Cocaine Cowboys: The Kings of Miami, la recensione

Su Netflix, la storia di due dei più celebri narcotrafficanti di Miami, nella nuova docuserie Cocaine Cowboys: The Kings of Miami. La nostra recensione.

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a cura di Rossana Barbagallo

Tutti gli imperi pare siano destinati a cadere e su Netflix viene raccontata l'ascesa e il declino di quello costruito da due dei più celebri signori della droga negli Stati Uniti: Willy Falcon e Sal Magluta, protagonisti della docuserie Cocaine Cowboys: The Kings of Miami. La storia dei Los Muchachos che negli anni '80 avevano distribuito così tanta cocaina in Florida da far nevicare a Miami, viene raccontata dai personaggi che hanno vissuto in prima persona le vicende di quegli anni legate a Willy e Sal. Dietro la regia di Billy Corben, Netflix ci porta nelle vite di due narcotrafficanti che, seppur meno noti in Italia, sono considerati in patria quasi delle leggende, visti ora come dei moderni Robin Hood, ora come degli astuti geni del crimine in grado di sfuggire alla legge più e più volte. Ecco la nostra recensione della docuserie disponibile in streaming dal 4 agosto.

Droga e motoscafi

Come per molti altri personaggi legati al mondo del crimine, anche la storia di Willy e Sal comincia dal non possedere nulla, fino ad arrivare ad avere tutto e anche più. Cocaine Cowboys: The Kings of Miami dà il via al suo resoconto cronologico dagli anni '70, quando i due erano adolescenti scapestrati senza la minima voglia di frequentare la scuola. Figli di esuli cubani che avevano cercato fortuna negli Stati Uniti, Augusto "Willy" Falcon e Salvador Magluta sono cresciuti in quel di Little Havana, a Miami, fra amici e colleghi che, di quel "lavoro" di lì a qualche anno, avrebbe fruttato loro milioni di dollari. Dallo spaccio di marijuana fuori dalla scuola che avrebbero dovuto frequentare, i due sono infatti passati ben presto a quello di ingenti quantità di cocaina.

Iniziando ad accumulare ricchezze, Willy e Sal hanno quindi eretto il loro impero, diventando per i cittadini di Miami dei personaggi alla stregua di vere rockstar, grazie anche ai loro ripetuti successi nelle competizioni tra motoscafi che si tenevano nelle acque della Florida. Considerati quasi dei benefattori che procuravano soldi e lavoro a chi ne aveva bisogno, con la loro attività di narcotraffico non violenta, i Los Muchachos sarebbero stati destinati tuttavia, per tutti gli anni '90, a fare i conti con la legge. Cocaine Cowboys: The Kings of Miami si sposta così anche sulle vicende giudiziarie che hanno travolto i due signori della droga, tra processi, corruzione, accuse di omicidio e testimonianze dagli stessi avvocati o dagli ex collaboratori di Willy e Sal, in una parabola discendente che, dalle gare tra motoscafi, finisce nelle aule di tribunale.

Cocaine Cowboys: The Kings of Miami e le testimonianze di chi c'era

Seguendo la lunga scia bianca della narrazione dedicata al mondo del narcotraffico, che a partire da Narcos (disponibile per l'acquisto la serie completa qui) ha ottenuto il favore di un'ampia fetta di pubblico, Netflix prosegue la sua indagine di un mondo che affascina per i suoi paradossi e spaventa per la sue atrocità. Appurato che Pablo Escobar è ancora in grado di suscitare tanta ammirazione quanto disprezzo capaci in ugual misura di fare accaparrare milioni di spettatori, la piattaforma streaming ci prova stavolta con Willy Falcon e Sal Magluta attraverso un racconto lasciato in mano a chi c'era davvero in quegli anni. La regia di questa nuova docuserie è affidata a Billy Corben, che se nel 2006 aveva dato uno sguardo d'insieme al bacino di narcotrafficanti più spietati del mondo col suo Cocaine Cowboys, si dedica stavolta ad esaminare nel dettaglio l'ascesa e il declino di Willy e Sal nella loro soleggiata e tossica Miami.

Corben adotta il meccanismo già ampiamente utilizzato delle testimonianze, delle foto e dei video reali, inframmezzati da immagini di repertorio tratte direttamente dall'epoca narrata, e tuttavia il regista di Cocaine Cowboys: The Kings of Miami sa quello che fa e sa come coinvolgere il pubblico nei suoi 6 episodi. La sua docuserie non è infatti solo una sequela di fatti realmente accaduti, ma il racconto dei testimoni che hanno vissuto in prima linea le vicende legate ai due protagonisti, primi fra tutti i loro stessi ex collaboratori. Così, benché noti alla legge per diversi capi d'accusa, anche chi faceva parte dell'organizzazione, chi trasportava la cocaina, chi la spacciava, chi riciclava il denaro e chi registrava tutto nei libri contabili, dice la propria in questa nuova, coinvolgente serie Netflix.

