Colpa delle stelle, recensione del film ora su Disney+

Hazel è una diciassettenne malata di cancro; dopo tanti anni a combattere la malattia è diventata una ragazza cinica, chiusa e con principi di depressione.

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a cura di Roberto Richero

Il 12 febbraio Disney+ ha rilasciato in streaming un titolo del 2014 che, nonostante gli anni, merita sicuramente una speciale attenzione: Colpa delle Stelle. Il film incassò ben 300 milioni di dollari nel mondo, a  fronte di un budget di soli 12 e vinse numerosi premi, soprattutto nell’ambito dei concorsi per giovani (sette Teen Choice Awards, quattro Young Hollywood Awards e tre MTV Movie Awards), diventando in breve un film cult e proiettando i protagonisti nello stardom internazionale.

Colpa delle Stelle

Hazel è una diciassettenne che da anni combatte un cancro alla tiroide che si è esteso fino a compromettere in maniera permanente i polmoni. E’ una delle poche persone a rispondere positivamente a un trattamento sperimentale cui si sottopose quando orami non c’erano altre opzioni e la sua vita sembrava oramai arrivata al termine. Gli anni passati a combattere contro il male e la precarietà della cura hanno reso Hazel una ragazza molto cinica, chiusa in se stessa e con principi di depressione.

“La depressione non è un effetto collaterale del cancro, è l’effetto collaterale del morire”

Obbligata a partecipare a un gruppo di supporto, incontra Augustus Waters (per gli amici Gus), un giovane ex giocatore di basket con una gamba amputata a causa di un osteosarcoma. Il ragazzo non presenta ricadute da ben quattordici mesi e ha un atteggiamento decisamente positivo e sicuro di sé: la sua vita sarà una storia da raccontare, vuole lasciare un segno ed è certo di poterlo fare. Il contrasto con la visione negativa di Hazel è immediatamente evidente; nonostante questo, i due cominciano a frequentarsi e a piacersi. Un viaggio ad Amsterdam per incontrare l’autore del libro preferito di Hazel diventa lo sfondo per lo sbocciare della loro storia d’amore, nata sotto la stella di una malattia incurabile e destinata quindi a chiudersi senza lieto fine.

Non solo amore

E’ fuori di dubbio che il film abbia un taglio sentimentale e che, come ogni prodotto per giovani, sia contraddistinto da dialoghi brillanti, situazioni leggere e divertenti, e da tante situazioni romantiche; d’altro canto esiste una seconda grande protagonista, che è sicuramente la malattia che porta alla morte. La trama si sviluppa infatti attraverso un confronto costante dei protagonisti sul tema della malattia e sull’inevitabile arrivo della morte.

Madre: “Anche se morirai…

Hazel: “Quando.

Si parla dell’accettazione del proprio destino, della volontà di vivere ma anche di chi resta, di quello che succederà dopo, di come le vite andranno avanti. La ricerca di un senso della vita oltre la propria morte è parafrasato nel libro preferito di Hazel, Un'afflizione imperiale: i protagonisti cercheranno in tutti i modi di incontrare l’autore per scoprire cosa succede ai personaggi del libro, dopo che la protagonista è morta. Lo stesso tema è toccato più volte nel rapporto fra Hazel e i suoi genitori e nel loro percorso di progettazione di un futuro dopo che la figlia non ci sarà più.

https://www.youtube.com/watch?v=V1TT4otTTH8

Il percorso di Hazel è complesso e difficile: non troverà la risposta che cerca, ma quella di cui aveva bisogno: se le vite sono fatte di un numero finito di giorni, ogni giorno, ogni esperienza è fatta di un numero infinito di istanti, il cui valore è più importante di tutto il resto:

Mi hai regalato un per sempre dentro un numero finito, e di questo ti sono grata.

