Eternity - La Morte è un Dandy, recensione: il grande ritorno di Alessandro Bilotta

Con Eternity - La Morte è un Dandy, Alessandro Bilotta dà il via alla sua nuova serie con un episodio spettacolare e malinconico.

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a cura di Domenico Bottalico

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Fra tutte le voci appartenenti al foltissimo gruppo di validissimi autori italiani, quella di Alessandro Bilotta è sicuramente una delle più intime ed originali. Lontanissimo dalle logiche di mercato, eppure attento a tutto quello che lo circonda, l'autore romano ritorna in grande stile con Eternity - La Morte è un Dandy ovvero il primo volume della sua nuova serie edita da Sergio Bonelli Editore in cui è accompagnato dal disegnatore Sergio Gerasi, già visto all'opera su Mercurio Loi, e dalla colorista Adele Matera. Torniamo nuovamente a Roma, non quella rivoluzionaria di Mercurio Loi né quella trasteverina di Valter Buio ma una idealizzata e nostalgica della Dolce Vita, in cui facciamo la conoscenza del giornalista Alceste Santacroce per un racconto in cui tutto è apparenza ed il finale, drammaticamente malinconico, porta il lettore ancora una volta a riflettere su sé stesso e sulle relazioni intessute in un mondo comunque spietato.

Eternity - La Morte è un Dandy: eterno paradiso di plastica

Sant'Alceste è la firma dietro cui si cela Alceste Santacroce, il più importante giornalista di gossip, anche se lui preferisce definirsi cronista mondano, del settimanale L'Infinito, il cui direttore è l'ex-attore prodigio Quinto Serafini, protagonista della fiction Don Saturnino, caduto in disgrazia dopo le voci sulla sua omosessualità. Alceste è sempre al lavoro: distaccato, snob, annoiato, esagerato ma capace di aprirsi la strada al suo prossimo scoop anche se questo comporta andare in overdose pur di beccare la sua compagna con l'amante e poi da lui estorcere informazioni compromettenti.

Feste, festini, personaggi, maschere, cinema, arte, televisione e politica costituiscono la Babele di una Roma tanto crepuscolare quanto ossessionata da tutto ciò che riporta alla mente gli edonistici anni 60, dalla moda fino alla tecnologia tanto da riprendere l'utilizzo dei televisori in bianco e nero, ed in cui Alceste si ritrova a caccia di una storia che coinvolge il Ministro della Famiglia e una influencer nota semplicemente come Lucrezia. Con la solita indolenza che lo contraddistingue, Alceste incontra "casualmente" Lucrezia ma accade l'impensabile: la spietatezza professionale ed esistenziale del giornalista cadono sotto i colpi di quello che sembra amore.

Alceste infatti è affascinato da Lucrezia che mostra fragilità e punti di vista sulla vita diametralmente opposti ai suoi stimolando la sua curiosità e una parte di sé che pensava ormai sopita. Poi però sul più bello qualcosa si spezza e la parte recitata da entrambi termina bruscamente con conseguenze drammatiche.

Eternity - La Morte è un Dandy: essere, apparire, amare, morire

Se non fosse per la sentitissima prefazione firmata dallo stesso Alessandro Bilotta, sin dalla primissima tavola e da una lettura superficiale, Eternity - La Morte è un Dandy si potrebbe accostare idealmente a La grande bellezza di Paolo Sorrentino ma sarebbe un paragone riduttivo. C'è infatti un particolare che dovrebbe attirare l'attenzione del lettore più attento: Alceste, ricoverato dopo l'overdose, chiede all'infermiera se l'edicola dell'ospedale vende fumetti. Un particolare apparentemente insignificante ma attorno al quale l'autore costruisce in maniera certosina non solo il protagonista (la cui componente autobiografica è lampante forse ancor di più rispetto ai protagonisti delle sue serie precedenti) ma tutta la vicenda in un gioco di rimandi diretti ma soprattutto indiretti che investe il lettore non solo in termini di attenzione ma anche emotivamente.

Da un lato Alceste è quasi un antieroe nella sua indagine sull'umanità, di cui ne è in parte incuriosito e in parte infastidito e da cui cerca di farsi toccare il meno possibile, dall'altro si muove quasi decadente ai suoi margini. Possibile che tutto sia moda, che tutto sia passeggero? Per Alceste i fumetti di Falco Blu sono la panacea all'obsolescenza stessa della realtà (o sarebbe meglio dire delle realtà, quelle cioè costruite ad hoc dalle mode stesse) e per la mercificazioni dei rapporti umani.

