Da videogioco a serie TV: quanto è stato penalizzato Halo?

Da videogioco a serie TV: quanto è stato penalizzato il mondo di Halo? La serie TV è disponibile su Sky e NOW.

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a cura di Manuel Enrico

Il rapporto tra mondi videoludici e trasposizioni cinematografiche non è mai stato uno dei più proficui. Senza scomodare un mai troppo dimenticato Super Mario Bros, non possiamo negare che difficilmente gli universi in pixel hanno giovato nel muoversi sul grande e piccolo schermo, tanto che ogni qualvolta viene annunciata l’ennesima trasposizione si cominciano a sentire mormorii preoccupati. Uno scetticismo che si era ripresentato anche con Halo, serie TV che andava a toccare un’ambientazione cult per i videogiocatori, divenuta celebre non solo per il suo gameplay ma per essere un esempio di world building, con la creazione di un universo che ha coinvolto altri media, come fumetti e romanzi.

Una simile mole di informazioni e dettagli non è solamente una ricchezza per gli sceneggiatori, ma anche una condanna, visto che i fan intransigenti sono restii a perdonare errori ed omissioni. Eppure, alla conclusione della prima stagione di Halo, andata in onda su Sky e Now, possiamo riconoscere a questa trasposizione di essersi presa delle giuste libertà, offrendo comunque una rispettosa visione del mondo di Master Chief.

I fan di Halo hanno atteso per quasi due decenni di vedere finalmente sul piccolo schermo il proprio alter ego videoludico, lasciandosi suggestionare dalla presenza di nomi altisonanti come Steven Spielberg, che abbiamo ritrovato come produttore della serie, o di budget stratosferici, che hanno toccato i 200 milioni di dollari. Riuscire a ricreare quanto scoperto e amato nelle nostre partite era un’utopia, questo va detto. Videogioco e cinema, per quanto spesso vengano accostati sul piano visivo, sono animati da grammatiche profondamente diverse, si appellano a diversi legami emotivi col fruitore ultimo, costringendo quindi a una revisione sia delle meccaniche narrative che dei presupposti stessi delle storie. Motivo per cui i due sceneggiatori della prima stagione di Halo, Steven Kane e Kyle Kellen, hanno scelto di mutuare i tratti essenziali della figura di John-117, alias Master Chief, all’interno di una narrativa diversa, che sapesse avvicinarsi ulteriormente alla sci-fi televisiva.

Da videogioco a serie TV: quanto è stato penalizzato il mondo di Halo?

Scelta intelligente, considerato come il pubblico in cerca di avventure tra le stelle si trova corto di alternative. La conclusione di The Expanse, la pietra di paragone delle ultime stagioni televisive, ha lasciato un vuoto che al momento viene colmato principalmente dai due universi sci-fi per eccellenza, Star Wars (The Mandalorian, The Book of Boba Fett, Obi-Wan Kenobi) e Star Trek (Picard, Discovery, Strange New Worlds), lasciando spazio a sporadiche produzioni di alta fascia come il Foundation di AppleTv. La lore della serie videoludica è sicuramente un ottimo punto di partenza, che i due sceneggiatori hanno interpretato al meglio per offrire agli spettatori una serie che avesse una solidità evidente, non rigidamente legata alla continuity videoludica. Un’identità che era stata ben chiarita sin dalle prime battute della lavorazione della seria, quando era stato precisato come Halo si sarebbe mossa in una dimensione temporale differente da quella videoludica.

L’umanità ha conquistato le stelle, dando vita a una colonizzazione che ha portato alla nascita di avamposti nello spazio che intendono rivendicare la propria autonomia dal pianeta madre. Sul pianeta Madrigal, la guerriglia locale si oppone alle truppe della USNC, l’esercito terrestre, preparandosi a resistere a un assalto militare, spaventati solo dal potenziale arrivo degli Spartan. Soldati potenziati e equipaggiati con dotazioni avanzate, gli Spartan sono l’elite militare umana, macchine di morte inarrestabili e note in tutta la galassia per la loro feroce efficienza.

Quando l’avamposto su Madrigal viene attaccato, il primo pensiero è che la USNC abbia finalmente fatto la sua mossa. Bene presto i coloni, tra cui la giovane Quan Ha (Yerin Ha), scoprono che ad attaccare sono degli alieni sconosciuti. Quando tutto sembra perduto, in loro soccorso arriva il Silver Team, una squadra speciale di Spartan guidati da Master Chief (Pablo Schreiber). Dopo avere sgominato i Covenant, gli Spartan indagando sulla presenza dei Covenant su Madrigal scoprono un misterioso artefatto, che, inavvertitamente attivato da Master Chief, reagisce al supersoldato provocandogli delle visioni. Da questa rivelazione, per Master Chief inizia un’avventura che ha in palio la sopravvivenza dell’umanità, ma anche la verità sul proprio passato. Allo stesso tempo, gli alieni Covenant sono in cerca di un dispositivo leggendario, che potrebbe rivelarsi l’arma vincente contro gli umani. Ironicamente, è proprio un’umana, Makee, accolta nella società Covenant per via di una sua particolare predisposizione alla ricerca degli artefatti.

Una prima stagione propositiva, ma poco incisiva

Sulla carta, la trama di Halo era davvero promettente, ma complice la lunga gestazione del progetto, sembra che la promessa non sia stata pienamente soddisfatta. Nonostante l’affascinante presentazione visiva della serie, non priva comunque di alcune pecche, dove Halo mostra maggiormente il fianco alle critiche è nella costruzione di un piano narrativo che assume più il tono di una lunga premessa, che non ho di una serie capace di mostrare una propria identità. Sicuramente apprezzabile la scelta di non cedere alla facile tentazione di privilegiare l’aspetto bellico e muscolare del personaggio di Master Chief, preferendo dare maggior evidenza alla valorizzazione emotiva dell’uomo sotto l’armatura, compito affidato a Pablo Schreiber, che con una recitazione apparentemente monotona riesce a trasmettere la complessità interiore del suo alter ego. Una crescita che non culmina pienamente con l’ultimo episodio, ma sembra essere solo un gigantesco primo passo all’interno di un più ampio contesto narrativo, sensazione confermata anche dalla già confermata produzione di altre stagioni.

Tecnicamente, Halo mostra di aver saputo come dare il giusto look ai tratti tipici della saga, come armature e armi, con una buona realizzazione anche delle creature aliene. Alcune della ambientazioni più note, come Reach, e il design tecnologico della società umana sono ben curate, ma non si può sorvolare su alcuni cali qualitativi, che mostrano dei limiti apparentemente inspiegabili. Se Madrigal può esser accettato nella sua visione spartana come indice della brutalità di questo mondo, è deludente la realizzazione del mondo in cui Master Chief entra in possesso della Keystone, che appare quasi esser il risultato di una lavorazione frettolosa e tutt'altro che curata, contribuendo purtroppo a causa un calo del pathos del momento clou della prima serie.

La prima stagione di Halo rappresenta quindi un assaggio, fatto di promesse e fragilità, che accoglie all’interno di questo universo sci-fi anche neofiti delle imprese di Master Chief. I più severi cultori della saga dello Spartan avranno sicuramente notato discrepanze e assenze della lore del videogioco, ma non riconoscere alla serie di Halo il merito di voler offrire una storia sci-fi ricca di fascino sarebbe ingiusto. Rimane ora da scoprire come le prossime stagioni sapranno dare seguito a quanto visto in questi primi nove episodi.