Un fragile equilibrio

Temi complessi e cupi come il cancro e la morte potrebbero far pensare a un film decisamente pesante e difficile. La verità è che gli autori sono riusciti a mantenere un ottimo e delicato equilibrio fra momenti positivi e episodi difficili, costruendo così un prodotto che, nonostante la durata di due ore, non risulta mai noioso o deprimente. Il film alterna momenti di introspezione intima (spesso fra i protagonisti) e l’evoluzione della narrazione, agevolato da un uso sapiente dei comprimari (in particolare dell’amico di Gus, Isaac, interpretato da Nat Wolff). Il risultato è un film godibile, che offre molti spunti di riflessione e mostra in modo non edulcorato un mondo difficile come quello degli adolescenti malati terminali.

Carta e celluloide

Tratto dall’omonimo (tranne che in Norvegia, dove il libro è uscito con il titolo, amato dall’autore, Fanculo destino) bestseller per ragazzi di John Green, prende il titolo dal primo atto, scena 2, del Giulio Cesare di Shakespeare:

“La colpa, caro Bruto, non è delle nostre stelle, ma nostra, se siamo dei subalterni.”

E’ il primo adattamento dell’autore per il grande schermo e va sottolineato che, se anche le differenze fra il libro e il film sono numerose, non hanno alcun impatto negativo sulla storia, ma anzi spesso sono funzionali al risultato: se da una parte sono sfrondate informazioni od elementi accessori che permettono di contenere la durata della pellicola, dall’altro si nota l’eliminazione o la riduzione di diversi personaggi secondari (le sorelle e l’ex fidanzata di Gus e un’amica di Hazel) che avrebbero distolto l’attenzione degli spettatori dalla coppia. E’ come se gli sceneggiatori avessero voluto creare una sorta di bolla intorno ai due giovani per concentrare tutto sulla girandola di sentimenti, paure e amore che è solo loro e di nessun altro.

Giovani attori crescono (accompagnati)

Il film ha puntato molto su attori emergenti, dimostrando di aver buon intuito: i protagonisti della pellicola sono interpretati da Shailene Woodley e Ansel Elgort, che già avevano recitato insieme in Divergent (2014) e successivamente lavoreranno insieme ancora nei sequel The Divergent Series: Insurgent (2015) e The Divergent Series: Allegiant (2016). Al di là della trilogia, entrambi gli attori hanno poi dimostrato le loro capacità in diversi film di successo: la Woodley in Snowden (2016) di Oliver Stone e Resta con me (2018), film tratto dalla storia vera di une coppia di naufraghi persi per quaranta giorni in mare; entrambi i film hanno riscosso un buon riscontro.

L’attrice fu anche scelta per interpretare Mary Jane Watson nel secondo Amazing Spider-Man (2014), ma le sue scene furono tagliate nel montaggio finale. Elgort si divide fra la sua carriera musicale e quella di attore; ha visto accrescere la sua fama con il ruolo di protagonista dell’ottimo Baby Driver (2017) per poi inanellare una serie di importanti flop. Il suo progetto attuale sembra promettere bene: si tratta di un nuovo adattamento cinematografico del musical West Side Story, diretto da Steven Spielberg; il rilascio è previsto per dicembre 2021, in occasione del sessantesimo anniversario del primo adattamento cinematografico del musical.

A supporto dei due giovani protagonisti un cast solido, ma non troppo ingombrante, con l’ottima Laura Dern nel ruolo della madre della Woodley; oltre a essere attrice adorata da David Lynch, che l’ha voluta in Velluto blu (1986), Cuore selvaggio (1990) e Inland Empire - L'impero della mente (2006), la ricordiamo soprattutto per Jurassic Park (1993), Un mondo perfetto (1993) e nel recente Storia di un matrimonio (2019) per il quale ha vinto un Oscar, un Golden Globe, un premio BASFA e uno Screen Actors Guild Awards come migliore attrice non protagonista. Da sottolineare anche Willem Dafoe nel ruolo dello scrittore Peter Van Hauten (l’autore di Un'afflizione imperiale); l’interpretazione potente e incisiva dell’attore segna un elemento di forte discontinuità rispetto al resto del film, tipicamente centrato sul rapporto intimo e personale dei ragazzi, sottolineando l’indifferente violenza del mondo esterno che se ne infischia di quello che vogliono i protagonisti.

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