bottalico

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Canto di Natale è la quinta uscita della collana Topolino Gold che Panini Disney, come facilmente intuibile dal titolo, dedicata al Natale raccogliendo due storie ispirate all'originale Il Canto di Natale di Charles Dickens. La prima intitolata Canto di Natale è firmata dalla coppia composta da Guido Martina e José Colomer Fonts mentre la seconda è intitolata Zio Paperone e il Nuovo Canto di Natale ed è firmata dalla coppia composta da Marco Bosco e Silvia Ziche.

Canto di Natale: here we come a-carolling

Canto di Natale si apre con la storia omonima firmata da Guido Martina e José Colomer Fonts pubblicata originariamente sul numero di Topolino uscito in edicola nel dicembre del 1982 (numero doppio perché uscito a ridosso del Natale di quell'anno e che conteneva fra le altre storie anche il secondo episodio di saghe come Topolino e la Spada di Ghiaccio ed il quarto e ultimo episodio di La Storia di Marco Polo detta il Milione, saghe a dir poco storiche). Si tratta in tutto e per tutto di una riduzione (chiamarla parodia sarebbe fuorviante seppur disneyanamente più filologicamente "corretto") del romanzo di Charles Dickens che l'allora direttore del settimanale, Mario Gentilini, commissionò al grande Guido Martina.

Il motivo è presto detto: il direttore venne informato che i Walt Disney Studios dell'epoca stavano lavorando ad una versione animata che sarebbe uscita poi nei cinema l'anno seguente. Il Canto di Natale, quello animato divenuto anch'esso a suo modo un classico disneyano e approdato recentemente anche sulla piattaforma Disney Plus, e questo Canto di Natale differiscono perché, pur rimanendo estremamente fedeli al canovaccio dickensiano, il primo implementa diversi altri personaggi (Topolino, Pippo etc...) mentre il secondo si concentra su Paperone che diventa assoluto protagonista e viene circondato da comparse (fatta eccezione per il cammeo di Rockerduck) interpretando senza difficoltà il ruolo di Ebenezer Scrooge.

Radicalmente diverso è l'approccio che Marco Bosco e Silvia Ziche adottano in Zio Paperone e il Nuovo Canto di Natale. Vuoi anche per la produzione più recente della storia in oggetto ma il canovaccio dickensiano viene piegato e rimaneggiato con un Paperone incaponito nel non voler festeggiare il Natale in compagnia dei suoi famigliari, contando su una nuova tecnologia brevettata da Archimede che gli permette di presenziare per lavoro o per "piacere" in videoconferenza, che viene scortato non più dai Fantasmi del Natale ma da un intraprendente Qui.

Lo scopo, e il risultato, sono gli stessi: mostrare al burbero zione quanto il Natale sia stato importante per lui, quanto è importante la sua presenza per chi lo circonda e quanto nefaste possono essere le sue azioni che mettono a rischio i Natali futuri di Paperopoli.

Canto di Natale: un classico, due declinazioni

Canto di Natale mostra non solo come, in seno alla produzione Disney, il classico di Charles Dickens sia stato influente ma anche come possa declinarsi tanto fedele quanto moderna attualizzandosi. Il perno di questa riflessione rimane ovviamente il personaggio di Zio Paperone che si misura da un lato, nella storia di Guido Martina, con una delle sue principali fonti di ispirazioni ovvero Ebenezer Scrooge interpretandolo in maniera più che convincente mentre, nella storia di Marco Bosco, ne è la sua versione più consapevole.

Se nella prima storia Paperone "interpreta", nella seconda è più aderente a quella che è la sua evoluzione e le sue caratteristiche. Nella pratica Canto di Natale ha il classico lieto fine dickensiano con la conversione del protagonista mentre in Zio Paperone e il Nuovo Canto di Natale Paperone ha sì uno slancio finale ma rimane più fedele a sé stesso. Punto di congiunzione fra le due storie, narrativamente parlando, è il sistema delle sequenze in analessi e prolessi.

Guido Martina ne mantiene inalterato il carattere gotico e soprannaturale, Marco Bosco invece le rielabora in senso fanta-tecnologico mostrando inventiva e capacità di richiamare sia le origini di Zio Paperone che futuri pericolosamente distopici. In questo senso cambia un po' il ritmo fra le due letture: più posata e con alcuni passaggi che servono a contestualizzare il plot la prima, più rapida ed essenziale la seconda.

In questo senso è anche profondamente differente l'approccio grafico dei due disegnatori. Lo stile di José Colomer Fonts è influenzato dall'animazione classica: linee continue, sfondi per lo più minimali, espressività dei personaggi statica e priva del tratteggio realistico a fronte di una organizzazione dello spazio rigidissima dove i balloon vengono posti tutti nella parte superiore dei riquadri e dove la tavola è perfettamente ritmata dall'alternanza di verticalità e orizzontalità sempre dettata dalla leggibilità della storia.

L'approccio di Silvia Ziche è ovviamente più moderno ma non si tratta solo di un dato meramente temporale di produzione della storia. L'espressività dei personaggi è il volano grafico della storia, una espressività ben strutturata con linee spezzate e tratteggi mai troppo spigolosi ma evidenti. Gli sfondi si fanno più ricchi, seppur stilizzati, mentre l'organizzazione dello spazio è mena rigido con inquadrature più eterogenee (dal primo piano al mezzobusto fino alla figura intera) così come le tavole vengono ripartite sempre in maniera ordinata, con una predilezione per la più "semplice" verticalità, lasciando ad una perpetua irregolarità nella forma dei riquadri stessi il compito di dare un ritmo incalzante alla lettura.

Il volume

Al netto di una foliazione leggermente superiore (108 pagine), a cui segue un leggero aumento di prezzo (€ 14.90), rispetto alla media dei volumi già usciti nella medesima collana, Canto di Natale si presenta sempre nell'ormai collaudato formato "francese" ovvero un volume cartonato 20.5x28 cm impreziosito da una copertina inedita firmata dall'ottimo Fabio Celoni. La resa grafica è ottima a fronte di una carta patinata in cui trova nuova vita anche la prima delle due storie contenuta nel volume datata, come detto in precedenza 1982.

Da segnalare anche il ricco apparato redazionale con la già citata puntuale introduzione firmata Lidia Cannatella e con l'articolo in chiusura di Francesco Gerbaldo sulla profonda influenza che l'opera di Dickens ha esercitato sulla produzione disneyana e sul personaggio di Paperon De' Paperoni. Sempre in chiusura spazio agli extra con interviste a Marco Bosco, Silvia Ziche e Fabio Celoni.