Con un tono a un tempo scanzonato e leggero sulle note della salsa cubana e un contegno serioso quando necessario, Cocaine Cowboys: The Kings of Miami dà la parola a tutti, persino a quanti sono stati corrotti dal denaro dei Los Muchachos per far fronte al fuoco nemico rappresentano dal governo in tribunale. Senza dimenticare tutta la sfilza di avvocati, procuratori e agenti dell'FBI che per anni hanno lavorato al caso Willy e Sal, fornendo uno sguardo più che interessante anche dal punto di vista della legge. Si va così da Marylin Bonachea, fidanzata storica di Sal Magluta, a Pat Sullivan e Christopher Clark, vice procuratori degli Stati Uniti; da Pedro "Pegy" Rosello, cognato di Willy Falcon, a Albert Krieger, spietato avvocato dei due narcotrafficanti, passando da Jim DeFede, giornalista che per anni ha reso noti i fatti di cronaca che scaturivano dalle attività di Willy e Sal.

Una docuserie al neon e vetrocemento

Come immergere lo spettatore negli anni in cui è avvenuta la più ampia parte dei fatti narrati? Semplice: con uno stile vintage e a un tempo fresco e frizzante, che si avvale di animazioni, espedienti grafici e sonori in grado di pescare direttamente dalle atmosfere degli anni '80. A nostro parere, Cocaine Cowboys: The Kings of Miami è costruito bene perché gioca molto anche su questi aspetti, senza risultare "adulterato". Grafiche accese di colori neon, fondali fatti di quel vetrocemento tanto in voga tra anni '80 e '90, una colonna sonora dalle note cubane con diverse cover di successi dell'epoca.

Non mancano una sigla iniziale cantata da Pitbull e diversi pezzi trap dedicati in maniera inconfondibile ai due cowboy della droga: che possano piacere o meno tali sonorità, si legano a questa serie fornendo l'ingrediente moderno a una ricetta che parla di fatti avvenuti più di 30 anni fa, capace così di parlare tanto a un pubblico adulto quanto a uno più giovane e curioso. Lascia perplessi, tuttavia, un aspetto che a questo proposito rischia di intaccare la cifra morale delle nuove generazioni: dai resoconti dei testimoni emerge infatti un ritratto contraddittorio di Willy Falcon e Sal Magluta. Sembra quasi che, nonostante l'attività di narcotraffico, venga messo in dubbio in più punti che possano aver compiuto certe azioni o che addirittura la loro stessa organizzazione fosse di stampo criminale, quasi che potesse rappresentare in realtà un'occasione di guadagno per molti senza ricorrere alla violenza. Probabilmente su questo aspetto gli autori avrebbero dovuto essere più chiari e meno indulgenti sulla pura e semplice cronaca di quanto avvenuto.

Il verdetto finale

La storia che viene delineata è comunque appassionante e talvolta persino surreale, finendo per far pensare che la realtà sia in grado di superare la fantasia di molti di quei film dedicati al crimine e al traffico di stupefacenti. Il risultato è un prodotto intrigante e coinvolgente, che sorprende per quanto lascia apprendere di questa storia così poco nota nel nostro paese, benché talvolta dispersivo nel suo resoconto cronologico che salta spesso da un punto all'altro dell'ordine temporale dei fatti, con il rischio di far perdere il filo di quanto avvenuto. Nulla da temere, comunque, dato che nonostante spesso le docuserie possano finire per far calare l'interesse con il loro taglio documentaristico, quella costruita da Billy Corben potrebbe costringere più di uno spettatore al binge watching, poiché mai noiosa o scontata.

https://youtu.be/1BN2HF1ZmFI

Come detto, anche il dipingere in più punti Willy Falcon e Sal Magluta come dei moderni Robin Hood potrebbe rendere i protagonisti della docuserie un esempio per i più giovani, affascinati da un mondo criminoso che promette facili guadagni. È però piuttosto interessante conoscere la storia dei Los Muchachos, i "ragazzi" divenuti re di Miami le cui sorti sono state tuttavia decise dal loro costante desiderio di ricchezze e divertimento. Grazie a una narrazione fresca e rapida, mai noiosa e ricca di testimonianze, Cocaine Cowboys: The Kings of Miami merita a nostro parere un voto favorevole e la pronta visione su Netflix.