Cthulhu: Death May Die, recensione. Il Ciclo torna in vita

Cthulhu: Death May Die è un gioco da tavolo collaborativo a tema lovercraftiano per 1-5 giocatori dove sconfiggere gli orrori soprannaturali in arrivo da oltre lo spazio e il tempo, abbracciando la follia e fare gioco di squadra.

Avatar di Fabio Paglianti

a cura di Fabio Paglianti

H. P. Lovercraft è uno degli autori del fantastico più noti nel sottobosco geek/nerd per un miliardo di motivi e ci vorrebbero ore per rendergli merito nel modo corretto. Ricordiamoci allora soltanto il dettaglio che lo vede come il padre del ciclo di Cthulhu e di decine di migliaia di pagine di dark fantasy, capace di ispirare così tanto della cultura moderna – in modo più o meno palese – da divenire "la musa" di scrittori del XX secolo, registi di film, sviluppatori di videogiochi e, ovviamente, designer di giochi da tavolo. Forse, il gioco di società più famoso ad oggi appartenente al "ciclo dei miti" è Arkham Horror (uscito nella prima versione nel lontano 1987, poi rivisto e adattato nel 2005, con una decina di espansioni al seguito) un prodotto cooperativo divenuto un classico del genere. Sempre per rimanere in tema lovercraftiano, come non ricordare anche l’amatissimo Le Case della Follia, altro capofila del genere cooperativo sempre ambientato all’interno del medesimo universo. Non stupisce quindi che Asmodee/CMON abbia deciso di portare sul mercato un terzo titolo: "Cthulhu: Death May Die", che propone una reinterpretazione del canone lovercraftiano, mirata a riproporre la meccanica cooperativa in una salsa completamente differente e innovata.

Colui che sussurrava nelle tenebre

Dopo una campagna kickstarter da oltre due milioni di euro, Cthulhu: Death May Die è arrivato anche nei negozi ed ora è alla portata di tutti. Il rimando alle opere del ciclo lovercraftiano è assoluto, tanto da costruire una struttura di gioco basata proprio sulla narrazione delle avventure di un gruppo di investigatori. La prima caratteristica che salta all’occhio di questa ultima incarnazione è proprio la suddivisione in stagioni, a loro volta divisi in episodi. Nella scatola base, troviamo infatti sei scenari indipendenti, da giocare anche non in ordine, per addentrarci nella lotta contro le forze oscure appartenenti al ciclo di Cthulhu, sempre pronte a cercare di riportare – evocandoli – uno dei Grandi Antichi, esseri mostruosi di pura malvagità.

L’impianto di gioco è stato strutturato in modo modulare in modo da potersi arricchire – tramite apposite espansioni – facilmente nel tempo. Infatti, ogni scenario è costruito sul regolamento base – composto da un set di miniature, carte Mito e token standard – e quello bonus del singolo episodio. La singola partita è quindi strutturata da un set base (che definisce la struttura del turno e l’evoluzione della partita) e uno addizionale (che integra regole integrative, definite con le carte dedicate all’episodio, insieme un blocco di componenti unici supplementari tra carte, token e personaggi). Inoltre, per aggiungere un altro livello di varietà, Asmodee/CMON non si è fermata e ha aggiunto anche i box dei Grandi Antichi: vere e proprie scatole nella scatola base in cui ha inserito – di volta in volta – ulteriori miniature, token e carte per definire in modo differente ogni singolo scenario. Il risultato è un trittico di elementi di gioco: regole base, episodio e Grande Antico che si incastrano uno nell’altro, variando le regole di gioco e gli obiettivi della singola partita, per regalare svariate ore di gioco differenti tra loro. Nella scatola base sono presenti – come Grandi Antichi – Hastur e, ovviamente, Cthulhu.

La città senza nome

Prima di iniziare a giocare, il gruppo di giocatori sceglie quale episodio giocare e contro quale Grande Antico scontrarsi. Il setup è abbastanza veloce: tramite la carta episodio, si costruisce – come un puzzle – la mappa da visitare, differente per ciascun scenario. Nella scatola, infatti, sono presenti una ventina di parti di una mappa (realizzate in cartone rigido) con cui costruire la/e location, disponendo sulla stessa tutti gli elementi tra token e miniature, al fine di definire la situazione di partenza della nostra avventura.

Terminato l’assemblaggio, ogni giocatore sceglie il proprio personaggio tra i dieci investigatori a disposizione. Ciascuno di loro è definito da tre abilità: la prima è unica e caratterizza ogni personaggio in modo peculiare mentre le altre due – a rotazione – sono definite tra sei abilità comuni. Tutte queste abilità concedo un potere base al personaggio e tre possibili evoluzioni supplementari da sbloccare, tramite l’esperienza di gioco. Qui si innesta uno degli aspetti più innovativi di Cthulhu: Death May Die: per far progredire il personaggio, il giocatore deve guadagnare Punti Follia al fine di far progredire il proprio investigatore e sbloccare i poteri evoluti delle proprie abilità, scegliendo il percorso di crescita del proprio avatar. Non abbiamo identificato un personaggio estremamente sbilanciato rispetto agli altri – ci è sembrato però equilibrato giocare almeno con tre giocatori anche se è assolutamente possibile giocare tranquillamente da uno a cinque giocatori (nella modalità solo è indicato di giocare sempre con almeno due investigatori). Vogliamo però svelare almeno tre di questi inusuali eroi. Sorella Beth – suora armata di coltello e doppietta a canna corta, con un motto di darthvaderiana memoria (troveranno insopportabile la loro mancanza di fede) vince il premio per il personaggio più improbabile. Rasputin – con l’abilità di poter resuscitare fino a tre volte nella stessa partita – è consigliabile per le prime partite. Il tank è però La Bambina, pericolosissima seienne (ad occhio), armata di libro di fiabe e vestito a pois bianchi. Come si intuisce, il tono dei personaggi è decisamente ironico ma fedele a H.P.

