Christopher Lee: il fascino di un villain perfetto

Dalle guerre al grande schermo, passando dal cinema horror alla space opera per eccellenza: la storia di Christopher Lee, il perfetto villain del cinema

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a cura di Manuel Enrico

Cosa unisce Obi-Wan Kenobi, Abram Van Helsing e James Bond? Se la domanda vi lascia ragionevolmente perplessi, vi diamo un indizio: hanno un nemico comune. O meglio, tutti hanno affrontato un villain che ha potuto vantarsi di avere la fisionomia di uno degli attori più iconici della storia del cinema: Sir Christopher Lee.  Personaggio che non solo ha dato vita ad alcuni dei cattivi più amati della storia del cinema, ma la cui vita sarebbe degna di essere raccontata sul grande schermo, visto che dalla sua nascita, avvenuta il 27 maggio 1922, Lee ha vissuto un’esistenza avventurosa, tra partecipazioni a eventi storici e incontri con personalità dell’epoca. Un bagaglio di esperienze che sarebbero poi divenute un tratto essenziale dell’arte dell’attore britannico, che ha attraversato il ‘900 incarnando vampiri, signori dei Sith e criminali internazionali, ma anche diventando un’icona della pop culture per molti altri aspetti. Non potrebbe essere diversamente, se pensiamo che Christopher Frank Carandini Lee era figlio di un alto ufficiale dell’esercito britannico e della contessa di origini italiane Estelle Marie Carandini di Sarzano, appartenente a una stirpe nobiliare che vantava tra i propri antenati nientemeno che Carlo Magno. Quando i genitori divorziarono, quattro anni dopo la sua nascita, Lee venne portato dalla madre in Svizzera, dove frequentò scuole esclusive, ma questo era solo un primo passo in quella che sarebbe divenuta un’infanzia stimolante.

Dall'infanzia tra i nobili alla vita militare

Tornati in Inghilterra dopo la parentesi svizzera, Christopher Lee e la madre iniziarono una nuova vita, complice il matrimonio della donna con il banchiere Harcourt George St-Crox Rose, zio di Ian Fleming, il futuro creatore di James Bond. In questi anni, Lee inizia a frequentare scuole di primo livello, dove però non eccelle particolarmente negli studi, dimostrandosi invece uno studente propenso a infrangere le regole, guadagnandosi non poche punizioni. Durante il suo percorso scolastico, curiosamente, Lee prese parte ad alcuni produzioni teatrali, senza però mostrare particolare interesse per quest’arte. La sua educazione costosa terminò quando la madre si separò da St-Coix Rose, oramai ridotto al lastrico, una condizione che costrinse Lee e la sorella maggiore, Xandra, a cercare un impiego per mantenere la famiglia.

Non trovando un’occupazione, Christopher Lee venne mandato dalla madre sulla Riviera Francese, dove la sorella era in vacanza con degli amici. Qui, il ragazzo ebbe modo di frequentare i nobili russi scampati alla Rivoluzione e riparatisi in un dorato esilio a Mentone, una conoscenza che si sarebbe potuta approfondire, se in quegli anni non fossero comparse le prime avvisaglie del secondo conflitto mondiale, che spinse la famiglia di Lee a richiamarlo in patria. Il ritorno in Inghilterra coincise con la ricerca di un lavoro che consentisse alla famiglia di sopravvivere, che si presentò nella forma di impiegato alla United States Line, dove Christopher Lee ebbe il ruolo di controllore delle spedizioni.

L’arrivo della guerra, però, cambiò radicalmente la vita di Lee. Intenzionato a fare la propria parte, il giovane si arruolò in un corpo volontario di giovani britannici che si unì all’esercito finlandese durante la Guerra d’Inverno. Pur non prendendo parte a nessuno scontro, Lee maturò una cera competenza, e al suo ritorno in patria, dopo due settimana in Finlandia, decise di arruolarsi nella Royal Air Force. Una decisione maturata per essere parte degli sforzi bellici, ma senza seguire le orme del padre, ufficiale di fanteria, occasione possibile solo scegliendo una della branche delle forze armate britanniche finché ancora possibile. Per Christopher Lee, questo fu l’inizio di un periodo incredibile, che lo portò a viaggiare per il mondo durante il suo addestramento da aviatore, e persino a prendere parte ad alcune campagne storiche del conflitto, come la liberazione del nostro Paese. Durante il suo servizio in Italia, Lee, che aveva fatto richiesto di essere assegnato all’intelligence della R.A.F., venne trasferito prima allo Special Operation Executive e poi al Long Range Desert Group, due corpi che al termine della guerra vennero uniti nello Special Air Service (S.A.S:.), una divisione speciale dell’esercito inglese impiegata in operazioni segrete, un’assegnazione che lo stesso Lee commentò sempre con un certo mistero:

“Ogni tanto veniva assegnata alla SAS, ma ci era imposto il silenzio, sia passato che presente e futuro, su qualunque specifica operazione. Diciamo che ero nelle forze speciali e fermiamoci a questo, le persone possono veder in questo ciò che preferiscono”

Dichiarazione che non può che aumentare il fascino di un raffinato interprete, che proprio al termine della guerra ebbe modo di avvicinarsi finalmente alla recitazione.

L'esordio nel mondo del cinema

Tornato in Inghilterra dopo la guerra, mentre molti veterani venivano inviati dal governo a dare manforte all’interno di programmi statali di reinserimento, Lee, durante una cena con il cugino Nicolò Carandini, divenuto ambasciatore italiano a Londra, raccontò le sue avventure al fronte, suscitando l’ammirazione per la sua narrativa nel cugino che gli consigliò di tentare la carriera di attore. Vinta la reticenza della madre, Christopher Lee iniziò il suo percorso artistico, anche se inizialmente dovette scontrarsi con quello che improvvisamente divenne un difetto: la sua ragguardevole statura.

Per molti impresari, infatti, la sua statura imponente lo rendeva difficile da impiegare come protagonista, motivo per cui, a partire dalla fine degli anni ’40, dovette affrontare una gavetta lunga quasi dieci anni, in cui gli venivano proposti solamente ruoli di supporto e secondari. Christopher Lee, nonostante le avversità, non si lasciò abbattere, anzi decise di perfezionarsi costantemente:

“Ero in attività da parecchio, quasi una decina di anni. All’inizio, mi dicevano che ero troppo alto per essere un attore, che è una frase abbastanza sciocca da dire, sarebbe come dire che si è troppo bassi per suonare il pianoforte. Pensai ‘Va bene, ve la faccio vedere io!’. All’inizio non avevo alcuna competenza di tecniche di recitazione, ma feci una cosa che ancora oggi è fondamentale: osservai, ascoltai e imparai. Così, quando arrivò il momento, mi feci trovare pronto. Curiosamente, fu per interpretare una creatura che non aveva nemmeno una battuta”

Ruolo che arrivò nel 1957 con La Maschera di Frankenstein (The Curse of Frankenstein), dove Lee ritrovò l’amico Peter Cushing, conosciuto pochi mesi durante la lavorazione di Amleto, film ispirato al dramma shakesperiano diretto dal leggendario Lawrence Olivier. Sia per Lee che per Cushing, La Maschera di Frankenstein fu un momento di svolta per le rispettive carriere, visto che il successo di questa pellicola rese la Hammer Production, la casa di produzione, la foriera della rinascita del genere horror cinematografica, una responsabilità che venne condivisa con i due interpreti, che divennero una coppia professionale capace di riportare in auge miti della cinematografia horror come Frankenstein e Dracula.

Proprio con il conte transilvano, Lee ebbe una lunga, complicata relazione. Dopo averlo interpretato per la prima volta nel 1958 in Dracula, dove l’amico Peter Cushing aveva il ruolo di Abrham Van Helsing. Nonostante la sua prova come Frankenstein non avesse superato il difficile confronto con il leggendario Boris Karloff, la sua interpretazione nei panni del vampiro per antonomasia fu così travolgente che offuscò anche la storica versione di Bela Lugosi, consacrando Lee come il Dracula per eccellenza.

Essere Dracula

Nelle pellicole della Hammer, l’attore aveva pochissime battute, tutto si basava sulla sua espressività e la sua mimica, che doveva veicolare la ferina sete di sangue del conte, cui l’attore aggiunse una componente di fascinazione sessuale, che contribuì a cambiare la percezione comune del vampiro, allontanandolo dalla visione tradizionale di Stoker e avviando un processo di rivoluzione di Dracula. Nonostante questo successo, Lee non fece mai mistero, negli anni seguenti, di avere un rapporto piuttosto burrascoso con il suo alter ego vampirico, complice lo sfruttamento, a suo avviso, che la Hammer fece del suo personaggio, affiancandolo solo in poche occasioni al suo sodale Peter Cushing. In diverse occasioni, Christopher Lee rivelò di sentirsi come ricattato moralmente dalla casa di produzione, che lo costringeva a interpretare Dracula, sostenendo che in caso di sua assenza i film non avrebbero avuto successo, causando il fallimento della casa di produzione e lasciando i dipendenti senza lavoro.