La tensione narrativa infatti parte effettivamente mostrando la contraddizione fra l'impossibilità di una sfera privata e dalla facilità con cui viene costruito e messo a nudo un mondo fatto di esposizione di sé perpetua e continua, di noia e finzione, di esagerazioni e eccessi, di mode e nostalgie vacue in cui l'arte può essere solo performance, e l'evoluzione di una angoscia esistenziale profondissima, un malessere costante che serpeggia e riaffiora all'improvviso nei gesti quotidiani e più semplici.

Con il disvelarsi della relazione fra Alceste e Lucrezia, personaggio cesellato magnificamente da Bilotta, questa contraddizione diventa sempre più centrale nel racconto. I due sembrano mettersi a nudo e come nelle più grandi storie d'amore, e di redenzione, completarsi comprendendo ansie e paure l'uno dell'altra. Le insicurezze di Lucrezia vengono colmate dalla malinconia di Alceste, cene e serate diventano solo il pretesto per i due per confidarsi e consolarsi. Un gioco pericolosissimo che infatti si rivela quello che è, un elaborato inganno fino all'ultimo particolare, e che sfalda le sicurezze il lettore costringendolo ad andare a ritroso e collegare gesti, dettagli (il protagonista del fotoromanzo incrociato per strada e ritratto volutamente in bianco e nero che quasi a rappresentare la paura di Lucrezia di "essere niente"), situazioni e scampoli di dialoghi (come quello a cena sui modi più efficaci per suicidarsi).

In Eternity - La Morte è un Dandy, Alessandro Bilotta affronta in maniera disincantata, quasi cinica, un tema classico quale eros e thanatos (amore e morte) all'ombra di una città idealizzata e per questo ancora più vicina alla realtà che ci circonda.

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Pensare ad un disegnatore diverso da Sergio Gerasi per interpretare il contrasto fra una realtà artefatta e l'angoscia dei personaggi sarebbe francamente difficile. Il disegnatore lombardo si fa interprete di una estetica raffinatissima, tutta votata alla ricerca di stile ed eleganza, che possa catturare quel "revival" anni 60 che è la spina dorsale del racconto. La cura per il dettaglio è subdolamente maniacale, soprattutto nelle scene corali in cui la frenesia della mondanità è resa quasi come un rumore di sottofondo anche grazie ad una ripartizione della tavola che predilige ampi riquadri (raramente più di 6) concentrandosi moltissimo su inquadrature ravvicinate, sull'espressività dei personaggi e quindi sulla prossemica.

A questo poi si sposa la stile realistico ma non troppo di Gerasi le cui caratteristiche principali sono le anatomie e le pose dinoccolate e soprattutto una line art fatta di tante linee sottili e melliflue. Il tutto si amalgama in uno stile vibrante e riconoscibilissimo in cui spicca Lucrezia, sexy ma delicata nel suo tubino paillettato e poi terribile nella sua angoscia a fine volume che sembra quasi consumarla.

Il lavoro di Gerasi è esaltato dall'incredibile lavoro di Adele Matera ai colori. La colorista diluisce la sua paletta: i colori primari diventano arancioni, viola, turchesi donando a questa Roma una atmosfera di assoluta sospensione dalla realtà. È però nella scelta delle ombre e dei tagli di luce che il lavoro della Matera spicca per originalità ed efficacia. Fortemente influenzata dall'estetica vaporwave, questa Roma è artificialmente crepuscolare a causa di luci al neon e schermi sempre accessi mentre le ombre servono ad esaltare di personaggi e dialoghi in maniera intelligente tanto da sfuggire ad un occhio disattento.

Il volume

A differenza di quanto fatto con Mercurio Loi, che soffrì di un formato poco performante forse perché "costretto" nei 16x21 cm del classico albo bonelliano e quindi lanciato in edicola tradendo le sue stesse premesse salvo poi vivere di una seconda vita grazie alle belle ristampe in volume, Sergio Bonelli Editore propone Eternity - La Morte è un Dandy direttamente in volume per il circuito librario e delle fumetterie. L'editore milanese opta quindi per un volume cartonato di grande formato, 22x30 cm, ovviamente a colori, la cui carta patinata ma non eccessivamente lucida esalta il lavoro grafico di Sergio Gerasi e Adele Matera. Non vi sono extra a fine volume, lasciando così al lettore anche il compito di rintracciare tutti i riferimenti del caso disseminati nel racconto, ma solo una breve ma sentita introduzione firmata dallo stesso Alessandro Bilotta.