Descent Viaggi nelle Tenebre - Lo Scudo di Daqan, recensione: per gli amanti dei classici del fantasy

Lo Scudo di Daqan, secondo romanzo ambientato nell'universo di Descent Viaggi nelle Tenebre, è consigliato amanti dell'high fantasy classico.

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a cura di Domenico Bottalico

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Lo Scudo di Daqan è il secondo romanzo ambientato nell'universo di Descent Viaggi nelle Tenebre, il celebre gioco da tavolo di genere dungeon crawler fantasy pubblicato da Asmodee e Fantasy Flight Games, che, come il precedente Il Destino di Fallowhearth, funge da prequel e da raccordo fra la seconda e la terza edizione del gioco intitolata Descent: Leggende delle Tenebre. I due romanzi sono slegati sia per quanto riguarda l'ambientazione, ci troviamo in un'altra baronia di Terrinoth, che per i personaggi. Inoltre rispetto al precedente romanzo, che virava verso una narrazione quasi young adult, l'autore David Guymer preferisce mantenersi sui territori del più robusto classico high fantasy, con qualche passaggio quasi grim fantasy, puntando evidentemente a raccogliere consensi fra i lettori che costituiscono lo zoccolo duro di appassionati del genere.

Eroi contro la Magia del Sangue

La Baronia di Kell era un crocevia fondamentale per il Regno di Terrinoth. Un luogo di confine in cui alle aspre battaglie combattute dal suo coriaceo esercito, soprannominato lo Scudo di Daqan, si contrapponevano vivaci scambi commerciali. Ma ora Kell è attraversata da una inspiegabile carestia e i suoi vasti territori sono minacciati dai banditi guidati dalla misteriosa Volpe Grigia, autoproclamatasi loro regina. Il Barone Frederic è diviso fra dare la caccia ai banditi e proteggere i confini minacciati invece da scorribande sempre più frequenti degli Uthuk Y’llan, popolo di uomini orribilmente mutati dall'adorazione dei demoni dell'Ynfernael.

Proprio l'ex-soldato Kurt, ora un umile fattore, è vittima di una di queste terribili scorribande. Intanto a Kell convergono Trenloe Il Possente, mercenario conosciuto in tutta Terrinoth per le gesta del suo esercito, e Andira Runehand, sacra guerriera rinomata per aver già combattuto e battuto i demoni dell'Ynfernael. Quello che però gli eroi non sanno è che quelle degli Uthuk Y’llan non sono semplici scorribande ma una vera e propria invasione capeggiata dalla sadica strega Ne’Krul. Lo Sciame delle Locuste, così come viene soprannominata l'orda degli Uthuk, punta quindi dritta sulla capitale Kellar lasciandosi alle spalle sacrifici umani, morte e distruzione.

La battaglia è brutale e le forze Uthuk, galvanizzate dalla presenza del drago Archerax, sembrano avere la meglio almeno fino al provvidenziale intervento di Andira. Ma si tratta di una battaglia, la guerra infatti è lungi dall'essere vinta. Frederic e Andira fianco a fianco decidono quindi di guidare il riformato Scudo di Daqan, nelle cui retrovie si è aggiunto Kurt in cerca di suo figlio Sib unitosi ai guerrieri di Andira, puntando verso la Valle dei Tumuli ovvero una remota zona della baronia dove sorge una misteriosa e antica costruzione preistorica in pietra. Anche Trenloe punta lì, gli eroi infatti hanno compreso che, attraverso la Magia del Sangue, Ne’Krul vuole riportare in questo piano dell'esistenza il suo signore demoniaco Baelziffar.

Lo Scudo di Daqan: per gli amanti dell'high fantasy classico

David Guymer imbastisce una storia solidamente basata sulla classica struttura in tre atti il suo punto di forza ma senza rinunciare per questo a qualche ottimo twist grazie ad un utilizzo accorto del macguffin costituito da Volpe Grigia prima e alla rivelazione dei reali obbiettivi di Ne’Krul poi. Si pesca a piene mani dal Tolkien della parte finale de La Compagnia dell'Anello e de Le Due Torri, da R.A. Salvatore e persino dalla coppia composta da Margaret Weis e Tracy Hickman. Lo Scudo di Daqan infatti non ha un tono propriamente avventuroso ma si rifà più ad una certa letteratura bellica e quindi recupera quella declinazione laddove i grandi capisaldi fantasy del passato hanno fatto da battistrada: Tolkien per il ritmo incalzante della prosa in alcuni capitoli e l'atmosfera progressivamente sempre più opprimente, Margaret Weis e Tracy Hickman per la vibrante e spettacolare descrizione delle battaglie.

L'autore sceglie una strada insolita per strutturare il suo romanzo ovvero quella di un racconto corale di diversi personaggi che assistono agli avvenimenti da diversi punti di vista e da diversi luoghi, è uno stratagemma tipico di alcuni romanzi di R.A. Salvatore che qui viene rimaneggiato in maniera più che soddisfacente. È bene sottolineare come, soprattutto nella prima parte del romanzo, non è facile districarsi fra i molti personaggi presentati e i molti riferimenti a luoghi o persone soprattutto se non si conosce la lore di Descent. La suddivisione in capitoli brevi, ognuno dedicato ad un diverso personaggio, aiuta il lettore mentre la prosa, inzialmente più descrittiva ma non sempre puntuale, migliora diventando più puntuale e coinvolgente già dal metà romanzo in poi.

Pur essendo un racconto corale, l'autore lavora tratteggiando personaggi archetipici senza cercare un approfondimento o una caratterizzazione esasperata come spesso accade nel fantasy moderno in cui si cercano di coniugare diverse necessità anche legate a tematiche attuali. Lo Scudo di Daqan si configura quindi come un racconto squisitamente plot driven come nella tradizione dell'high fantasy ma impreziosito da antagonisti che passano da massa informe a forza distruttrice grazie a puntate verso il grim fantasy che riemerge nelle loro descrizioni e nelle descrizioni dei loro comportamenti e obbiettivi. Non è un caso infine che la lettura si faccia più robusta e incalzante quando iniziano a susseguirsi le battaglie, prima quella che coinvolge Trenloe e poi quella più devastante a Kellar che porta verso il climax finale, per nulla scontato e che lascia la porta aperta ad un seguito sia sotto forma di romanzo che al tavolo da gioco.

Il volume

Asmodee e Aconyte Books mantengono continuità nella pubblicazione e confezionano un un agile volume brossurato con alette di oltre 300 pagine. La cura carto-tecnica è molto buona così come la cura editoriale. La carta scelta è usomano di buona qualità, bianca, la grandezza e il tipo di carattere scelto permette una lettura agevole così come l'interlinea scelta non affatica anche dopo molti minuti di lettura. Oltre la mappa ad inizio volume, ben rimaneggiata con nomi dei luogi in italiano, purtroppo fornisce solo punti di riferimenti generici e qualche mappa più dettagliata se non addirittura qualche illustrazione avrebbero sicuramente aiutato ad immergersi meglio nella lettura vista anche la grande quantità di luoghi e personaggi presenti. Scorrevoli sia la traduzione che l'adattamento italiano. Si opta nuovamente per una illustrazione digitale in copertina, scelta che potrebbe scontentare i puristi del genere, ma che tuttavia risulta azzeccata sia per il soggetto scelto che per il mood che comunica.