Una condizione che Lee subì, conscio del fatto che il suo personaggio non aveva modo di esprimersi pienamente, divenuto, in un certo senso, schiavo della sua incredibile interpretazione fisica. L’attore, però, non era pronto a rinunciare facilmente alla caratterizzazione del suo alter ergo, come raccontò in un’intervista a Total Film nel 2005:

“Tutto quello che facevano era scrivere una storia e infilarci Dracula in qualche modo, come si può vedere chiaramente nei film. Non mi davano nulla da fare, supplicavo la Hammer di farmi recitare qualche battuta presa dagli scritti di Bram Stoker, a volte ne inserivo una all’improvviso”

La complessa relazione tra Lee e Dracula continuò sino al 1973, quando l’attore interpretò per l’ultima volta il conte vampiro in I Riti Satanici di Dracula. Una pellicola che l’attore odiò profondamente, considerandola macchiettistica e poco rispettosa della sua caratterizzazione del personaggio. Con questo ennesimo dissapore tra attore e alter ego cinematografico, si concluse la collaborazione tra Lee e la Hammer, una finale che spinse Lee a cercare fortuna nel cinema americano.

Dopo la Hammer, da James Bond a Star Wars

Prima di lasciar la natia Inghilterra, Christopher Lee prese però parte a molti altri film, per diverse case di produzione, sempre ispirate ad atmosfere horror, che sembrava oramai divenuto il suo contesto naturale. In questo periodo, Lee venne anche coinvolto in Eugene di James Franco, dove interpretò la voce narrante, ruolo svolto come favore personale al produttore Harry Alan Towers, ma che si rivelò piuttosto sorprendente per Christopher Lee, che solo in seguito scoprì di essersi prestato come attore di richiamo per una pellicola soft porno ispirata al marchese de Sade:

“Non avevo idea di cosa si trattasse, mi era stato detto che era un film sul marchese de Sade. Volai in Spagna, dove girai in una giornata la mia parte di narratore, indossando una giacca elegante cremisi. Dietro di me c’erano molte persone, completamente vestite, non sembrava esserci nulla di strano. Quando un amico mi disse di aver visto il film in un cinema porno, pensai scherzasse, ma mi travestii e andai a verificare. Ero furioso! Dopo che avevo la Spagna, avevano girato il film e tutte le persone dietro di me si erano tolte i vestiti!”

Nel 1974, a Lee venne offerta la possibilità di interpretare il ruolo di Francisco Scaramanga, il letale avversario di Roger Moore in 007: L’uomo dalla pistola d’oro.

Lee era già stato vicino a interpretare un villain della saga di James Bond nel 1962, quando Ian Fleming lo aveva proposto per il ruolo del dottor No, andato poi a Joseph Wiseman, in 007 – Licenza di uccidere, primo film della saga in cui la spia britannica veniva interpretato da un giovane Sean Connery.

Seguendo l’esempio di due suoi illustri colleghi, Vincent Price e Peter Cushing, anche Lee decise di rivolgersi al cinema americano per tentare una nuova carriera, che proseguì sempre all’insegna di atmosfere horror e fantascientifiche, anche se la sua prima apparizione in un film americano avvenne nel disaster movie Airport (1977). Per anni, Lee ha presto parte a varie produzioni, anche se i ruoli per cui viene maggiormente ricordati sono quelli di Saruman nella trilogia de Il Signore degli Anelli e il conte Dooku in Star Wars: L’attacco dei cloni.

L'eredità di Christopher Lee

L’impatto di Christopher Lee sul mondo della pop culture è tutt’altro che terminato, non solo per via delle sue incredibili performance sul grande schermo, ma per il suo essersi spinto, in tarda età, a incidere dischi di epic metal, che lo hanno fatto conoscere a un pubblico altrimenti lontano dalla sua arte. Ennesima dimostrazione di una genialità e una propensione artistica uniche, che hanno attraversato impavide quasi più di mezzo secolo, portandolo a interpretare personaggi iconici e divenire una leggenda del cinema, dove il suo volto austero era divenuta la maschera del villain perfetto, in cui nobiltà e perfidia sembravano inseguirsi, ribadendo come quel giovane spilungone che nessun impresario voleva si era preso una meritata, incredibile rivincita.