La casa sfuggita

Definito lo spazio di gioco, la struttura del turno di gioco è abbastanza semplice e lineare. Ogni personaggio ha a disposizione tre azioni a turno (ripetibili più volte) con diverse opzioni: la Corsa (il movimento), l’Attacco, il Riposo e lo Scambio sono le azioni standard mente altre – di norma due – sono le azioni addizionali nel singolo episodio (e perciò uniche). Terminata la parte attiva di gioco, il personaggio dovrà pescare una carta Mito – azione che farà, di volta in volta, avanzare il percorso di evocazione del Grande Antico. Il terzo step sarà dedicato all’esplorazione e potrebbe finire o con uno scontro con un mostro o con l’acquisizione di una carta Scoperta (un Oggetto, un Companion o un’abilità secondaria da aggiungere al proprio personaggio). Il singolo turno termina sempre con la risoluzione di vari elementi ma soprattutto con la possibile evocazione del Grande Antico.

Tutti i check che coinvolgono i personaggi sono sempre decisi tramite un singolo lancio di dadi – di norma tre D6 speciali con quattro esiti possibili distribuiti in modo non lineare sulle facce del dado. Tra i bonus per l’avanzamento del personaggio, il singolo investigatore progredisce – grazie alla follia e alle abilità sbloccate – anche nel numero di dadi da lanciare per ogni tiro di controllo, aumentando di volta in volta sia la propensione al successo sia la possibilità di impazzire. Seppur influenzato dai tiri dei dadi, il progresso aleatorio della partita può essere calmierato da tutti i componenti tipici dei giochi di ruolo – inseriti nel sistema di crescita: la struttura delle abilità, i dadi bonus donati dalla follia e le carte Scoperta aggiuntive, permettono di sopportare abbastanza bene un singolo tiro sfortunato. Questi elementi consentono al singolo giocatore di sentirsi alla guida del proprio destino e creano un ulteriore di livello di divertimento e di controllo sull’evoluzione della singola partita. Oltretutto, è richiesto un minimo di coordinamento tra i componenti del gruppo: gli investigatori possono aiutarsi parecchio l’uno l’altro – avanzando come squadra – concertando come attaccare e perseguire gli obiettivi dello scenario. Il bersaglio finale, ovviamente, è di eliminare il Grande Antico – cercando di sopravvivere a tutti i costi, senza impazzire.

I topi nel muro

Lovercraft, miniature, elementi da gioco di ruolo, regolamento alla portata di tutti, episodi rigiocabili e Grandi Antichi. Il menù del gioco è ricco ed ampio già in partenza ed è strutturato per essere ampliato facilmente con espansioni a go-go, tra nuovi Grandi Antichi e nuove stagioni, tutte caratterizzate dal proprio set aggiuntivo di regole e componenti. L’unico elemento che ci lascia perplessi è costituito da una sottile ombra che si intravede appena: il rischio di trovare la meccanica di gioco troppo semplice c’è – soprattutto per chi è buon masticatore di giochi da tavolo. Tanti tiri di dado, progressione relativamente veloce, un discreto rischio di morire senza speranza se si aspetta troppo a ingaggiare il nemico principale. Cthulhu: Death May Die è ben confezionato – non ci sono dubbi – ma qualcosa stona, convince meno il pubblico più esigente ma intriga sicuramente i giocatori che non vogliono impazzire – sul serio – dietro a meccaniche troppo complesse e cercano un gioco immediato. Divertente ma dovete sceglierlo.

Materiali

Il punto di forza di Cthulhu: Death May Die è sicuramente nel boxing: CMON è nota per mettere sul mercato sempre prodotti con componenti di altissima qualità e – anche questa volta – non si è risparmiata per nulla. Quarantacinque miniature tra Investigatori, mostri e cultisti, tutte estremamente dettagliate e decisamente fisiche con pose assolutamente plastiche. Oltre al corredo delle due scatole dedicate ai Grandi Antichi - inclusi nella confezione base, troviamo anche la prima stagione, per cui ogni singola blocco aggiunge carte e token dedicati per definire al meglio la combo episodio e Grande Antico. Le carte, i token e le parti delle mappa in cartone sono componenti di primo ordine e molto resistenti.

Gioco indicato per

Cthulhu: Death May Die non è un gioco di grande complessità ed è quindi proprio la sua semplicità il punto principale di cui essere entusiasti. Chi cerca un gioco dinamico, veloce e semplice da imparare, può andare sul sicuro. Chi cerca una esperienza simile invece al gioco da tavolo lovercraftiano per eccellenza, il più che decennale Arkham Horror, resterà stupito dalla troppa semplicità del gioco in sé.

Conclusioni

Quest’ultima fatica di Asmodee/CMON è costruita sui punti di forza principali delle loro produzioni. Miniature perfette, componenti di primo ordine: il corredo è perfetto senza ombra di dubbio. La sostanza però paga una eccessiva linearità della meccanica. I tanti personaggi e gli incroci possibili tra Grandi Antichi e scenari sicuramente offrono molte ore di gioco per essere consumate tutte ma rimane il dubbio che aver ampliato un po’ la complessità non avrebbe guastato ai giocatori esperti.